E' ormai ufficiale la notizia che il
premier Letta non prenderà parte all'inaugurazione della stazione
dei Treni ad Alta Velocità di Reggio Emilia, nodo centrale della
Medio Padana.
I moventi di questa rinuncia rimbalzano sui
media locali, imputabili alla mobilitazione cittadina convocata per
quella giornata di solidarietà alle battaglie territoriali della Val
Susa, contro la speculazione finanziaria tramite grandi opere e
cattedrali nel deserto.
Sabato avverrà comunque il taglio del
nastro della stazione progettata da Santiago Calatrava, alla presenza del progettista stesso del ministro per gli affari regionali Graziano del Rio, del ministro Lupi e di Romano Prodi.
Avverrà nel pieno di
due inchieste giudiziarie, una per la presenza nei cantieri – nel
ruolo di guardiano dei luoghi di lavoro - di un condannato per
omicidio affiliato alla cosca mafiosa dei Cursoti e l'altra riguardo
la questione dell'aggiudicazione dei subappalti. I quattro manager
iscritti nel registro degli indagati sono accusati di aver concesso
subappalti senza l'autorizzazione dell'autorità competente.
Oltre al risaputo collegamento tra grandi opere e infiltrazioni mafiose, di cui l'indagine della procura è solo la conferma di un sospetto fondato, la questione TAV Medio Padana non si esaurisce di certo qui.
La stazione, che secondo le promesse dell'ex sindaco di Reggio Emilia e neo-ministro per gli Affari regionali Graziano Del Rio si sarebbe dovuta concludere nel 2011 al costo di 38 milioni di euro, sarà un cantiere fino a fine 2013 costando 79 milioni di euro. Il costo totale dell'opera ammonterà a 139 milioni di euro di soldi pubblici, suddivisi tra Ministero, Comune e Ferrovie dello Stato.
La Medio Padana è però parte di un progetto più ampio, iniziato con la costruzione dei tre ponti sempre progettati da Calatrava e implicante l'Area Nord di Reggio Emilia, unica zona della città non saturata dalla cementificazione selvaggia. La stazione giustificherebbe, secondo la governance e gli interessi finanziari, la devastazione di quest'ultima area.
Di oltre 79 milioni di motivi per non
legittimare istituzionalmente la Stazione Medio Padana il premier
Letta ha scelto quello delle contestazioni e del rifiuto No Tav,
palesando la contiguità che intercorre tra poteri politici e
finanziari, tra legislatori e criminalità organizzata, a conferma
del fatto che non esistono poteri buoni.
Di fronte a questi
ultimi avvenimenti risulta chiaro il meccanismo che si cela dietro
alle politiche sulle grandi opere volte più che allo sviluppo del
territorio, così come vengono presentate, all'arricchimento e il
rafforzamento dei nodi di potere che sostengono le governance locali
e sovranazionali.
Nel caso specifico di Reggio Emilia, si ripropone lo stesso stile che ha rafforzato il potere di comune e provincia fondato sulle grandi rendite di immobili e sulla cementificazione del territorio, un'operazione obsoleta costretta anch'essa a fare i conti con i tempi e i modi della crisi, destinata a lasciare dietro di sé macerie e desertificazione.
All'indignazione delle parti di cittadinanza che difendono i propri territori, come i No Tav in Val Susa, No Dal Molin a Vicenza, No Muos a Niscemi in Sicilia o i comitati No Grandi Navi a Venezia, la politica made in Europe risponde con indifferenza e militarizzazione.
La stazione Medio Padana è conclusa e
presto funzionante, nonostante le inchieste e gli sprechi, l'ennesimo
approdo di politiche marce e spietate, fondate sulla consumazione dei
territori e dei diritti delle persone.
Il progetto economico è
più ampio, ma non può competere con il progetto e il desiderio
trasformativo dei movimenti e delle parti sociali che quotidianamente
agiscono in difesa e valorizzazione del territorio.
Laboratorio Aq16