Quando la rete muove i corpi

di Tiziana Terranova*

13 / 11 / 2009

Il web sociale, ossia tutte quelle piattaforme di social networking che hanno trasformato nel giro di pochi anni il web in una piattaforma sociale, cioè altamente partecipativa, presentano un potenziale enorme per la sperimentazione dei processi di ridefinizione della percezione comune della realtà e per le possibilità che offrono di mettere i corpi letteralmente in movimento. Il web sociale può essere definito come una serie di nuove macchine d’espressione e di concatenamento delle soggettività che sono soggette a varie attualizzazioni – ancora in corso di sperimentazione e di reinvenzione. La posta in gioco è quella delle modalità di costruzione della realtà, concepita non come un qualcosa che è dato naturalmente e oggettivamente, ma come un processo di produzione e modificazione continua che implica una selezione di ciò che viene considerato rilevante e la sua immediata socializzazione in tempo reale secondo modalità di propagazione orizzontale e nonlineare (sfruttando le densità variabili delle reti sociali e di quella che la topologia delle reti definisce la forza dei ‘legami deboli’). La condivisione di notizie, di musica, di immagini e stati d’animo formano una percezione che è comune, ma allo stesso tempo radicalmente distribuita e non-totalizzante. L’uso delle piattaforme del social web per propagare in tempo reale gli eventi, gli incontri, le iniziative e le riunioni si è dimostrato capace di ‘muovere i corpi’, nel senso di produrre momenti forti di aggregazione fisica negli spazi urbani e non urbani (come le sperimentazioni in tal senso nella città di Napoli da parte del movimento dell’onda e altri ancora ha dimostrato). La caratterizzazione di alcune di queste piattaforme come nuovi media di ‘massa’ (per esempio Facebook) non ha bloccato questi movimenti, anzi ha fornito l’occasione per un utile parassitaggio approfittando della massificazione dell’utenza per ramificarsi orizzontalmente.

Su questo punto è necessario ovviamente fare tutta una serie di precisazioni che riguardano i meccanismi di cattura economica e proprietaria che pure sono insite in queste nuove macchine; la loro relazione permeabile con le macchine di espressione ‘maggioritarie’ così come date dalla comunicazione di massa (per esempio l’incitazione all’opinione come ripetizione sterile di ‘parole d’ordine’ e contrapposizioni binarie messe in circolazione dai media); e infine anche le tendenze pure presenti nelle nuovi reti sociali a produrre delle soggettività ‘impotenti’ per cui la capacità di esprimere l’opinione rimane confinata all’interno della rete e fatica a trovare una sua attualizzazione nel mondo.

Nel primo caso si tratta di tener conto dell’emergere di nuove forme di cattura del valore economico da parte dei nuovi giganti del web sociale, che producono profitto attraverso le esternalità del network (la massa degli utenti i cui dati possono essere venduti ad agenzie pubblicitarie e non solo per una più esatta calibrazione dei messaggi pubblicitari) piuttosto che attraverso la relazione salariale (Facebook, Myspace, Blogger , Youtube e così via continuano a comprimere la forza lavoro salariata, che quando messa a paragone con la massa di utenti è veramente minima). Ancora più insidioso è l’affermarsi di nuovi tipi di sovranità ‘trans-territoriale’ per cui queste stesse aziende acquistano diritto di decidere, arbitrariamente e casualmente, spesso mobilitando gli stessi utenti, quali siano i messaggi, i links, gli utenti e le informazioni che legittimamente possono ‘vivere’ sulle loro piattaforme. Rimane dunque importante investire sulla costruzione di piattaforme autonome che possano funzionare come alternative al web sociale commerciale, e possibilmente anche come incubatori per un futuro web sociale che sia radicalmente distribuito anche a livello di struttura proprietaria e di controllo (niente nell’universo liquido del web è definitivo).

Inoltre il web sociale non è un’isola, nel senso che esso vive in una relazione pienamente osmotica e permeabile con i mezzi di comunicazione di massa, cioè con delle macchine d’espressione che tendono a produrre relazioni fisse tra una contesa ‘maggioranza’ e una sterile ‘opposizione’ riducendo la percezione della realtà a una serie di opposizioni binarie pre-codificate. Si tratta di macchine d’espressione che producono soggettività ‘impotenti’ caratterizzate dalla coazione a ripetere enunciati elementari che possono solo entrare in una relazione di opposizione senza uscita con altri enunciati di senso uguale ma opposto.

Questi limiti del web sociale tuttavia non possono essere considerati come definitivi, ma come sfide da cogliere per combattere i nuovi meccanismi di controllo e produzione dei valori (economici, culturali, politici) sul loro stesso terreno. L’orizzonte di tali sperimentazioni è perciò variabile, ma due direzioni sembrano imprenscindibili al momento: quella volta a sottrarre le soggettività concatenate dalle reti sociali alle macchine dell’opinione maggioritarie per insistere invece sulla possibilità di una declinazione diversa del flusso di informazione che la rete produce e che è inscindibile dalla produzione di percezione; e inoltre di connettere queste nuove percezioni ad una proliferazione di eventi e di sperimentazione con modalità di partecipazione che siano sia locali che trans-locali, cioè che coinvolgano le realtà e i mondi territorialmente specifici ma sempre in una relazione di trans-duzione con realtà più estese.

Docente di sociologia delle comunicazioni Universita’ Orientale di Napoli