Dietro l'attuale crisi del debito che ha colpito la Grecia (e che sta contagiando anche Portogallo, Spagna, Irlanda e, molti temono, anche l'Italia) non c'è solo la nota frode di bilancio commessa dai governanti ateniesi in combutta con le principali banche americane, in particolare la Goldman Sachs di Lloyd Blankfein e la JP Morgan Chase di Jamie Dimon.
Su tutto incombe infatti il sospetto, o meglio, la certezza di una spregiudicata operazione speculativa orchestrata dalla cupola finanziaria di Wall Street per lucrare sull'indebolimento dell'euro. Questo è lo scenario su cui sta timidamente indagando il dipartimento della Giustizia Usa.
Sotto scrutinio ci sono le colossali e contemporanee movimentazioni
di fondi speculativi Usa (che scommettono sul futuro deprezzamento della
valuta europea) registrati subito dopo la famosa cena tenutasi l'8
febbraio a Manhattan tra i finanzieri che quei fondi amministrano:
George Soros (Soros Fund), John Paulson (Paulson & Co.),
Steven Cohen (Sac), David Einhorn (Greenlight),
Donald Morgan (Brigade) e Andy Monness (Monness Crespi
Hardt & Co.).
A garantire il successo di questa operazione
speculativa ci ha pensato il loro potente socio Harold 'Terry' McGraw
III, che - attraverso il braccio armato della sua McGraw-Hill,
ovvero l'agenzia di rating Standard & Poor's - ha
declassato i titoli di Stato greci, portoghesi e spagnoli innescando la
'necessaria' crisi dell'euro.
Ma forse c'è di più, e di peggio. Sono sempre di più gli economisti e
i politici europei che in questo attacco all'euro vedono non un
semplice mezzo speculativo, ma un fine politico.
Il sospetto è che le
lobby finanziarie d'oltreoceano mirino ad abbattere il valore della
moneta unica europea fino a portarla alla parità con il dollaro, allo
scopo di salvaguardare la sempre più traballante egemonia globale della
valuta statunitense. Affossare l'euro, o quantomeno ridimensionarlo, per
tenere a galla il malandato biglietto verde, altrimenti destinato a
tramontare come valuta di riferimento mondiale.
Altri ancora pensano
che portare sull'orlo della bancarotta gli Stati europei più deboli
(Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna: i cosiddetti Pigs, o Piigs, se si
comprende anche l'Italia) potrebbe dare impulso al mai tramontato
progetto franco-tedesco di un'Europa a due velocità, con le 'zavorre'
relegate a un ruolo marginale.
C'è infine chi, soprattutto nel variegato mondo 'no-global', va anche oltre queste interpretazioni, giudicando l'aggressione all'euro non come una sciovinistica manovra statunitense per sabotare la concorrenza economica del Vecchio Continente, bensì come una macchinazione dell'élite politica ed economica transnazionale (quindi anche europea) tesa a giustificare il potenziamento delle istituzioni globali, a partire dal Fondo Monetario Internazionale. Creare panico per poi invocare, come unica soluzione, come ancora di salvezza, un nuovo ordine economico mondiale dominato da organismi sovranazionali tecnocratici. Scenari che, secondo i sostenitori di questa tesi, saranno al centro delle prossime riunioni annuali a porte chiuse delle più potenti lobby globaliste: dalla Commissione Trilaterale (7-9 maggio a Dublino) al Bilderberg Group (3-6 giugno a Sitges, Barcellona).
A prescindere dalle diverse interpretazioni di quanto sta accadendo, una cosa è certa: a pagare il conto degli imbrogli dei politici europei e delle speculazioni dei predatori finanziari americani saranno le masse popolari. Per ora quelle greche, domani si vedrà.
Source: http://it.peacereporter.net/articolo/21685/Predatori+