Lo status di precario nella scuola già determina un risparmio di oltre 10.000€, tra stipendio e contributi previdenziali, per ciascun docente da parte dell’Amministrazione Pubblica.

Precari della scuola: le ferie maturate vanno in fumo.

Il bisogno di risparmiare prevale anche sui diritti acquisiti.

di Bz
18 / 12 / 2013


Con l’arrivo del mese di novembre 2013 è arrivata la consapevolezza che per quest’anno i precari della scuola non riceveranno come di consueto la monetizzazione delle ferie non godute per l’anno di lavoro passato, il 2012/2013.

Lo status di precario nella scuola già determina un risparmio di oltre 10.000€, tra stipendio e contributi previdenziali, per ciascun docente da parte dell’Amministrazione Pubblica, un risparmio che va moltiplicato per circa 200.000, questo il numero dei precari nella scuola pubblica, questo il vero motivo del mantenimento di una fascia costante, di fatto strutturale, di precariato.

A questa condizione, per i precari, di insegnante di serie B, senza garanzie occupazionali, con sempre meno diritti e capacità contrattuale, ora si è aggiunta l’ignobile balzello del mancato pagamento delle ferie maturate nei periodi lavorativi effettivamente prestati da ciascuno. È la crisi, è il raschiare il barile per fare cassa in qualsiasi maniera, sempre a scapito dei più deboli, di coloro che si trovano in maggiore difficoltà per far valere i propri diritti.

Di questi tempi i presidi convocano i precari ‘obbligandoli’ a prendere ferie durante la pausa natalizia delle lezioni, consumando le ferie maturate; si ventila di farlo anche per quelli in ruolo in modo da contrarre ulteriormente la disponibilità feriale estiva e ottenere così una più larga disponibilità per i corsi di recupero. Altro che scuola di qualità, qui si sta scivolando verso una scuola in miseria, con docenti sempre più demotivati.

La ‘legge di stabilità’, che prevede la cassazione di questo diritto a partire dal 2013/2014, contravvenendo incredibilmente ad ogni regola, sembra rendere operativa questa norma retroattivamente. A causa di interpretazioni confuse e contrastanti e di uno sterile botta e risposta tra MIUR e MEF, le ragionerie territoriali, sappiamo, che sono state raggiunte da una non ben precisata circolare operativa che sospende per il momento ogni iniziativa di pagamento e lascia, senza una parola di spiegazione, i lavoratori della scuola privati dei loro soldi e completamente inascoltati.

Vedersi attribuire, in questo periodo dell’anno, il corrispettivo in denaro di 2,6 giorni di ferie maturati di diritto ogni mese, non ha mai rappresentato per i precari un “regalo autunnale” gentilmente concesso dallo Stato, piuttosto un modo per sanare una situazione tipicamente scolastica e profondamente ingiusta: quella, cioè, di non poter usufruire delle ferie dovute nel corso dell’attività didattica, se non per soli 6 giorni previo reperimento dei propri sostituti, né al termine dell’attività didattica, ovvero dopo il 30 di giugno, data che, come è noto, coincide con la scadenza del contratto di lavoro per la gran parte del precari.

I precari, attraverso i loro comitati o attraverso i sindacati che li rappresentano , chiedono con forza il pagamento delle ferie non godute in quanto esso costituisce un diritto fondamentale che cerca almeno in parte di ristabilire una equiparazione di fatto tra docenti di ruolo e docenti di precari, docenti che svolgono pari mansioni e hanno pari responsabilità e che solo a causa dell’inadempienza colpevole dello Stato si ritrovano professionalmente su piani diversificati, ovviamente peggiorativi per questi ultimi.

Evitare il pagamento delle ferie non godute ai precari della scuola appare come un gesto drammaticamente simbolico, l’ennesimo schiaffo per una categoria che negli ultimi anni ha subito più di molte altre restrizioni e tagli e che sempre con maggiore evidenza è considerata dal proprio “datore di lavoro” priva di dignità e indegna di considerazione.