Populismo virale e politiche del “decoro”: l’onda lunga prima della pandemia

Intervista a Wolf Bokowski

23 / 3 / 2020

Per comprendere alcuni dei fenomeni che in questa fase stanno condizionando lo spazio pubblico e privato abbiamo intervistato Wolf Bukowski, scrittore e guest blogger del sito dei Wu Ming, Giap, e autore per Edizioni Alegre del libro La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro (2019).

Nel primo dei tuoi recenti articoli scritti per Giap, hai chiarito come la spoliticizzazione dello spazio pubblico e l’adesione, anche di una buona parte del “pensiero critico”, all’ordine del discorso governativo sulla crisi sanitaria aprano la strada a una sorta di “populismo virale”. Quali sono i fenomeni che maggiormente lo contraddistinguono nel “divenire” di questa emergenza?

Ho coniato quell'espressione su quella di «populismo penale», ovvero l'uso ipersemplificato e distorto dei dati sul crimine nel discorso politico e mediatico. Tre categorie importanti del populismo penale sono la spettacolarizzazione (tramite programmi televisivi su crimini con plastici, ricostruzioni finzionali di crimini etc...), la destasticalizzazione (l’irrilevanza dei dati statistici raccolti sui fenomeni criminali ndr) e, terza, l'abbandono dell'elemento «rieducativo» della pena.

Ebbene: le stesse trasmissioni televisive si sono occupate del virus con le consuete modalità, spesso, come mi è stato scritto in un messaggio, «iniettando dosi di paura direttamente in vena agli spettatori»; i dati statistici sul virus sono trattati con lo stesso cinismo, privati di ogni sfondo e proporzione e contesto; e infine si presenta anche il paradigma della «neutralizzazione» (usato in modo esplicito da Vincenzo De Luca) nei confronti di chi ha comportamenti assolutamente non pericolosi, come il passeggiare rispettando le distanze.

La «neutralizzazione», nel discorso penale, è l'esatto opposto del dovere costituzionale della «rieducazione». Una comunicazione sull'epidemia fatta in questo modo è tossica, proprio come lo è stata, per decenni, quella sul crimine. Con una comunicazione del genere è davvero difficile immaginare un dopo che non sia fatto dell'eternarsi dell'emergenza.

Un altro fenomeno al quale stiamo assistendo è la militarizzazione della narrazione mediatica e istituzionale. L’esempio del video delle salme trasportate con mezzi militari di notte a Bergamo ricorda quel legame quasi ineluttabile tra morte e guerra che l’Occidente aveva – fortunatamente – accantonato da tempo. In che modo si nutre questo tipo di narrazione e di simbologia e come possiamo metterla in crisi?

La militarizzazione precede il virus; le camionette sulle strade le abbiamo ormai da decenni, e dopo gli attentati del 2015 ci siamo abituati a ben di peggio. Il ruolo dei militari era diventato via via quello di sequestrare bastoni da selfie o inseguire chi prendeva la metro senza biglietto. Quindi niente di nuovo: se i problemi sociali (la povertà, la microillegalità) diventano problemi militari è quasi ineludibile che lo diventi un problema sanitario delle dimensioni del Coronavirus.

Quali strumenti darci non lo so, sicuramente rimettere in prospettiva storica questa militarizzazione, non farci abbagliare dal presentismo. E anche riconoscere la «voglia di guerra» sottostante ed escrescente rispetto a ogni esigenza di «contenimento del contagio».

Andando a ritroso, c’è una continuità evidente tra l’attuale “governo della pandemia” e l’ideologia securitaria che è stata tra i capisaldi della governamentalità neoliberale, in particolare nell’ultimo decennio. Credi sia possibile che si determini – proprio in una situazione inedita come questa – un punto di saturazione e rottura di questo trend?

Troppo presto per fare previsioni! Certo c'è un avvitarsi su sé stessa dell'ideologia securitaria, evidente per esempio nel gioco al rilancio sui provvedimenti del lockdown. Il governo dice «non uscite salvo questo e questo caso», e allora il tal governatore o sindaco emette ordinanze per ridurre ancora di più il margine di libertà, e questo senza alcuna ratio sanitaria, ma solo per fare institutional pissing, per marcare il terreno politico. In modo da poter dire, dopo, «ehi, anche io vi ho salvato!», magari col divieto, che so, di fare legna per autoconsumo.

Questo mette in crisi i rapporti istituzionali, ovviamente, ma fino a quando questa crisi viene assorbita dal corpo sociale, fino ad allora, la classe politica può ignorare il problema. Poi il punto di saturazione arriverà, ma non vedo soggetti politici radicali capaci di coglierla e governarla, al momento; è possibile la saturazione diventi visibile e prenda parola ai margini della società, magari nel sottoproletariato meridionale o migrante, in realtà rurali o altro che non immagino. I lavoratori informali, per esempio, ampiamente criminalizzati già nella (criminale, questa sì) politica del «decoro», sono schiantati da questa crisi, e sono inesistenti nel discorso pubblico. 

Nei giorni scorsi sembra essere emerso un cortocircuito tra la difesa del “diritto alla salute” e quella delle libertà individuali. Una dicotomia che è forse figlia di una compartimentazione del pensiero che, negli ultimi anni, non ha risparmiato neppure i movimenti. Come possiamo trovare una dialettica tra questi due temi, che sia in grado di orientare in questa fase il “pensiero critico” verso un’analisi, e quindi un’azione, di ampio respiro?

Non ridurrei la cosa alle «libertà individuali», perché sono in gioco forse ancor di più le «libertà collettive» (la distinzione è più formale che sostanziale, in realtà). Non ho una soluzione, per questo ho parlato di un «paradosso virale» per cui, se accettiamo tutto ciò che viene fatto passare per «contenimento del virus», non potremo agire collettivamente per ottenere i servizi sanitari adeguati alla cura di questa e della prossima epidemia, e tantomeno la fine dell'ecocidio che genera epidemie - perché questa non sarà certo l'ultima.

L'uscita dal paradosso implica una parte di rischio. Quanto rischio è pensabile affrontare? Questo è precisamente lo spazio della riflessione morale e politica.