Pisa como Tijuana. A toda la raça de la frontera.

“Il territorio è tutto una linea di confine, sulla quale si producono gli eventi; nulla avviene nei villaggi, solo lo spazio tra di essi conta, la linea è più importante dei punti che essa congiunge, e il confine passa ovunque, si è sempre sul confine, ogni città è come Tijuana” Dal terzo sermone dell’avanbardo Luther Blisset, Dal centro del mondo a Tijuana.

29 / 10 / 2009

Pisa como Tijuana. A toda la raça de la frontera.

Benvenuti, potete sganciare le cinture, benvenuti a Pisa.
L’ospitalità non è certo il nostro forte, eppure vi accorgerete presto di non essere i soli a passare di qui, a fermarsi, in attesa di ripartire.
Questa piccola città vi ha attirato, perché giovane e fuori controllo, in una parola universitaria, o forse siete stati costretti a passare, perché non troppo cara. Poco importa, anzi, è meglio che dimentichiate il prima possibile tutto ciò che credete di conoscere su questa città, se non avete ancora capito che Pisa è tutta una frontiera.
Beh, forse la cosa non vi è passata così inosservata: in fondo solitamente si arriva in aereo o dalla stazione, quasi mai in auto, e ci si accorge subito di aver raggiunto un luogo singolare. Se poi vi fermate, certo sempre en passant s’intende, vi renderete conto che in questo piccolo spazio convivono almeno 2-3-mille città.
Innanzitutto c’è Pisa-città della formazione, universitaria e non, ma abbiamo anche Pisa città brand, città del turismo, pisa città dei servizi, pisa città degli ospedali, pisa della rendita, pisa culturale, e, non ultima, pisa dei migranti.
L’elenco potrebbe continuare, quello che c’è da segnalare è l’evidenza di una città in cui ognuno è straniero e vive in un suo territorio, spesso separato da quello del piano superiore, che non arriva nemmeno a conoscere. Succede così che uno studente universitario non conosca nulla della Pisa culturale o della pisacittàbrand. Lo si percepisce infatti sempre più, entrando nella zona di campo dei miracoli: qui per lo studente non è aria, perché non potrà mai spendere quanto è necessario.
E così le frontiere si moltiplicano; per governare flussi ingovernabili, per normare un territorio meticcio che vive di una temporalità non lineare, è necessario definire luoghi e non-luoghi delle relazioni, della produzione sociale e del consumo. E’ così che la ristrutturazione produttiva di questa minuscola metropoli passa per la dislocazione urbanistica, e quindi per la costruzione di frontiere.
Ci sono macrofrontiere e microfrontiere: c’è un centro che va ri-spazializzato, con misure di contenimento dei soggetti studenteschi, per far fronte al divenire vetrina-turistica di Pisa. Ci sono i lungarni, da riqualificare in senso culturale come lungarni museali, su cui si dovrà dislocare la produzione artistica cittadina. C’è l’area del transito, che va dall’aeroporto alla stazione. C’è l’area dei servizi in espansione verso est, che si sta preparando ad una nuova ristrutturazione che vi introdurrà un ospedale “di alto livello”, ci dicono, uno dei principali in Europa.
No, non possiamo limitarci a questa narrazione per comprendere la città che conosciamo: questa mappatura della valorizzazione produttiva si accompagna ad altre mappe, che mostrano come questo processo sia attraversato e ridefinito dai conflitti. Vorremmo continuare a tracciare queste mappe, vorremmo fornire strumenti in grado di qualificare i conflitti, di farli venire a galla.
Così succede che, dentro una delle più aspre microfrontiere, Piazza delle Vettovaglie, il simbolo della vita notturna del precariato giovanile, in questo luogo fino in fondo ingovernabile, la microfrontiera la definisca la capacità delle forze dell’ordine di normare il territorio. Ma Tijuana non si lascia identificare, non ci prenderanno mai...

Questa città è tutta una linea di confine, è tempo di iniziare a mapparla per attraversarla, perché LA TRANQUILLITA’ E’ IMPORTANTE, MA LA LIBERTA’ E’ TUTTO..

Benvenuti a Pisa, Benvenuti a Tijuana