Pensavo fosse un campus invece era un albergo

18 / 10 / 2018

Ipotizziamo che un alieno sia sbarcato a Venezia il 4 Ottobre 2018, consapevole tuttavia dei grossi problemi di cui soffre questa città, talmente conosciuti da essere ormai divenuti famosi anche nello spazio. Ebbene, questo alieno resterebbe certamente incredulo se dovesse per sua sfortuna leggere i quotidiani locali e nazionali usciti in quella data. Convinto di trovare una città stretta dalla morsa del turismo, dello spopolamento, degli interessi speculativi di pochi affaristi (siamo pur sempre nella città del MOSE…), dovrebbe ricredersi, prendendosela con la pessima informazione dei giornali interstellari: in quelli terrestri infatti, decine di giornalisti, da diverse testate, esultano per le realizzazione di un grande campus universitario, brindano ad una fantomatica “Operazione Santa Marta” pronta a rivitalizzare la città, capace di trasformare finalmente gli studenti universitari in futuri cittadini veneziani. Forse il rettore Bugliesi e l’ateneo da lui rappresentato sono convinti che gli studenti e i cittadini di Venezia siano tutti degli alieni, se non degli stupidi; tuttavia, proprio come l’extraterrestre di cui sopra, le rappresentanze di Ca’ Foscari saranno costrette a ricredersi: chi vive ed ama questa città, non può che preoccuparsi di fronte a quella che si prospetta come l’ennesima operazione di speculazione edilizia, travestita per di più da grande investimento per il bene di Venezia stessa. Da giorni infatti si legge su molti quotidiani dell’inaugurazione di un nuovo Campus residenziale per studenti universitari, situato nel quartiere di Santa Marta. Il progetto, che prese vita nel lontano 2014, è giunto ormai a termine e prevede la realizzazione di 650 posti letto, oltre a svariate zone dedicate allo svago e al divertimento. Fino a qui, tutto bene, se non fosse che a ben vedere non c’è proprio nulla con cui divertirsi. Esaminando il progetto lanciato dall’università, si rilevano molti punti critici, fino ad arrivare alla conclusione che ci troviamo di fronte all’ennesimo sfregio compiuto da questo ateneo alla vita della città e alle tasche degli studenti. Vediamo il piano nel dettaglio.

Il progetto residenziale si focalizzerà come già detto nell’area di Santa Marta, un quartiere vessato da anni da una pessima politica abitativa sia comunale che universitaria. Il rettore e il suo Cda hanno infatti deciso di costruire questo campus universitario sulle ceneri dell’ex area scientifica ora spostata, con buona pace degli studenti, in via Torino a Mestre. La spesa è consistente: si parla di 30 milioni di euro di investimenti privati, più altri 4 arrivati direttamente dal MIUR. Pare evidente che, per tali cifre, i privati impegnati nella costruzione del campus devono essere ripagati in modo sostanzioso, e non certo con una pacca sulle spalle. Ca’ Foscari non ha certo deluso, decidendo di regalare i suoi possedimenti (con tanto di beni immobili già costruiti) al Fondo Erasmo, gestito da Fabrica SGR. L’intera area sarà infatti di proprietà di tale fondo per ben 75 anni, che la gestirà insieme a “Camplus”, altra azienda privata. Certo, visto che l’investimento è fatto dai privati, pare giusto che siano loro a gestire un intero pezzo di città che un tempo era bene pubblico, diranno alcuni; ma nel caso in cui il fondo dovesse fallire o abbandonare il progetto, come spesso è successo anche a Venezia? Tranquilli, l’ateneo ha pensato anche a questo. Nel malaugurato caso che la società dovesse mollare l’opera a metà, l’università si impegna a subentrare nell’operazione, andando a sostituire il fondo, finanziando l’operazione per tutto il tempo rimasto fino alla scadenza del contratto. Dunque, nel caso il privato dovesse non adempiere ai suoi doveri per esso non ci sarà alcun risarcimento o alcun impegno economico da conseguire fino alla fine dei 75 anni. Insomma, se il privato chiude i rubinetti, si aprono quelli di Ca’ Foscari, in altre parole i nostri. È la logica del project financing, già utilizzata in Italia per la costruzione di grandi opere e grandi autostrade: il progetto è affidato a un privato, che potrà usufruire dell’area prevista in maniera del tutto gratuita. Nel caso in cui il privato dovesse poi abbandonare il progetto a sé stesso, sarà il pubblico, ovvero i cittadini, a compensare economicamente alle mancanze del privato e a portare a termine l’opera. Il privato dunque avrà la possibilità di gestire un’area (e di trarne i conseguenti profitti) con la consapevolezza che, nel caso di mancato adempimento ai propri doveri, saranno l’università e il MIUR a pagare per lui. Zero rischio, tanto guadagno: una SGR può sognare di meglio?

Non può sognare nulla di meglio, soprattutto se il privato in questione è avvezzo a speculazioni, o addirittura un esperto in truffe edilizie. Guarda caso, questo è proprio l’identikit del protagonista di questa operazione, ovvero Fabrica Immobiliare SGR. Dietro questo nome si nasconde infatti una delle principali società italiane di gestione del risparmio in campo immobiliare (13 fondi per circa 3,4 miliardi di euro), una società facente parte del Gruppo Caltagirone. Proprio così: a gestire il "campus d'eccellenza" sarà Caltagirone, noto alle cronache non certo per trasparenza e capacità imprenditoriale, bensì per essere un affarista plurindagato. Non solo, nell'anno in cui il fondo Fabrica SGR vinse il bando indetto dall'ateneo, la Monte dei Paschi di Siena risultava una partecipata al 49,9% del fondo stesso: è interessante notare come Ca’ Foscari avesse scelto di affidare le sorti dei propri studenti (e delle loro tasse) ad una banca che in quel momento si trovava al centro di ben note vicende giudiziarie, colpevole di aver ridotto in rovina centinaia di cittadini e risparmiatori. Visti i curricula di questi privati già si delinea il carattere speculativo di tutta l’operazione. Tanto per cominciare, si pensi che per anni Francesco Gaetano Caltagirone è stato azionista proprio della Monte dei Paschi, la quale ha erogato, proprio in quegli anni, centinaia di milioni per sostenere le attività del gruppo Caltagirone: mezzo miliardo circa di mutui e linee di credito, cui vanno aggiunti i milioni dati tramite finanziamento proprio alla società Fabrica Immobiliare, per anni rimasta senza un vero proprietario; infatti la società, fino a circa tre anni fa, non ha mai avuto un socio di controllo poiché Caltagirone, tramite la Fincal, ne deteneva solo il 49,9%, e così pure Mps, mentre la parte restante era stata intestata ad Alessandro Caltagirone, figlio dell’ingegnere romano. Grazie a questo assetto proprietario, nessuno era tenuto a consolidare la SGR sui propri bilanci. Insomma, la società vincitrice dell’appalto non brilla certo per trasparenza, e nel caso le cose si mettessero male, non ci dovremmo certo sorprendere dell'assenza di qualcuno responsabile, a cui presentare il conto. A riprova di ciò, Venezia sa bene quanto sia affidabile Caltagirone, dato che è ancora in attesa dei colpevoli di un enorme "buco edilizio" provocato proprio da quest'ultimo, capace però di sottrarsi alla giustizia (e alle ire dei cittadini) tramite una fitta rete di prestanomi e società cadute in bancarotta; per sapere a cosa ci stiamo riferendo, basta fare un giro alla Giudecca, nell’area dell’ Ex-Scalera: lì dove Caltagirone doveva costruire centinaia di alloggi popolari ora si trovano solo degrado e case abbandonate dopo essere state appena iniziate. Decine di persone avevano già versato caparre da migliaia di euro per ottenere poi la casa a lavori conclusi. Ebbene, non vedranno mai più quei soldi, perché la società costruttrice, facente capo a Caltagirone, ha dichiarato fallimento per poi sparire nella nebbia veneziana. Ci chiediamo come il rettore Bugliesi possa affidare le sorti dell’edilizia universitaria a un privato che si è rivelato devastante per il nostro territorio, che ha truffato centinaia di cittadini veneziani, che si è dimostrato interessato solo al proprio guadagno derivante dal malaffare, e non certo al futuro della città. 

Perché in fondo, proprio di futuro stiamo parlando. Risultano comiche le parole del rettore quando afferma che grazie a questo progetto si darà concretezza alla speranza che molti giovani rimangano a vivere a Venezia, soprattutto perché a gestire il Campus sarà Camplus, azienda assai strana, che nel suo sito si vanta di gestire migliaia di immobili e strutture residenziali in molte città italiane. A risultare anomala è proprio la formula gestionale di tali strutture, nelle quali si realizza un connubio tra residenza universitaria e hotel per turisti, il tutto a prezzi esorbitanti per un qualsiasi studente fuori sede avente diritto a un posto letto. Ebbene, Camplus, Ca’ Foscari e Caltagirone non vogliono certo rinunciare a questo modello in una città già stremata dal turismo selvaggio e dalla carenza di strutture abitative per chiunque desideri essere un cittadino. Come riportato dai giornali, il 51% dei posti avrà infatti un prezzo “calmierato” a partire da 330 euro mensili a posto letto, mentre il restante 49% avrà un prezzo di mercato di circa 500 euro per posto singolo al mese. Qualunque studente universitario sa bene che parliamo di cifre folli, di fatto equiparabili a quelle proposte da un locatario privato. Come può Bugliesi permettersi di identificare come canone calmierato una spesa mensile che è in linea con quelli di un qualsiasi annuncio d'affitto? Dove viene garantito il diritto allo studio e alla residenzialità da parte di Ca’ Foscari, se “i prezzi agevolati” sono inaccessibili alle tasche di moltissimi studenti? Il sospetto è che queste residenze non sono certo pensate per noi studenti, bensì per tutt’altro tipo di fruitori. E chi potranno mai essere, questi altri fruitori? I turisti, ovviamente! La zona è palesemente strategica, in quanto vicinissima al porto dove ogni giorno approdano le grandi navi che devastano la nostra laguna e tutto il territorio veneziano. La stessa università, nella prima bozza del progetto, prevedeva la possibilità di dedicare buona parte di questi posti letto alle affittanze turistiche. Possibilità confermata dall’ateneo stesso alla presentazione del progetto, durante la quale più volte si è affermato che nei periodi in cui non verranno svolti gli esami universitari, le camere verranno affittate ad uso turistico per 50 euro al giorno per una doppia: in sostanza, stiamo parlando di un hotel di lusso, pensato ad uso e consumo dei turisti delle grandi navi e non solo. D’altronde, gli stessi realizzatori del campus hanno più volte sottolineato come le stanze siano equiparabili a quelle di un albergo a 4 stelle; tali affermazioni non devono certo stupire: durante i periodi vacanzieri (e non solo estivi) scatterà anche a Santa Marta lo stesso meccanismo che già vige nelle attuali residenze, un meccanismo malato che prevede lo sfratto degli studenti dai propri alloggi, che saranno interamente dedicati a turisti e visitatori, il tutto per far cassa. E poco importa se lo studente avrebbe tutto il diritto di vivere la città pure nel periodo di vacanze, anche considerati i periodi di studio pre esame, che spesso combaciano con quelli vacanzieri. A condire la trasformazione del campus in hotel contribuisce anche la gestione degli spazi comuni, nei quali sorgeranno dei bar e anche un ristorante affacciato sul canale della Giudecca: come tutti sanno, un ristorantino vista laguna è imprescindibile per la vita universitaria, e non certo un mezzo per spennare ulteriormente qualche turista sprovveduto… 

Insomma, ci sembra chiaro che dietro la maschera di uno studentato universitario si nasconda in realtà la costruzione dell’ennesimo albergo nella nostra città; in questo caso, la speculazione è ancor più grave di altre avvenute in passato, visto anche il tentativo pietoso di farla passare come la risposta ai bisogni di noi studenti. Forse l'Amministrazione cafoscarina pensa che un refresh di immagine arriverà dalla realizzazione del “campus d'eccellenza”, ma come collettivo Liberi Saperi Critici crediamo fermamente che l'operazione residenziale altro non sia che l'ennesima bolla speculativa di cui si macchierà l'Ateneo. Ciò di cui gli studenti, i cittadini, la nostra università, il nostro territorio hanno bisogno è di una politica residenziale seria e attenta ai bisogni di chi vive la città. Non si può pensare di risolvere il problema della residenzialità universitaria senza avere il coraggio di fare i conti con il continuo spopolamento di questa città. I progetti abitativi cittadini dovrebbero intrecciarsi con quelli universitari non in un’ottica di speculazione e di sfruttamento economico selvaggio, bensì in quella di trovare una comune strada per consentire a chi viene a studiare in questa città di viverla a fondo e di poter continuare a viverci anche dopo gli studi. Come si può pensare che uno studente fuori sede abbia la voglia e la possibilità di rimanere a vivere a Venezia quando si ritrova stritolato tra affitti troppo alti dei privati e residenze universitarie strutturalmente, socialmente inadeguate (ed economicamente inaccessibili) perché pensate solo per turisti e gruppi speculativi come quello di Caltagirone? Non abbiamo bisogno di posti letto per crocieristi, né di bar e ristoranti di lusso in un quartiere come quello di Santa Marta che si trova già economicamente al collasso. Il rettore, il CDA, le rappresentanze elette di UDU e CaFOSCARINOW, accettando questo progetto hanno firmato per la morte di un intero quartiere e per riempire le tasche dei soliti noti; hanno firmato senza pensare al bene della città e degli studenti, perché mossi ormai solo da spirito imprenditoriale e affaristico che dovrebbero essere propri di una banca e non certo di un’Università degna di questo nome. Quattro anni dopo quelle firme indegne, proprio dalle pagine dei giornali e tra le righe degli annunci festanti dell’ateneo, ci viene la conferma di come questo progetto sia l’ennesimo scandalo voluto e cercato dai piani alti di Ca’ Foscari ormai da anni tutti responsabili, dagli studenti eletti fino al rettore Carraro o Bugliesi che sia, di una politica abitativa folle e fatta solo in nome delle finanze d’ateneo, non certo in nome di chi cerca un tetto sotto cui vivere e studiare, e magari rimanerci pure.