Parma - La scuola sotto attacco: che il 14 novembre sia solo l’inizio!

di Roberta Roberti (Flc Cgil, "La scuola siamo noi")

6 / 11 / 2012

Abbiamo dovuto aspettare l’inaccettabile uscita del ministro Profumo sull’aumento di 1/3 dell’orario di servizio degli insegnanti per vedere montare la protesta nelle nostre scuole: collegi docenti e assemblee dei lavoratori hanno approvato mozioni, documenti e appelli contro gli articoli della Legge di stabilità che riguardano la scuola e che rappresentano un attacco vergognoso alla professionalità docente. 
Sono state artatamente costruite abili campagne mediatiche per gettare discredito sugli insegnanti fannulloni, impreparati, incapaci di raggiungere obiettivi degni di una scuola europea ed ecco ora arrivare la ciliegina sulla torta: si confondono le ore di lezione in classe con l’effettivo orario di impegno lavorativo degli insegnanti, ignorando totalmente la mole considerevole e certificata di lavoro fuori aula da essi regolarmente svolto. 
Nelle ultime due settimane si sono moltiplicate le prese di posizione delle singole scuole contro l’ennesimo agghiacciante attacco alla scuola pubblica, basta fare un giro su http://www.forumscuole.it/instabili/18
per rendersi conto di quanto ampia e diffusa sia la mobilitazione, anche se pochi sono i media che ne rendono conto. 
Ma ciò che è più importante e significativo è che la protesta non si limita a contestare la Legge di stabilità, per entrare nel merito di altri due provvedimenti che rischiano di devastare la scuola disegnata dalla Costituzione. 
Si tratta della Proposta di legge 953 (ex Aprea), in virtù della quale si avvierebbe lo smantellamento del sistema educativo della Repubblica in favore di una miriade di scuole isolate ed “autonome”, ciascuna con il proprio statuto, il proprio regolamento, i propri sponsor e la propria “identità culturale”, espressa dal POF e imperativa per i docenti. Un attacco gravissimo non solo al diritto allo studio e alla libertà di insegnamento, ma alla stessa democrazia all’interno degli istituti scolastici, poiché cancella gli organi collegiali affidando enormi poteri ai dirigenti scolastici e privando della rappresentanza non solo i docenti, ma gli studenti ed i genitori. 
E in secondo luogo si parla del DPR sulla Valutazione, che rappresenta il definitivo assoggettamento della scuola alle politiche ministeriali, visto che demanda al ministro di turno la definizione degli standard sulla base dei quali, tramite i quiz Invalsi, sarebbero valutati studenti, docenti ed istituti scolastici. I risultati dei quiz verrebbero poi pubblicati, in modo da determinare classifiche di merito o demerito, sulla base dei quali le scuole verranno finanziate o meno, fino alla chiusura di quelle meno efficienti. Tutto ciò si tradurrà nelle fine della scuola inclusiva e cooperativa, che forma al pensiero critico e alla cittadinanza attiva, in favore della scuola della competizione e dell’esclusione, che impone il nozionismo e l’omologazione al pensiero unico.
Non c’è più tempo, dunque, per rinviare una protesta ferma e decisa: in questo momento delicato occorre far emergere e mettere insieme le scuole che oggi sono la punta di diamante della resistenza alle politiche scolastiche del governo e delle maggioranze spurie.
Le scuole in lotta devono acquisire la consapevolezza del grande numero di pronunciamenti e di stati di agitazione dichiarati, occorre sentirsi parte di un movimento di resistenza diffuso e che si promuove e promuove resistenza presso chi ancora non ha preso posizione. 
Occorre pensare al dopo legge di stabilità e rendere stabile questo livello di attenzione e risposta, oltre che porsi il problema di estenderlo ad altre scuole.
Ma qual è lo sbocco di tutto questo? Possiamo accontentarci dello sciopero finalmente proclamato il 14 novembre in concomitanza con gli scioperi degli altri paesi europei?
Solo se i docenti sentiranno di far parte di un movimento più vasto ci potranno essere le condizioni per essere consapevoli della propria forza, dell'utilità delle azioni di resistenza intraprese e sperare che si trasformino in azioni di lotta.
Serve dunque un coordinamento nazionale, autonomo rispetto a qualsiasi sigla politica o sindacale, al quale OGNI scuola in agitazione mandi un suo rappresentante o, se non fosse possibile, si colleghi in streaming (gruppi di ascolto), oppure ancora invii un suo contributo scritto e propositivo. 
C’è chi giustamente teme che essendo il 14 uno sciopero generale le ragioni della conoscenza possano essere diluite nel mare magnum delle proteste. 
E’ necessario dunque unificare le lotte di docenti, studenti, genitori, per poi estendersi ai precari e ai lavoratori di tutte le categorie. E’ necessario considerare il 14 novembre come l’inizio di un movimento di protesta capace di opporsi in modo decisivo e stabile all’attacco ai diritti ed ai beni comuni. 
Qui sta la vera sfida che le scuole devono saper cogliere: esse devono essere capaci di diventare il centro vitale di questo contesto di difesa della democrazia. 
Infatti, ciò che si sta realizzando attraverso queste politiche scolastiche costituisce un grave attacco alla democrazia e dunque riguarda tutta la collettività.
Non solo perché quegli articoli sulla scuola della Legge di stabilità rappresentano un attacco senza precedenti a tutti i lavoratori, visto che pretenderebbero di fare carta straccia della contrattazione intervenendo per via legislativa su orari e retribuzioni. Se passasse questa linea di comportamento, si tratterebbe di un pericolosissimo precedente, pronto ad essere rinnovato contro qualsiasi altra categoria.

Ciò che accade nella scuola è un attacco alla democrazia soprattutto perché alla scuola è demandato dalla Costituzione il compito di garantire la piena attuazione di quell’art.3 che le politiche neo-liberiste italiane ed internazionali cercano di inficiare, calpestando i diritti e privatizzando i beni comuni. 

Introducendo meccanismi che conducono alla privatizzazione del sistema educativo e al suo asservimento alle logiche del mercato ci dirigiamo a grandi passi verso una società sempre più iniqua, dove la diseguaglianza diverrà la norma e dove i cittadini non saranno più in grado di difendere i loro diritti. 
Se gli studenti non hanno pari opportunità di accesso al sapere, non avranno pari dignità come cittadini. 
Se agli insegnanti verrà limitata la libertà di insegnamento, la scuola non potrà essere libera, ma di volta in volta strumento del governo di turno e del suo modello socioeconomico di riferimento. 
Ci pare che questi siano argomenti che riguardano tutti i cittadini, non solo il mondo della scuola.
Prepariamo insieme questo sciopero: dal 5 al 10 novembre il maggior numero possibile di scuole  si astenga dalle attività non obbligatorie e si realizzino con gli studenti tutte le iniziative di mobilitazione possibili; il 10 si manifesti e si animino le piazze di tutta Italia in difesa dell’Istruzione come bene comune e della scuola della Repubblica.
Il 14 novembre la scuola, l’università e la ricerca, docenti, studenti, ATA saranno in piazza insieme ai genitori, agli altri lavoratori e alle altre lavoratrici, insieme ai precari e alle precarie, insieme a tutte le persone che decideranno di agire dal basso per dire basta a questo sacrificio dell’equità e della democrazia e per cominciare insieme un percorso verso una vera alternativa sostenibile.