Padova - Ordinanza anti-prostituzione

Questo articolo è frutto di un confronto con Barbara Maculan dopo l'ennesimo provvedimento di facciata per il decoro della città

11 / 3 / 2015

Nelle notte tra il 27 e 28 febbraio è entrata in vigore a Padova l'ordinanza antiprostituzione varata dalla giunta Bitonci, in perfetta continuità con l'operato della precedente amministrazione. 

Una prima riflessione da fare è notare l'assurdità di proseguire in una direzione che non  ha portato assolutamente ad una diminuzione del fenomeno. Inoltre, secondo la legge Merlin, varata nel 1958 e  ancora in vigore, nel nostro paese la prostituzione non è considerata reato, pertanto non si capisce a quale titolo un provvedimento locale possa intervenire in materia. 

Tali ordinanze sono un'azione puramente di facciata, sono una sorta di contentino per i cittadini "infastiditi" dalla presenza delle prostitute e vengono emanati solamente per comparire sulle prime pagine dei quotidiani (almeno di quelli locali), ma senza attivare quello che potrebbe essere un sano e costruttivo dibattito. In questo modo si seguita ad affrontare la questione "prostituzione" come un mero problema di decoro pubblico senza considerare la complessità di tale fenomeno che altro non è che la punta di un iceberg, chiamato "mercato della tratta di esseri umani". 

Barbara Maculan, presidente dell'Associazione Mimosa che dal 1996 è nelle strade a fianco delle prostitute con progetti di ascolto, di tutela della salute e per favorire percorsi di accompagnamento fuori dallo sfruttamento, propone di considerare lo zoning. Tale intervento segue un logica diversa della creazione di  "quartieri a luci rosse" che si rivelano essere un ghetto, dove lontano dagli occhi dei benpensanti tutto può accadere. Lo zoning prevede l'individuazione di aree della città da destinare alla prostituzione, certo lontane dai quartieri più residenziali, ma comunque raggiungibili e illuminate, dove possano essere presenti costantemente gli operatori delle associazioni ed eventualmente le forze dell'ordine in un'ottica di tutela delle stesse prostitute. Esperienze di questo tipo sono già state sperimentate in Veneto: a Mestre e a Vicenza la scelta delle amministrazioni di lavorare in questa direzione ha portato ad una diminuzione dei conflitti con i cittadini e ad un aumento delle richieste da parte delle prostitute di essere inserite in percorsi di uscita dallo sfruttamento. 

Certo bisognerebbe che le amministrazioni patavine invece di mirare sempre all'anello debole, che sia il mendicante o la prostituta, comincino a fare scelte realmente coraggiose per trovare soluzioni concrete e a lungo respiro.