Padova - No all'aumento delle tasse universitarie. Noi la crisi non la paghiamo!

5 / 5 / 2010

Questa mattina presso il Cortile del Palazzo del Bò si è svolta una conferenza stampa in cui gli studenti del Collettivo Interfacoltà dell'Università di Padova hanno lanciato un'Assemblea di Ateneo per il prossimo 10 maggio, giornata in cui il Senato Accademico discuterà un nuovo sistema di tassazione. Si tratta  del cosiddetto bonus-malus, che è in realtà un sostanziale aumento delle tasse: dietro la facciata della premiazione del merito, colpirebbe il 30% degli studenti, con multe fino a 200 Euro, mentre solo il 10% riceverebbe gli sconti. 

Questa manovra frutterebbe 1.8 milioni di euro alle casse dell'Università. Ancora una volta i tagli del governo verrebbero scaricati sugli studenti, che possono risultare non meritevoli per il semplice fatto di dover dividere il proprio tempo il proprio impegno tra studio e lavoro. 

Durante la conferenza stampa gli studenti hanno simbolicamente posto sotto "sequestro" un'automobile dell'Università e alcuni monumenti per esecuzione della sentenza di pignoramento disposta dalla Corte dei Conti per aver imposto agli studenti tasse troppo alte e per il tentativo di aumento in corso.

Di seguito il comunicato dell'Assemblea contro l'aumento delle tasse:

 Si è discusso in questi giorni all'interno della Commissione “Fasce” del Consiglio di Amministrazione, lontano dagli occhi e dalle orecchie di quasi tutti gli studenti, della consistenza e forma che gli aumenti delle tasse universitarie dovranno assumere dal prossimo anno.

Nonostante le calde rassicurazioni autunnali del nostro Rettore Zaccaria – il quale, mentre da un lato depennava un intero corso di studi dall'altro affermava che non vi sarebbero stati aumenti a carico degli studenti – pochi giorni fa è stato proposto e approvato un piano per aumentare gli introiti economici a spese delle nostre tasche; del resto cosa ci aspettavamo dai tagli indiscriminati imposti delle leggi 133 e 180 se non che questi ricadessero su studenti e figure precarie dell'ateneo?Oltretutto questo aumento dei costi per lo studio si accompagna ad una sempre maggiore e ormai quasi obbligatoria richiesta di ore di stage e tirocinio a carico degli studenti (+30% di richieste solo nell’ultimo anno, passando dalle 2.400 del 2001 alle 11.000 del 2008) e di ore di didattica gratuita per i dottorandi e ricercatori. Ciò comporta: per i primi lavoro gratuito, spesso in mansioni tutt'altro che “formative” presso aziende che sullo sfruttamento di questa manodopera gratuita garantiscono il proprio guadagno; per gli altri invece significa coprire gratuitamente, a discapito del loro effettivo lavoro di ricerca, una parte della didattica che dovrebbe sostenere il personale docente, garantendo così l'attivazione di una parte dei corsi di studio, però senza ricevere in cambio alcuna forma di reddito. 

È così evidente che l'Università e ciò che le orbita attorno sopravvive grazie ad una mole considerevole di forza lavoro gratuita, mentre nel frattempo non ci si pone il problema di aggiornare i parametri di riconoscimento dello “studente-lavoratore”.Quando non si tratta di lavoro gratuito, un sempre maggiore numero di studenti trova impiego nelle più diverse attività lavorative spesso in condizioni di precarietà o “in nero”, per far fronte ad un costo di accesso allo studio sempre più alto a causa anche di una crisi che non dà segnali di rallentamento. Ciò però concorre in maniera determinante ad uscire dai parametri per mezzo dei quali l'Università identifica lo studente-lavoratore. Questi parametri sono fondati su una definizione inconciliabile con la realtà dell'attuale mercato del lavoro; come può uno studente che lavora sulla base di contratti precari, che non garantiscono nessuna continuità né tantomeno l'accesso a qualsivoglia forma di welfare, veder riconosciuto lo status di lavoratore?Il nostro virtuoso Ateneo considera sotto tale denominazione solo chi ha un contratto a tempo indeterminato o di almeno due anni, come se bar, pizzerie, ristoranti, call center e agenzie interinali offrissero davvero tali possibilità; chiunque si sia trovato nella condizione di dover trovare lavoro ha ben presente che il mercato non funziona in questo modo. In aggiunta alla necessaria continuità del contratto, l’Università richiede un reddito dichiarato di almeno 6.500 euro annui, che a fronte delle dinamiche lavorative contemporanee si traduce in un’ulteriore esclusione di quella maggioranza di persone che lavorano in forme di lavoro precario o sommerso. Infine non considera assolutamente l’impiego di chi, tramite Servizio Civile ed il programma “150 ore”, decide inoltre di contribuire al funzionamento delle strutture universitarie stesse investendovi il proprio tempo,Di tutto questo pare che i membri della Commissione, riunitisi il 17 Marzo, non abbiano minimamente tenuto conto, anzi a parere del Prorettore Scutari, Presidente della stessa, appare evidente che non possa esistere lo studente lavoratore perché “o si studia o si lavora”; una posizione che può significare solamente o una completa incapacità di osservazione della realtà, oppure l’intenzione discriminatoria nei confronti di tutti coloro che per mantenersi negli studi sono costretti ad accettare forme di lavoro precarie e mal retribuite.

L'aumento delle tasse ruota essenzialmente attorno ad una considerazione del merito, tanto millantato nell'ultimo anno e mezzo da Rettore e Aquis, il quale, più che porre incentivi all'impegno nello studio, si prefigge l'obbiettivo di spronare gli studenti tramite la minaccia di sanzioni in base alla media accademica e alla regolarità nel percorso di studi: un aumento del 15% dal primo anno fuori corso, a cui si aggiunge un ulteriore aggravio intorno al 5-10% in rapporto allo scarto rispetto alla media per facoltà. Come contropartita, rispetto a quello che rappresenta un 15-25% di aumento, solo il 5% complessivo sarà ridistribuito ai cosiddetti meritevoli, ovvero coloro la cui media risulti superiore a quella di facoltà.Entrerà quindi in vigore una nuova misura che interesserà circa il 30% degli attuali iscritti (18.000 studenti per un guadagno stimato per le casse dell’Ateneo di 1.8 milioni di euro), ricadendo sulla parte degli studenti che si trovano in quel limbo in cui devono autonomamente provvedere, parzialmente se non in toto, al proprio reddito, senza, inoltre, avere il riconoscimento dall'Ateneo della propria presenza nel mondo del lavoro; riconoscimento che potrebbe garantire un aiuto economico (indispensabile) per arrivare alla fine del mese. Tutto ciò però non rappresenta un caso isolato, ma rientra in una dinamica diffussa a livello nazionale rispetto al dissesto economico che i tagli dello scorso anno hanno portato a quasi tutti gli atenei.Così a Milano, a Pisa e a Pavia si è posto uno scenario simile a quello a cui ci troviamo di fronte a Padova, dove i rispettivi organi decisionali non hanno pensato soluzione migliore che far ricadere il problema sugli studenti, colpendo le loro tasche e quelle delle loro famiglie. Le reazioni in questi casi non sono mancate: a Pisa il progetto del CdA universitario è stato bloccato, mentre a Milano la seduta di discussione è stata interrotta dagli studenti; in entrambi i casi è stato chiesto con forza un deciso cambiamento di direzione volto a ridurre effettivamente i privilegi e gli sprechi della gestione delle università.

A questo riguardo è di assoluta rilevanza l'iniziativa del personale ricercatore delle facoltà scientifiche che partendo dall'Orientale di Napoli ha coinvolto diversi atenei, il quale ha intrapreso uno sciopero della didattica come protesta per il grado di sfruttamento a cui sono sottoposti, per manifestare il ruolo necessario da loro svolto a fronte del rischio di trovarsi prossimamente decimati dalla ulteriore precarizzazione che la riforma Gelmini intende introdurre eliminando la figura del ricercatore a tempo indeterminato. Gli organi di Ateneo hanno intenzione di far passare sotto silenzio questo fatto, come dimostra la strategica tempistica che pone la discussione all’interno del Senato e del Consiglio d’Amministrazione a cavallo delle festività pasquali. Invitiamo chiunque senta la necessità di prendere parola e agire contro questo tentativo di furto a prendere parte alle discussioni e alle iniziative che verranno proposte e lanciate attraverso il gruppo.

Padova - Non pagheremo più tasse!

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