Padova: lo "spezzone incandescente" al Pride del 3 luglio

L’appuntamento è alle 15 in Piazza Garibaldi

2 / 7 / 2022

A Padova dodici realtà hanno annunciato negli scorsi giorni di aver abbandonato l’assemblea ufficiale del Pride per dare vita allo “spezzone incandescente”. L’appuntamento è domenica 3 luglio alle 15 in Piazza Garibaldi. Di seguito il comunicato congiunto che spiega a fondo le motivazioni della scelta di creare uno spezzone autonomo.

Il 3 luglio a Padova costruiremo uno spezzone dissenziente e transfemminista durante il Pride. Eravamo dentro all’assemblea organizzativa ma abbiamo deciso di uscirne. Alla base della nostra decisione di uscire dal Pride "ufficiale" ci sono idee differenti sulla costruzione del Pride. 

La frattura che si è creata fra le due idee di Pride non è semplicemente l'esito della particolare composizione locale costituita dalle realtà che si sono trovate a collaborare. Simili punti di rottura si sono verificati a intensità variabile in altre città italiane, ma, di fatto, sono all'ordine del giorno in tutte le democrazie nelle quali esistono tutele minime per la comunità LGBTQIAPK+. 

In alcune città vengono organizzati due pride distinti: uno gestito dalle associazioni più radicali e un altro da associazioni nazionali, sindacati, partiti e realtà commerciali come locali e discoteche. Questa duplice visione di cosa un pride dovrebbe essere si scontra innanzitutto sulla mancanza di valori condivisi. Il gruppo di persone alla quale queste due idee si rivolgono dovrebbe, teoricamente, essere lo stesso. In realtà, spesso si assume che chi partecipa ad un pride sia una persona bianca, benestante, e non interessata alle questioni politiche. 

Un pride non è una manifestazione spontanea, che si organizza da sé, ma un percorso che richiede mesi di elaborazione. Trascurare i valori politici concentrandosi sugli aspetti organizzativi significa pensare che chi partecipa ad un pride non debba porsi delle domande politiche. 

Trovandoci nella situazione di definire la ragione principale di queste divergenze, non possiamo fare altro che affermare che l'idea di pride che contestiamo è neoliberale.

Un pride neoliberale è innanzitutto un pride che esclude: esclude le persone povere, esclude le idee radicali che chiedono più di quello che una politica rappresentativa può proporre, esclude le persone poco assimilabili entro profili di consumo e voto. Un pride neoliberale si presenta, visivamente e teoricamente, come una manifestazione di orgoglio contro le oppressioni, valori che chiaramente sono condivisibili, ma lo fa assorbendo le rivendicazioni sotto l'ombrello della gestione delle diversità e dei conflitti. Per dirlo più chiaramente: se un pride può portare iscritti ad un sindacato, clienti ad una azienda, manifestando per un diritto generico di divertirsi in uno spazio pubblico, allora è accettabile. Un pride neoliberale è tanto migliore quanto maggiore sarà la sua partecipazione. Un pride neoliberale dev'essere sfarzoso e appariscente. Un pride neoliberale è un servizio che si svolge per una città o per un committente (senza essere pagatə). Per il neoliberalismo, essere frocie non è un atto contronatura, ma una fonte di guadagno che può essere economico o di reputazione.

Chi organizza un pride neoliberale afferma di sapere cosa vogliono le persone che lo attraversano: divertirsi, ballare, scopare, apparire. Chiaramente, nessunə vuole limitare queste attività. Ciò che ci interessa, invece, è mostrare che questi diritti non sono emersi dal nulla, né frutto delle operazioni della politica sindacale e parlamentare, ma sono il portato delle lotte che continuamente e ovunque ribadiscono la loro necessità. 

Il neoliberalismo vende alle persone precarie delle forme di vita splendide, degli ideali impossibili da raggiungere, vende sicurezza e tranquillità militarizzate. Per il momento il neoliberalismo trae profitto dalla apparente difesa delle minoranze, ma non è detto che questa tendenza continuerà nel futuro. 

A Padova quest'anno per la seconda volta abbiamo provato a costruire un percorso orizzontale con più realtà cittadine verso questa giornata di lotta, il che marcherebbe una netta differenza rispetto ad annate precedenti in cui poche realtà si erano dichiaratamente auto-assegnate l'organizzazione del Pride. Dopo mesi di discussioni e apparente concordia su varie prese di posizione politiche (NO al rainbow washing, anticapitalismo, antifascismo, intersezionalità), quando invece si è trattato di organizzare il piano concreto e materiale (cioè dove effettivamente la politica si manifesta) sono emerse idee estremamente diverse, in opposizione. Ci sono state alcune mediazioni, altrimenti il tavolo sarebbe saltato prima, ma via via si sono palesate incompatibilità ed anche prevaricazione. Nello specifico abbiamo riscontrato:

-decisioni prese in contrasto con le posizioni dell'assemblea, o senza passare per la stessa

-togliere spazio di parola con presenza massiccia, in particolare, di UDU e realtà della relativa area politica 

-mancato riconoscimento del rischio di egemonia visiva nel corteo, da parte di quell'area, rifiuto di mediare per eliminare questo rischio

-comitato ridotto a sola funzione logistica

Dunque abbiamo lasciato l'assemblea e ci siamo riorganizzatə.

Il 3 luglio a Padova faremo lo spezzone incandescente perché la nostra idea di pride è gioiosa e conflittuale. Conflittuale con cosa? 

Con un modello sociale (quello neoliberale) che ha ci sempre oppressə e che adesso ci permette di esistere soltanto se siamo benestanti, perché la queerfobia colpisce e ha sempre colpito di più proprio le persone queer povere, marginalizzate, e meno normalizzabili. 

Se vogliamo che queste oppressioni finiscano dobbiamo tenere insieme tutti questi elementi, perché non vogliamo lasciare indietro nessunə, e perché sappiamo che una società improntata al profitto non ci tutela in quanto non è suo obiettivo farlo. Quando le nostre esistenze diventano troppo divisive per essere vendute essa ci volta le spalle, così come adesso le volta a tutte le persone queer dei Paesi dove il tasso di queerfobia è alto. Senza scordare che anche in Italia, le persone queer muoiono di lavoro in base a discriminazioni. Non possiamo quindi affidarci a questo modello, né possiamo affidarci acriticamente a canali istituzionali o partitici, sia perché sono le nostre voci che debbono essere sentite, sia perché essi possono riprodurre quello stesso modello attraverso posture e leggi che implementano precariato (Jobs act), oppressione classista (daspo), fascista (provvedimenti di sorveglianza speciale) e razzista (Minniti-Orlando e seguenti). 

Ci serve un modello di società che metta al centro le persone e le loro necessità, a prescindere da quanto siano scomode, senza basarsi su quanto siano inquadrabili, secondo criteri di somiglianza, come ingranaggi del sistema lavorativo patriarcale (famiglia nucleare e lavoro di cura) e neoliberale. Non vogliamo imitare tutto questo, vogliamo liberarcene. Vogliamo combattere nelle nostre comunità quelle differenze di classe che da sempre ci rendono più vulnerabili, e quelle norme che sono alla base delle nostre oppressioni. Collettivamente, gioiosamente, sfrontatamente, anche attraverso questo Pride.

Ci vediamo in piazza nello spezzone incandescente

Il nostro spezzone avrà un carro e una carruzza, musica, molti interventi, cartelli, e tante bandiere delle nostre comunità! Vi chiediamo di non portare bandiere di partiti, sindacati, associazioni (non le portiamo nemmeno noi) perché il Pride per noi non è una vetrina per le organizzazioni, ma è lo spazio di visibilità e rivendicazione delle persone LGBTQIAPK+. Welcome Bi, A-spec, enby, e altre meraviglie solitamente invisibilizzate!

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