"Basta fare campagna elettorale sulla nostra pelle"

Padova - I negozianti stranieri contro il Comune

14 / 5 / 2009

Protestano perchè le loro attività sono soffocate, perchè faticano a pagare l'affitto, perchè i clienti scarseggiano. Ma non è la crisi a mettere in ginocchio gli esercizi commerciali gestiti da cittadini stranieri di via Malta, via Buonarrotti, via Annibale da Bassano, via Trieste, o quelli della zona Stanga. Sono le ordinanze dell'aministrazione comunale.


La campagna elettorale per le elezioni amministrative sta entrando nel vivo, la sicurezza, come sempre, uno dei temi sui quali la battaglia non ha regole, i migranti e l'immigrazione, ma questa non è certo una particolarità padovana, sono vittime sacrificali.

Già lo scorso anno una serie di ordinanze aveva colpito un gruppo di negozi del retro stazione, ma l'impugnazione del provvedimento davanti al tribunale amministrativo, aveva portato alla revoca del dispositivo. La guerra dell'amministrazione comunale contro inegozi etnici, condotta in sinergia con la Polizia come camapagna di presentazione per l'insediamento del nuovo Questore, aveva suggerito la riproposizione dei divieti già nei giorni immedatamente successivi alla pronuncia del giudice.

Oggi il numero dei negozi colpiti dalle ordinanze si allarga. I punti contestati dei provvedimenti sono la chiusura anticipata ed il divieto di vendita di bevande alcoliche (ordinato anche ad esercizi che mai hanno venduto alcolici). Si tratta soprattutto di negozi di alimentari o di fast food a cui viene negata la possibilità di esercitare proprio negli orari centrali. Non sono in molti a mangiare kebab come merenda al pomeriggio.

I negozi nelle ore pomeridiane sono vuoti, la clientela, composta soprattutto da lavoratori, arriva solitamente dopo il turno di lavoro.
Dalle 19.30 sulle zone in questione cala il sipario e le conseguenze sono ovvie. Ma non per tutti, perchè gli esercizi commerciali gestiti da italiani possono tenere aperto e vendere comunque alcolici.

In una conferenza stampa tenutatasi sotto Palazzo Moroni, il Comune, una decina di negozianti in rappresentanza di tutte le cosiddette "zone calde" della città, sostenuti dall'Associazione razzismo Stop, hanno denunciato gli abusi che stanno subendo.

Tra tutte la storia di victor è emblematica. Proprietario di una sala giochi in via Annibale da bassano, ha atteso 14 mesi perchè il comune concedesse l'autoorizzazione ad avviare l'attività, periodo durante il quale ha continuato a pagare un affitto di circa 3mila euro al mese. Poi, dopo la concessione della licenza, subito l'ordinanza comunale che disponeva la chiusura della sala giochi alle 19.30. Un duro colpo per l'attività di Victor che si è visto costretto a chiudere. Ma la sua vicenda non finisce qui perchè Victor è prprietario di un secondo negozio, un bazar alimentari nella famigerata via Cairoli, un vicolo di 50 metri che per la stampa padovana e per l'amministrazione comunale p riuscito a diventare un nuovo Bronks.

Retate quotidiane con veri e propri rastrellamenti. Chi viene fermato viene automaticamente accompagnato in questura, anche se in possesso di regolare permesso ("se è in regola di cosa ha paura" ci rispondeva un commissario qualche tempo fa mentre contestavamo l'accompagnamento coatto alla stazione di polizia di due migranti in possesso del permesso di soggiorno). Ore di controlli, giornate perse inutilmente a spiegare agli agenti la loro esistenza, così i clienti di Victor cominciano a girare alla larga dal suo negozio visto che da giorni i mezzi di Polizia, esercito e carabinieri sono parcheggiati a rotazione davanti alla sua entrata.

I miei clienti vengono dopo il lavoro, in molti ovviamente non hanno il permesso ma non per questo sono criminali, altri invece sono in regola ma non vogliono sopportare i controlli di ore, così anche questa mia attività va male ora".

Tranquillo Victor, abbassati i riflettori su via Cairoli scompariranno anche i presidi di Polizia salvo essere riproposti ad ogni buona occasione. E' la sfortuna di vivere nelle vie in cui la politica sceglie di giocare la sua campagna elettorale.