Padova – Arresti domiciliari per due attivisti dei movimenti sociali e sindacali: rifiutato l’affidamento

14 / 6 / 2016

Questa settimana il giudice di sorveglianza si è espresso in merito all’affidamento ai servizi sociali per Enrico e Marco, condannati per un reato contestato nel 2009. Per entrambi i casi il giudice ha sentenziato il diniego dell’affidamento e la condanna ai domiciliari per cento giorni. Nonostante i due attivisti abbiano un’attività lavorativa molto intensa durante il periodo estivo, che rischia di essere compromessa dalle misure cautelari, il tribunale ha deliberato per questa opzione facendo leva sulla totalità dei reati contestati ai due attivisti nel periodo temporale che va dal 2009 a oggi. Dal punto di vista giudiziario, le argomentazioni del Giudice – che hanno dissentito anche con il parere favorevole all’affidamento del PM – vanno nella direzione della criminalizzazione del dissenso, superando l’assunto dell’innocenza fino a prova contraria: i reati cui ha fatto riferimento la sentenza sono ancora in fase di dibattimento o di indagine. Il solo fatto di essere indagati porta con sé il marchio indelebile della colpevolezza a priori per la quale si è considerati dei “soggetti pericolosi”, dunque meritevoli di misure restrittive della libertà anche quando queste compromettono il pieno sviluppo delle attività professionali e relazionali.

In generale, la deliberazione del tribunale si inserisce nel solco di una tendenza giudiziaria, osservabile sul panorama nazionale, che mira ad affibbiare dei provvedimenti punitivi maggiormente limitanti della libertà personale per gli attivisti dei movimenti, scavalcando in alcuni casi la garanzia del dibattimento (misure preventive), oppure non riconoscendo l’affidamento o un alleggerimento della pena semplicemente perché vi sono altre indagini in corso.

La campagna “La libertà non si misura” ha l’obiettivo di sensibilizzare la società civile rispetto a questa torsione della procedura penale e del diritto che stiamo subendo in Italia; una torsione che di fatto sta mettendo a repentaglio le tutele e i diritti civili che pure sarebbero sanciti dalla nostra Costituzione e dai Trattati internazionali. Basti pensare al caso di Alessio, attivista anconetano dello sport popolare e dei centri sociali, che alcune settimane fa si è visto parimenti rifiutare l’affidamento per fuoriuscire da quell’istituzione totale, e disumana, che è il carcere. Un altro esempio più vicino nel tempo, accaduto la scorsa settimana,  riguarda Luca Casarini, punito con una condanna ai domiciliari per l’occupazione di un’abitazione a Mestre più di quindici anni fa. Non è un caso che il giudice che ha sentenziato la condanna per Luca sia lo stesso che ha negato l’affidamento a Marco ed Enrico: questa è la riprova che una tale cultura giurisprudenziale, in alcune città più che in altre, trova i suoi teorici e i suoi rappresentanti nelle sedi dei tribunali.

Inutile ribadire che non saranno di certo le ennesime decisioni autoritarie a fermare il nostro attivismo politico, a bloccare la richiesta di giustizia sociale a Padova come nel resto di Europa al fianco dei lavoratori, dei migranti, degli studenti. La fame di libertà e di lotta contro le diseguaglianze, di qualsiasi genere esse siano, non può essere costretta dalle sentenze di un’aula di tribunale. 

 Centro Sociale Pedro - Adl Cobas