No Dal Molin, una festa per la pace

9 / 9 / 2010

Fino a domenica si svolge la quarta edizione del Festival. Sabato prossimo gli attivisti discuteranno di temi globali in previsione di Cancun.

Partiamo da un dato di fatto: quella che doveva essere la più grande e importante base militare Usa in Europa diventa una cattedrale nel deserto. Aver costretto gli statunitensi a rinunciare alla pista per gli aerei militari, e conquistare uno spazio per e della città, è una vittoria di tutti coloro che si sono mobilitati contro la base. I soldati USA saranno costretti a rimanere asserragliati dentro la base, a noi piace respirare l’aria della libertà e vivere negli spazi aperti. E con il Parco della Pace sono loro ad essere circondati… Altro che finita, la vicenda del Dal Molin non ha ancora visto passare i titoli di coda.

Queste parole, catturate durante il dibattito “Parco della Pace, bene comune”, che ha aperto ufficialmente il 4° Festival No Dal Molin di Vicenza (www.nodalmolin.it), sintetizza al meglio lo spirito dell’appuntamento berico. Un festival ricco di riflessioni a più voci, per cercare di analizzare il presente e, per quanto possibile, prefigurare il futuro. Rispetto agli altri anni, oggi c’è un elemento in più su cui approfondire la discussione. Dopo una lotta instancabile, generosa, che ha visto la partecipazione di migliaia di donne e uomini, la comunità vicentina ha praticamente costretto gli Usa a limitare la propria propria presenza, strappando alla militarizzazione un’ampia fetta dell’ex aeroporto Dal Molin, che negli iniziali progetti statunitensi era considerata parte integrante della base militare. Proprio in questi giorni è circolata la notizia che l’esercito Usa avrebbe deciso di costruire a Pisa quella pista aereoportuale che doveva sorgere a Vicenza. Contrariamente ai desideri statunitensi, lì dove era prevista la costruzione di una nuova pista per gli aerei militari sorgerà invece un parco. Il nome lo avevano già trovato da tempo gli stessi vicentini: Parco della Pace. Dopotutto, questo obiettivo gli attivisti del Presidio No Dal Molin se l’erano già posto fin dalla prima edizione del loro festival. Era il 2007 quando migliaia di donne e uomini, partiti dai tendoni di Caldogno, giunsero davanti ai cancelli dell’aeroporto. Un corteo d’altri tempi ma suggestivamente proiettato al futuro, che avrebbe fatto la gioia di Pellizza da Volpedo, con alla testa centinaia di piccoli alberelli portati da manifestanti per essere piantati dentro il Dal Molin. Un gesto simbolico di rispetto verso la Madre Terra, che ha colpito e si è radicato nell’immaginario collettivo della città. Quel messaggio, quella speranza, oggi si tramuta in realtà.

Si apre una fase nuova, dicono i vicentini. Lo si nota anche dalla progressiva trasformazione dello storico logo, quello dell’aereo sbarrato, che ora viene piano piano sovrastato da una grande foglia verde stilizzata. L’allusione è evidente: dove qualcuno voleva fare una pista per aerei militari adesso prenderà vita uno spazio comune dei vicentini. Più chiaro di così.

Questo è il nodo centrale della discussione, quindi. Il primo dibattito, sul Parco della Pace come bene comune (quello di cui si accennava all’inizio), ha messo a confronto le varie anime che compongono il movimento No Dal Molin. Un dibattito stimolante sul che fare, a fronte di questa conquista. Cosa si vuole che diventi il parco? Uno luogo asettico o piuttosto uno spazio pensato, gestito e vissuto dalla città? Quale senso si vuol dare ad uno spazio comune, conquistato dalla cittadinanza, dedicato ai valori della pace, della democrazia, della solidarietà, quando poco più in là sorge una struttura di guerra? Domande suggestive, che aprono una riflessione profonda all’interno del movimento, perché si pongono l’ambizioso obiettivo di individuare le strade da percorrere d’ora in avanti, andando oltre una semplice (o semplicistica) gestione del presente.

Con un ragionamento del genere, e con la capacità dimostrata in questi anni dai vicentini di tenere legata la loro vicenda alle dinamiche globali, e non in balia di egoismi localistici alla leghista, trova naturale collocazione all’interno del Festival stesso la riunione nazionale di RIGAS, la Rete Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale (http://reteambientalesociale.wordpress.com/). L’11 settembre, sotto i tendoni dei No Dal Molin, da tutta Italia si ritroveranno gli attivisti delle decine di comitati, movimenti, organizzazioni che hanno dato recentemente vita alla rete, per discutere di temi globali e di vertenze territoriali in vista della riunione del Cop16, la Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, che si terrà a Cancun tra fine novembre e l’inizio di dicembre. La riunione di RIGAS cercherà di creare una sorta di road map di avvicinamento progressivo all’appuntamento in Messico, coniugando capacità di elaborazione e efficacia nelle azioni sul territorio, così come successe ai primi di agosto quando gli attivisti dell’associazione Ya Basta rasero al suolo un campo illegale di mais transgenico, che fece addirittura esplodere un conflitto istituzionale tra il ministro per le politiche agricole, ed ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, ed il suo successore in laguna, il leghista Luca Zaia.

Anche quest’anno l’appuntamento vicentino diventa quindi snodo importante, e non solo a livello locale, per discutere di temi legati al territorio e al loro impatto con il globale. Perché, come ricordano sotto i tendoni del festival, è sempre tempo di osare la speranza.



articolo tratto da Terra - Quotidiano Ecologista del 7 settembre 2010