La vicenda Ganzer, il capo del Ros per cui la magistratura ha chiesto una pena di 27 anni di reclusione per spaccio internazionale di stupefacenti, riporta nuovamente alla luce uno dei lati oscuri della nostra mediocre Italia : chi controlla i controllori ?
Marco Rigamo si chiede quando
ci libereremo mai di Ganzer. Una domanda legittima che va inserita in un
contesto molto più articolato che riguarda il tema della corruzione nelle forze
dell’ordine ed in particolar modo nell’Arma dei Carabinieri.
Un corpo santificato da qualcuno come i paladini della lotta alla criminalità
organizzata, ma che la vicenda Ganzer e tante altre che meritano lo spazio di
un flash nei telegiornali, ci aiutano a comprendere come sia uno dei corpi più
oscuri e maggiormente legato ai peggiori traffici nel nostro paese.
I Carabinieri nel nostro paese sono tutt’altro che una “vicenda da barzelletta”, come si lamentava qualche anno fa l’ex
deputato di Alleanza Nazionale Filippo Ascierto. Proprio lui, presente nella
centrale operativa di Genova durante il G8, proclamava la necessità di un
riscatto morale della figura del carabiniere nell’immaginario collettivo del nostro
paese. Non più soggetti da barzelletta ma sentinelle dell’ordine morale,
giuridico e…evidentemente politico.
La vicenda Marrazzo, con due
integerrimi della benemerita Luciano Simeone e Carlo Tagliente, che facevano
irruzione in un appartamento di Via Gradoli a Roma in cui Marrazzo si
intratteneva con la trans Brenda, giravano un filmato con il telefonino,
introducevano cocaina nella stanza riprendendo i due nudi e la striscia di coca
accanto al tesserino del ex governatore del Lazio, salvo poi sparire subito
dopo e farsi vivi per ricattare Marrazzo, ci raccontano solo uno degli
innumerevoli episodi in cui i Carabinieri sono stati coinvolti di recente nelle
trame di potere del nostro paese.
Da Placanica a Via Gradoli, dal maresciallo Truglio a Ganzer, sono fin troppi
gli elementi che dovrebbero portarci a comprendere come “l’ambiente” dei
carabinieri sia denso di oscuri misteri e di trame fin troppo chiare per non
essere lette come quelle di un braccio armato degli affari sporchi nel nostro
paese. Un mondo che risulta complessivamente corrotto e fin troppo contiguo con
quelli che sono gli ambiti criminali che dovrebbe “debellare”.
Alcuni esempi ci aiutano a capire come non esista un esclusivo utilizzo del
corpo dell’arma per quelle che sono trame oscure e complotti che si potrebbero
inserire nell’ambito di uno scontro tra poteri forti, assolutamente vivo nel
nostro paese.
Ganzer è accusato sostanzialmente di aver fatto carriera favorendo il traffico
internazionale di stupefacenti per poi arrivare al sequestro della merce senza
mai individuare i pesci grossi, e garantendosi in questo modo, grazie alla
platealità delle sue operazioni una folgorante carriera.
Carabinieri e criminali in affari, per agevolare gli uni nella carriere e
sull’aspetto economico e non disturbare gli altri nei loro traffici.
E’ quello che in questi ultimi anni è venuto fuori costantemente…
Il 15 marzo scorso la DDA
di Napoli ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 4
Carabinieri in forza al comando provinciale di Napoli. I 4 sarebbero stati
stipendiati dal clan degli scissionisti per favorire gli stessi informandoli
delle attività investigative nei loro confronti. Nelle intercettazioni
telefoniche emerge come i carabinieri avvisavano i fratelli Ciro e Giuseppe
Bastone, capipiazza degli scissionisti, sulla presenza di telecamere in prossimità
delle piazze di spaccio e dei movimenti investigativi nei loro confronti. In
cambio uno stipendio da 500 euro al mese e regali. Anche cocaina “per un amico avvocato”, oppure una
collaborazione in un omicidio. Due dei quattro carabinieri infatti avrebbero
prelevato due esponenti del clan rivale che sono stati poi uccisi dagli
scissionisti. 250 mila euro a testa il guadagno dell’affare insieme agli
scissionisti.
La stampa ufficiale dedica poco più di poche righe di commento a questi
episodi, e quasi mai vengono rivelati i nomi dei carabinieri coinvolti.
Qualche volta i nomi trapelano come nel caso del Maresciallo Alfredo Bolognesi
comandante della stazione di Pinetamare, arrestato pochi mesi fa, stipendiato
dal clan dei casalesi fino a 1.000 euro di retribuzione mensile piu’ gli extra
ed i regali. Bolognesi favoriva il clan più sanguinario della camorra
agevolando le attività di spaccio e di gioco d’azzardo di Maurizio Brancaccio,
cugino di Antonio Iovine detto “O’Ninno”, che insieme a Michele Zagaria è senza
dubbio il capo dei casalesi.
Il Maresciallo Bolognesi rivela ai casalesi i nomi degli esponenti del clan
prossimi all’arresto consentendogli la fuga, favorisce truffe assicurative e
chiede ai suoi “amici” che qualcuno dei loro si consegni nelle sue mani per
poter fare carriera. La storia di Bolognesi raggiunge l’apice quando lo
stesso denuncia alla procura militare un collega, Vincenzo Davide della caserma
di Castelvolturno. Bolognesi segnala alla procura militare una serie di atti
illeciti e di complicità con i casalesi che in realtà sono stati commessi da
lui stesso addebitandoli a Davide. Subito dopo la denuncia di Bolognesi arriva
una lettera anonima che accusa proprio Davide di essere stipendiato dai
casalesi. Il maresciallo Davide non ha idea ci cosa si celi dietro quella
lettera anonima. La sola colpa del maresciallo Vincenzo Davide è quella di aver
negato a Bolognesi alcune informazioni che avrebbe dovuto poi girare agli
esponenti dei casalesi.
I Casalesi a dispetto dei proclami del Ministro Maroni, sembrano avere una
certa dimestichezza nel riuscire facilmente a corrompere i Carabinieri. Il 27
aprile del 2009 tre militari dell’arma vengono arrestati per essersi introdotti
abusivamente nel server del Ros di Napoli ed aver preso informazioni che
riguardavano una importante indagine proprio sul conto dei casalesi, favorendo
il figlio di Francesco Schiavone detto Sandokan già in carcere.
Un sistema di corruzione che possiamo dire senza dubbio di non recente
comparsa. Era il 2000 quando una analoga operazione – come tutte quelle citate
fino ad ora avvenute solo in seguito a dichiarazioni di pentiti – portò
all’arresto di altri due Carabinieri insieme a due ispettori di Polizia.
Angelo Stellato e Pietro Campagna, carabinieri in lotta teoricamente contro la
camorra, erano stati al soldo dei casalesi durante gli anni novanta quando
prestavano servizio presso gli uffici di Polizia Giudiziaria ad Aversa.
Riferivano la disposizione dei controlli delle forze dell’ordine nella zona di
Casal di Principe, avvertivano il cartello criminale prima delle operazioni di
arresto, omettevano i controlli per gli affiliati agli arresti domiciliari.
Un vero e proprio sistema di corruzione che vedeva i carabinieri – così come
innumerevoli poliziotti tra l’altro – al soldo della camorra. Forse quando
pensiamo che anche le pietre sanno dove sono le piazze di spaccio a Napoli e
che le stesse funzionano a pieno regime 24 ore su 24, cominciando a vedere il
fenomeno da questa prospettiva, riusciamo a darci una risposta forse
meno politically correct ma senza dubbio più vera.
Un’altra indicazione ce la dovrebbe dare la composizione delle forze
dell’ordine che invece i camorristi li arrestano davvero. E’ il caso della
caserma dei Carabinieri di Castello di Cisterna in provincia di Caserta. In
ogni operazione contro la camorra a compiere indagini e arresti sono i
Carabinieri di Castello di Cisterna. Se c’e’ da arrestare a Napoli o a Caserta,
a Casal di Principe o a Secondigliano ad intervenire sono sempre loro.
Chissà se sono i più bravi di tutti o forse è una delle poche caserme in cui la
corruzione non è ancora dilagata…
I principali alleati dei clan sono proprio le forze dell’ordine ed i fatti
sopra citati sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che confermano questa
chiave di lettura. Il ministro Maroni potrà parlarci all’infinito di “criminalità debellata”, potranno dirci
che ogni tizio residente a Casal di Principe che arrestano e’…”il vero capo dei casalesi”…ma i fatti ci
raccontano che le collusioni tra controllati e controllori ci forniscono un
elemento difficilmente demolibile per capire che i “proclami” del Ministero
altro non sono che mera propaganda.
Carabinieri nei complotti e nelle trame degli scontri tra poteri forti,
carabinieri al soldo dei criminali, ma questi bravi ragazzi tra una tangente da
un camorrista ed un ricatto commissionato da un potente dovranno pur svagarsi ?
Lo fanno nelle caserme con il primo povero cristo che finisce nelle loro mani.
Di Aldrovandi, Bronzino, Cucchi (anche lui fermato prima dai Carabinieri) e
tanti altri in molti hanno già raccontato.
In pochi – tranne L’Unità - hanno raccontato la vicenda di Giuseppe Uva e
Alberto Biggiogero. Nel giugno del 2008 Uva e Biggiogero vengono fermati da una
volante dei Carabinieri a Varese. I due sono in stato d’ebrezza ed al momento
del fermo nasce una colluttazione con i carabinieri perché Uva riconosciuto da
uno dei militari proverà a scappare. Portati in caserma vengono separati. Biggiogero
sente per due ore le urla di Uva che viene massacrato da 6 carabinieri in
servizio. Riesce addirittura a chiamare con il suo cellulare il 118 del pronto
soccorso dell’ospedale Circolo, ed anche suo padre che giunge in caserma quella
notte si offre ai militari per accompagnare Uva in ospedale. I Carbinieri
rispondono agli operatori del 118 che avevano chiamato in caserma dopo la
telefonata di Biggiogero che non c’è nessun bisogno di un’ambulanza alla
caserma di Via Saffi. All’alba giunge in caserma un signore che viene chiamato
“il dottore”. Alle 8:30 del mattino i carabinieri portano Uva in ospedale per
un TSO - trattamento sanitario obbligatorio - e viene ricoverato nel reparto
psichiatrico del nosocomio. Alle 10:30 viene constatata la morte per arresto
cardiaco. A Giuseppe Uva in quella caserma sono stati somministrati farmaci
controindicati in caso di eccesso di alcol. Nessuno si preoccupa in ospedale di
fare un’autopsia come si deve, nessuno si preoccupa di verificare quelle
echimosi sul naso e sulla schiena di Giuseppe Uva. Nessuno si preoccupa di
verificare quelle chiazze di sangue presenti nella zona anale, così come
nessuno sa spiegare dove siano finiti gli slip di Giuseppe Uva. Sotto inchiesta
ci finiranno i medici, mentre per i carabinieri nessun provvedimento è stato
emesso.
Al servizio dei potenti per gli affari sporchi, al soldo dei criminali e dei
narcotrafficanti per soldi e carriera e con la licenza di uccidere nelle
caserme per sfogare la frustrazione da tanto lavoro….
E guai se qualcuno di loro provasse davvero a fare il suo mestiere…
Il caso ancora una volta ci porta dalle parti di Guido Bertolaso.
Il capitano Sergio De Caprio è da tutti conosciuto con il nome di Capitano
Ultimo, famoso a seguito dell’arresto di Totò Riina. E’ proprio il capitano
Ultimo che avvia le indagini e le attività investigative con la procura di
Tempio Pausania in merito all' inchiesta sugli appalti del G8 alla Maddalena.
Chiede a più riprese di poter intercettare i telefoni di Diego Anemone, Angelo
Balducci, Fabio De Santis e Mauro della Giovanpaola. Ma ad autorizzare Ultimo
doveva essere l’ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, anche lui finito
nell’inchiesta di appaltopoli solo
mesi dopo, con l’inchiesta che veniva condotta in gran segreto dalla Procura di Firenze.
Ultimo fu esautorato dall’inchiesta. Ed ora è a dirigere il Nucleo Operativo Ecologico del Lazio. Le intercettazioni saranno poi seguite dalla “ammaestrata” Guardia di Finanza di Roma dove c’era il maresciallo Marco Piuniti, anche lui finito nell’inchiesta, e al soldo di Diego Anemone.
Insomma non è concesso di andare sopra le righe rispetto a quelli che appaiono ormai come dei comportamenti collaudati da tenere nel corpo dell’arma.
Ci si chiede quando ci
libereremo di Ganzer ma forse è più opportuno chiedersi quando ci libereremo
dai Carabinieri. Quando nei media main stream finalmente si cominceranno a dare
notizie sulla corruzione, sulla complicità nelle trame oscure, sugli abusi e
gli omicidi commessi dai Carabinieri. Quando finalmente qualcuno proverà a
mettere insieme - come si prova a fare qui e nell’editoriale di Marco Rigamo su
Ganzer - una serie impressionante di episodi che riguardano i Carabinieri.
Si presupporrebbe di essere in un paese dove la stampa è libera.
Scusate…dimenticavo che siamo in Italia…
In Italia dove i carabinieri sono “nei
secoli fedeli”.
A chi non è molto chiaro…
“…ognuno ha la sua parte… dall’altra di
guardia… i carabinieri nei secoli a chi fedeli ? ”
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