Nasce a Padova un’Aula universitaria “comune e autogestita”

14 / 11 / 2017

Dopo settimane di vertenza con le istituzioni dell’Ateneo patavino, da ieri il Collettivo SPAM ha ufficialmente conquistato la possibilità di gestire, in maniera autonoma e comune, un’aula all’interno dell’Università. Si tratta di una vertenza che apre un varco importante nella rottura dei dispositivi di mercificazione portati avanti dalla governance universitaria nell’ultimo decennio, in particolare dall’attuazione della cosiddetta riforma Gelmini. Di seguito il comunicato del Collettivo.

Da ieri a Padova, come in altre università italiane, esiste un’aula “comune autogestita”. Questo spazio nasce per rispondere a tutte le esigenze degli studenti che vanno al di là della concezione di università come esamificio. L’Università degli Studi di Padova non si è mai occupata di pensare allo studente come persona e delle necessità che trascendono il tempo trascorso in luoghi destinati all’assimilazione didattica: è il caso di iniziare a farlo.

Come collettivo SPAM ci siamo a lungo interrogati su come rendere gli spazi universitari a misura di studente, non solo a misura di lezione. Da tre anni è stata aperta la cosiddetta “Cittadella dello Studente”, un polo contente la sede e la biblioteca di Psicologia, il Centro Linguistico d’Ateneo, la residenza ESU “Piovego” e un edificio da aprire completamente che vedrà al suo interno la più capiente aula magna dell’Università di Padova. In tutto questo c’è una visibile mancanza: uno spazio ad hoc per l’interazione e la socializzazione studentesca.

Da inizio anno ci troviamo due volte a settimana all’interno della “Cittadella” per il Recupranzo e per l’assemblea del collettivo. La prima iniziativa nasceva dalla necessità di fornire un’alternativa alla malagestione delle mense (esternalizzazioni e prezzi esagerati) e introdurre pratiche di riduzione dello spreco alimentare, recuperando le eccedenze di alimentari e mercati ortofrutticoli. Come collettivo  abbiamo voluto creare una spazio pubblico di discussione e confronto fra studenti all’interno delle strutture universitarie, per comprendere come risolvere i nostri problemi a partire da noi.

In questi mesi abbiamo svolto le nostre attività nel cortile che abbiamo visto sempre molto vissuto, oltre che attraversato. Con l’arrivo del freddo è diventato necessario capire come dare continuità a questa socialità in uno spazio riscaldato e al chiuso. A questo punto abbiamo intavolato una discussione con i responsabili delle strutture cercando di trovare una soluzione concreta per risolvere il problema della mancanza di uno spazio comune. Infatti tantissimi studenti hanno solidarizzato con noi quando abbiamo posto la necessità di poter avere uno spazio dove potersi almeno scaldare il proprio pranzo al sacco evitando di consumarlo al freddo o sulle scale. Ieri finalmente ce l’abbiamo fatta!

Abbiamo proposto di utilizzare a questi fini un’aula che negli ultimi tre anni è rimasta vuota e utilizzata al massimo una decina di volte per rinfreschi di conferenze o feste studentesche. I responsabili del polo, capita la necessità degli studenti e riconosciuta la validità della proposta, hanno accolto la richiesta, dopo aver richiesto formalmente dei nominativi di studenti referenti dell’aula nell’orario d’apertura.

Da sempre pensiamo che la totalità di un individuo non sia riassumibile dal suo ruolo sociale. Lo studente deve costruire la sua esperienza universitaria a 360° in tutti gli spazi della città che lo accoglie; siano le piazze, siano le strutture dell’Università. Esperienza che non si riduca alla mercificazione del sapere, ma che sappia arricchirsi di momenti di crescita, confronto e condivisione  orizzontali e spontanei. Un’aula “comune” permette un’accelerazione di processi in cui ci si emancipa rispetto all’imposizione di una dimensione univoca dello spazio-tempo; come ad esempio un’aula per lezioni, quindi destinata alla trasmissione di sapere (più o meno nozionistico), o un’aula studio. Anche la creazione  di un bar esternalizzato a un privato attraverso un bando, progetto che tuttora pende sul destino dello spazio in questione, non crea questa opportunità. Anzi rischia di riprodurre pratiche escludenti dettate dalla logica del profitto. In antitesi a questo troviamo gli spazi intesi come beni comuni che sono costitutivamente l’antitesi di ogni privatizzazione.

Da oggi parte la vera sfida: ora che c’è lo spazio bisogna riempirlo di iniziative e progetti per dimostrare la necessità di toglierlo alla mentalità speculativa dei privati.

Vogliamo ringraziare tutti gli studenti che hanno partecipato a questa battaglia e i responsabili che l’hanno capita. È necessario che adesso gli studenti si mettano in gioco in prima persona nell’autogestione e che i dirigenti dell’università comprendano che in quello spazio non serve un altro bar, serve un’aula “comune autogestita”.