Napoli - Welcome Refugees: accoglienza e solidarietà nella città rifugio

26 / 10 / 2016

Sono 465, oltre alla salma di una donna di 24 anni in stato di gravidanza, tra cui un centinaio di minori non accompagnati le persone sbarcate la mattina del 24 ottobre, intercettati a largo delle coste di Malta e portate a Napoli dopo 5 giorni di mare. 
Gli uomini, donne e bambini arrivati al porto provengono principalmente dalla Somalia, dove gli ultimi combattimenti a Galcaio hanno portato 75.000 abitanti a lasciare le proprie case, e dall’Eritrea, paese in cui secondo l’Onu avvengono “violazioni dei diritti umani sistematiche e diffuse”.

Ecco come in una domenica mattina concetti fino questo momento dal carattere sostanzialmente evocativo come l’idea di una Napoli metropoli dell’accoglienza e quella delle città rifugio contro l’Europa delle barriere sono stati messi alla prova. Messi alla prova da centinaia di donne e uomini, tra cui tanti adolescenti, sbarcati nel porto della città, e non nella relativamente lontana Lampedusa o sulle coste pugliesi. 465 persone con cui fare i conti sul serio. Sono passati solo pochi giorni, ma la reazione che ha avuto la città è stata straordinaria. L’immagine del vicesindaco di Napoli che stende il tappeto cerimoniale del comune di fronte ai migranti è forte, ma parliamo di un processo, appena iniziato per carità, di cui l’amministrazione è solo l’ultimo terminale.

Da subito sono arrivati i primi soccorsi e assieme alle decine di gazebo della protezione civile, ai medici della asl, tanti cittadini si sono diretti al porto, attivisti, associazioni, ma anche tante e tanti che spontaneamente hanno deciso di portare la loro solidarietà nella forma di generi alimentari, abiti, medicine.

Quando i profughi sono stati portati in questura per i riconoscimenti, prima di essere trasferiti nei centri di accoglienza sparsi per la regione, hanno trovato un presidio pronto ad accoglierli con uno striscione che recitava “Welcome Refugees, Napoli is your home”.

Per i minori non accompagnati invece, il Comune ha messo a disposizione delle strutture, in particolare il polifunzionale di Marechiaro a Posillipo. Anche qui la macchina della solidarietà si è avviata rapidamente e in maniera spontanea, fino a portare l’Assessorato alla politiche sociali del comune di Napoli a chiedere ai cittadini di fermarsi, perché gli aiuti portati, beni di prima necessità soprattutto, non solo erano sufficienti, ma erano addirittura eccessivi.

Quello di cui abbiamo parlato è un quadro che felicemente stona clamorosamente con le terribili immagini di Gorino, nel ferrarese, dove l’arrivo di 12 donne e 8 bambini è stato contestato duramenti da alcuni degli abitanti del paese. 
Ora, la città di Napoli ha superato la prima prova, quella emotiva, di pancia, lasciando i media ad occhi aperti e certi populisti con la bile nello stomaco, ma siamo solo ad un primo passo, se anche straordinario. Ora ci sono pratiche da sperimentare e strade inesplorate da percorrere e ridefinire un metro alla volta.

Starà all’autorganizzazione cittadina, con il sostegno di un’amministrazione comunale anomala che ha fatto di “accoglienza” e “solidarietà” alcune delle parole d’ordine principali della politica napoletana, trovare formule concrete di sostegno ai migranti che sono arrivati e che soprattutto arriveranno nel prossimo futuro. 
L’occasione è importante, vitale. In palio non c’è solo la posta importantissima delle vite di chi ha cercato e cercherà rifugio a Napoli, in palio c’è la messa in pratica di un modello solidale di gestione dell’accoglienza, che come Barcellona e altre esperienze europee sappia opporsi, oltre il piano evocativo, in maniera concreta da un lato alle politiche criminali dell’Unione Europea, che stringe accordi con i peggiori dittatori mediorientali per contenere i flussi migratori, e dall’altro ai populismi che creano consenso attorno alla xenofobia.

In questi mesi che attendono la città di Napoli si dovrà dare forma alla città rifugio di cui abbiamo parlato tanto in passato. Intanto un primo tentativo di organizzazione di questa enorme energia solidale che si sta liberando in città si terrà al centro sociale Mezzocannone Occupato alle 10:30 del prossimo sabato, dove si comincerà a discutere delle strade da percorrere e delle forme migliori per fare di Napoli la città rifugio di cui abbiamo parlato tanto.

(Stefano Di Stasio e Dylan Di Chiara, Attivisti del Laboratorio Insurgencia, Napoli)