La nostra prospettiva nel 6D: ricomporre il dissenso, costruire alternativa
Noi constatiamo che, per un anno, il governo Monti ha provato a costruire l'immagine di un paese pacificato. Un paese in cui diritti conquistati in decenni di lotte potevano essere cancellati senza che nessuno provasse ad opporsi. Quest'autunno, finalmente, i conti sono saltati.
Con il 12 novembre a Napoli, il 14 in tutta Italia e poi – con un'inedita capacità di tenere assieme una prospettiva complessiva ed un lavoro territoriale – ogni volta che in qualche città esponenti del governo sono venuti a portare il verbo dell'austerity, iniziative organizzate dal basso - in maniera partecipata e radicale - hanno saputo portare in piazza le voci di quel 99% che paga la crisi. Un`agitazione animata da più segmenti sociali che si riconoscevano nel rifiuto del rigore, della macelleria sociale agita in nome della crisi, che reclamava diritti,welfare e reddito come alternativa ai tagli, alle dismissioni del patrimonio pubblico, all'attaco molteplice che subivano la scuola pubblica, il mondo del lavoro, gli enti locali, la sanità.
In tale contesto, la maturità del movimento studentesco - protagonista in questa tornata di opposizione sociale - è stata quella di proporsi da subito non come insieme di soggettività autonome e slacciate dai processi reali di impoverimento metropolitano, ma come frammento di quel tessuto sociale al quale si imponevano sacrifici odiosi e classisti in nome dell'unità nazionale. Una soggettività collettiva indisponibile alle retoriche giovaniliste che volevano armare una generazione – quella precaria, inoccupata, serbatoio del lavoro nero – contro quella dei genitori che (questo hanno ripetuto i vari Marchionne e Fornero) aveva troppo.
Proprio questa tensione ricompositiva, più complessa di ogni semplificazione studentista, ci porta ad individuare nella data del 6 dicembre – sciopero generale della FIOM – un momento di dissenso che, intanto, ci riguarda. Ci riguarda non in nome di una solidarietà estranea che dagli studenti e dai precari andrebbe verso il mondo del lavoro strutturato. Ci riguarda perché individuiamo, in quella classe operaia che si vorrebbe rimuovere dal dibattito come un relitto storico o un errore del sistema da correggere per riportare a più nobili condizioni servili, lo stesso pezzo di mondo aggredito dall'azione predatoria del capitalismo finanziario che ha avuto e sta avendo, nella crisi, uno strumento di rinegoziazione del piano complessivo di diritti e di definitiva dismissione dello stato sociale. Ci riguarda, più ancora, alla luce di quel dato segnatamente territoriale che hanno avuto le mobilitazioni di quest'autunno, quando con territoriale non si è inteso localista, attento solo alle proprie mini-questioni, ma invece capace di opporsi ad una crisi che si voleva astratta, imparziale, uguale ovunque ed uguale per tutti. Territorialità, cioè, come attenzione alle specificità con le quali le crisi si traduceva in ogni luogo, in ogni regione, producendo effetti differenti e differenti livelli di emarginazione, povertà e disperazione sociale.
Ed allora, per noi, lo sciopero generale della FIOM non può che parlarci di Pomigliano, di quel laboratorio odioso che anticipava, a casa nostra, l'attacco alla democrazia sul posto di lavoro, alla contrattazione nazionale, ai diritti guadagnati non con il perbenismo dei discorsi abbottonati, ma con anni di lotte per le strade e nelle piazze. Un laboratorio repressivo che prima si voleva eccezionale, poi veniva esteso come ultimo regalo del governo Berlusconi e perfezionato dalla riforma Fornero che mandava definitivamente a casa l'articolo 18. Disegno, questo, che ha saputo tenere insieme tutto l'arco parlamentare e che, anzi, ha trovato nel Partito Democratico un alfiere molto più convinto e reazionario della sconclusionata destra italiana.Per questo, il 6 dicembre, saremo in piazza con la FIOM, con gli operai di Pomigliano, con quei lavoratori che finalmente iniziano ad essere reintegrati dopo mesi di discriminazione e di tentato innesco di una guerra tra poveri. Saremo in piazza, contro chi approva ogni nefandezza in nome dei giovani, delle nuove generazioni, crediamo che l'unica strada possibile sia quella della ricomposizione di tutti i segmenti che pagano la crisi, sia quella di costruire e mettere a verifica, sempre, ponti generazionali, spazi di comune tra mondi differenti, quello operaio, quello studentesco, quello delle lotte ambientali e contro il degrado delle periferie.Saremo in piazza, portando la nostra specificità, per riprenderci il futuro, contro ogni battaglia a ribasso, contro la svendita dei diritti, contro la precarietà!
La NapoliChoosySide
(da Mezzocannone_12 e Mezzocannone_14 OCCUPATE)