Passa in giunta l'avvio del processo di trasformazione del Arin da S.p.a. in Ente di diritto pubblico

Napoli - Assessorato ai beni comuni : buona la prima !

di Natalia Fuccia *

25 / 6 / 2011

La prima delibera firmata “Assessorato ai Beni Comuni del Comune di Napoli” riguarda la trasformazione dell’A.R.I.N.,la società che a Napoli gestisce il servizio idrico integrato, da s.p.a. in soggetto di diritto pubblico.

Una svolta immediata e fondamentale che non si e’ fatta attendere dopo la straordinaria vittoria ai referendum ,soprattutto dai comitati promotori che, da quasi 5 anni ormai,si battono per sottrarre l’acqua alle logiche del mercato.

Il primo atto del primo assessorato ai beni comuni della città di Napoli e’ così denso di significato politico prima ancora che amministrativo: trasformare una società per azioni,pur a totale capitale pubblico, in una di diritto pubblico significa in primo luogo impedire che la risorsa acqua venga considerata una merce ,un bene possibile oggetto di scambio ,piuttosto che un bene essenziale ed indispensabile a tutti,un diritto umano universale.

L’A.R.I.N. e’ si una società pubblica ,il cui capitale quotato  e’ interamente del comune di Napoli che ne e’ anche l’unico socio azionista ,ma e’ anche sottoposta al criterio del controllo analogo, previsto dalla legge Lanzillotta prima e confermato dalla finanziaria 2007 del governo Prodi, che impone all’amministrazione comunale di effettuare controlli diretti e penetranti sulla gestione delle stesse società, analoghi appunto a quelli effettuati su qualunque altro ufficio o ramo dell’amministrazione ,con la differenza  che questa  e’ una società per azioni,cioè  un soggetto giuridico autonomo  i cui dirigenti di nomina politica sarebbero controllati dallo stesso soggetto che li ha appunto proposti ,senza alcuna regola  di trasparenza e pubblicita’ delle attivita’ svolte,delle scelte di mercato effettuate, delle opportunità di innovazione sindacabile  dai cittadini che resterebbero  “clienti” di un servizio essenziale e non beneficiari  di un bene comune.

Queste società cosiddette” In house” nascono come modello ibrido di gestione dei servizi pubblici essenziali allo scopo di migliorarne  la fruizione e soprattutto di abbassarne i costi ,auspicando così  di ridurre  l’atavico problema dello spreco nel settore pubblico  con una piccola correzione privatistica ,quotando  in borsa una parte del capitale da cui sarà possibile ovviamente trarre degli utili. Attenzione : ma utili a chi?

Sicuramente ed esclusivamente alla società che e’ appunto per azioni e non” per i cittadini” ,cosi che i profitti guadagnati si sommano al capitale precedente senza creare ricambio ma solo accumulazione, non certo a vantaggio degli utenti che non ricevono alcuno sgravio in bolletta ,alcun risparmio sulle tariffe. Anzi le “in house “ come l’ARIN hanno il compito di gestire solo la fase della distribuzione dell’acqua e la conseguente riscossione delle bollette - il meglio insomma - lasciando il lavoro sporco di depurazione e manutenzione dell’intera rete idrica alle società speciali o consortili appositamente create sempre dal Comune e sempre con i soldi dei contribuenti. A questi organismi resta la fase più difficile ,dispendiosa e meno remunerativa dell’intero ciclo integrato,quella che determina il crescere del finanziamento  in debito di queste attività e che materializza il rischio della necessaria cessione ai privati  delle quote azionarie della s.p.a  per ripagarlo.

Il saccheggio sarà allora completo!
Avere ceduto alla retorica privatistica di parziale correzione del modello pubblico con l’apertura al mercato  per migliorare il servizio e ridurne i costi non può significare altro che averlo snaturato del tutto, creando una commistione di soluzioni tra loro incompatibili  che consegna nelle mani di qualcuno cio’ che per definizione appartiene  a  tutti.

La delibera approvata dalla giunta comunale di Napoli,che aspetta poi di passare in consiglio per la definitiva approvazione ,inverte la rotta ,segnando la trasformazione in soggetto di diritto pubblico  di una societa’ che come modello di amministrazione di un servizio essenziale prima ancora che pubblico,fa acqua da tutte le parti.

Il nuovo modello proposto invece dall’assessore Alberto Lucarelli e’ in realtà costruito sul calco di quelle vecchie società municipalizzate ,esistenti nel nostro ordinamento dal 1903,che tuttavia recavano impliciti tutti i limiti di una gestione pubblica farraginosa,opaca e clientelare e che la legge Galli del 1992 cominciò a smantellare spianando però  la strada all’ingresso dei privati. Il soggetto di diritto pubblico e’ invece un ente che resta parte integrante dell’amministrazione comunale perché strumentale alla realizzazione di servizi essenziali senza rilevanza economica come l’acqua!, che si occupa dell’intero ciclo in modo integrato sul serio perché raccoglie sia il compito di rendere omogenea su tutto il territorio di riferimento l’erogazione dell’acqua -  rendendo accessibile  a tutti il bene - ma anche il difficile compito di recuperarla ,realizzando un corretto ciclo di depurazione e filtraggio che significa risparmio prima della risorsa stessa - utilizzabile in questo modo per l’agricoltura o per gli impianti industriali - poi risparmio in bolletta.

La novità del modello proposto non è solo organizzativa, anzi. Gli aspetti più innovativi della disciplina contenuta nella delibera riguardano il diretto coinvolgimento  dei Movimenti e della cittadinanza attiva nella costruzione del percorso di ripubblicizzazione e co-gestione dell’acqua,non un semplice invito dunque a tenersi informati, ma un protagonismo diretto nelle scelte di amministrazione e di governo ,dove i cittadini e le cittadine sono coinvolti fin dal principio e costantemente lungo tutto il percorso,potendo direttamente farsi carico della formazione e dell’informazione degli altri cittadini ,nonche’ dell’educazione al rispetto dell’ecosostenibilita’ del vivere quotidiano mettendo in comune con tutti quel bagaglio di conoscenze acquisito proprio grazie alle lotte ambientali. Con l’approvazione di questa delibera si da finalmente seguito ad una proposta di legge nazionale  sulla gestione del servizio idrico integrato come bene comune, elaborata  proprio da quelli che sarebbero diventati i comitati a sostegno del referendum e che giace nella polvere dal 2007.

Non solo: la partecipazione diretta della cittadinanza alla formazione di un modello  amministrativo rende giustezza alle lotte ambientali che negli anni hanno contrastato ,rallentato ,impedito il saccheggio dei beni comuni ,restituendo finalmente dignità  e potere a chi ha impegnato direttamente il proprio corpo nella salvaguardia dell’ambiente e delle risorse primarie,attuando pratiche di conflitto contro la svendita dei diritti di cittadinanza ,promuovendo con costanza ,umiltà e perseveranza un modo diverso di intendere la partecipazione ,non vuota,formale,partitica ma viva ,consapevole e soprattutto incompatibile con soluzioni di convenienza  e di facciata .
Le analisi e le soluzioni promosse dal forum dei movimenti sull’acqua ,dai comitati territoriali,dai collettivi studenteschi hanno prodotto alternative di sistema che ora dentro le istituzioni comunali possono essere proposte e pratiche di buon governo ,innovando l’amministrazione non solo verso l’ economicità  e l’efficienza, criteri questi che per quanto utilissimi nell’economia di mercato non bastano a se stessi, ma guardando soprattutto all’equità, alla solidarietà ed  all’ecosostenibilità in un percorso  che ci vede tutti protagonisti di lungo periodo .

 

 * Commons ! - Rete dei  comitati per i beni comuni