Morire a scuola, morire per lavoro. Ultimo giorno di stage scuola-lavoro, schiacciato da un macchinario a 18 anni

22 / 1 / 2022

"Capitale umano per un sistema mostruoso". Quando si è uno studente appena diciottenne e si muore di alternanza scuola lavoro diventa difficile parlare di incidenti. Sarebbero da chiamare omicidi sul lavoro, perchè in fondo di questo si tratta.

Oltre il danno anche la beffa, infatti per Lorenzo Parelli, studente del Bearzi di Udine, si trattava dell’ultimo giorno di tirocinio e ieri pomeriggio avrebbe salutato i colleghi della Burimec di Lauzacco di Pavia di Udine. Ma all'improvviso, mentre operava su un macchinario, una putrella d'acciaio, pesante diverse tonnellate, si è sganciata e lo ha travolto.

Sfruttamento istituzionalizzato, che si consolida nell’obbligo - per chi frequenta  l’ultimo triennio della scuola secondaria superiore - di effettuare il percorso di alternanza scuola lavoro per un totale di 90 ore per i liceiper gli istituti tecnici di 150 ore e per gli istituti professionali si parla di 210 ore. Le realtà beneficiarie sono non solo imprese e aziende, ma anche federazioni sportive, associazioni di volontariato, istituzioni varie, enti culturali e ordini professionali. 

Nella pratica però, si tratta ad abituare sin già da adolescenti allo sfruttamento. 

In alcuni casi si impara qualcosa, ma a proprie spese. In tanti non si impara niente. In altri ancora va molto peggio. Ieri si è concretizzata quella realtà in cui un ragazzo ha trovato la morte, come per le tre persone che in Italia ogni giorno escono di casa per lavorare e non vi fanno più rientro.

Se guardiamo i dati del 2021 sono 1404 le morti sul lavoro - di questi 695 sui luoghi di attività (+18% rispetto all'anno 2020), mentre i rimanenti “in itiniere”, vale a dire nel tragitto verso o dal posto di lavoro. 

L’Italia è quello stato dove ci si impegna sin da subito a trovare gratis i futuri schiavi, a fronte delle numerose piazze che contro la Buona Scuola e l’alternanza scuola lavoro si sono date, protestando contro quei meccanismi che servono solo al al profitto delle imprese e stravolge il senso dell’istruzione. Come ieri notte, quando OSA ha fatto un blitz al Miur, chiedendo il blocco immediato dei percorsi di alternanza scuola lavoro.

Perchè poi si tramuta tutto nell’educare le future generazioni alla completa flessibilità del lavoro, alla precarietà e al lavoro prestato gratuitamente.

Il tutto si inserisce in quella che Marco Bascetta ha definito alcuni anni fa “economia politica della promessa”: devi acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro, tra un alternanza scuola lavoro ed uno stage, un periodo di servizio civile, un tirocinio e un corso professionalizzante - tutto gratis naturalmente - anzi pagandoti le spese; il tutto poi sarà nel tuo curriculum, nella tua certificazione delle competenze. E così, fino a quarant’anni ed oltre, di promessa in promessa illusoria di un impiego, prima di avere un salario vero.

Lo scopo è convincere le giovani generazioni che il lavoro non vale nulla, dal punto di vista dei diritti, e quindi può pure non essere pagato. 

A questo si aggiunge che nei vari piani di ripresa e resilienza post lockdown, non sono stati stanziati dei fondi per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro a fronte di chi considera il profitto più importante di quelle vite che possono essere considerate sacrificabili. Di chi rinuncia alla prevenzione per risparmiare o di chi rinuncia ai controlli e salta le manutenzioni. Di chi toglie le sicure alle macchine perché così si produce più in fretta. Di chi assegna mansioni a chi non è specializzato, perchè costa meno oppure è gratis. 

Tutto si riduce a quella pietra che rotola e si trascina dietro una gigantesca frana. Franano i diritti nei posti di lavoro, vacilla la dignità, la qualità del difficile e complesso lavoro dell’insegnamento, i principi stessi di una scuola pubblica solidale, egualitaria e cooperante in nome di una scuola azienda sottomessa alle logiche del mercato.