Mio figlio discriminato non può giocare perchè non è nato in Italia

Da Roma ancora nessuna risposta nè dalla Fiba a Ginevra Dicono che bisogna rispettare i regolamenti

8 / 10 / 2009

Bello lo sport giovanile. Si parla di integrazione, di linguaggio delle regole unico per tutti, di crescita e di promozione sportiva. E dopo, all’atto pratico, cosa succede? Quello che leggerete nella lettera qui sotto: che un ragazzo di 17 anni che ama lo sport, nella fattispecie la pallacanestro, non può giocare nel campionato Under 19 della Federbasket. Motivo: non è nato in Italia. E’ italiano, figlio di genitori italiani (e anche se non lo fossero poco cambierebbe), ma è nato all’estero. Un ostacolo insormontabile per lo sport del 2009, ancora in pieno Medio Evo.

Sono un dirigente di una associazione sportiva di Padova, nonché genitore di un ragazzo di 17 anni che a giugno ha deciso, dopo aver partecipato per diversi anni a campionati di basket con il Csi, di tesserarsi con la Federazione italiana pallacanestro (Fip) e giocare nel campionato Under 19 2009-10. Con sorpresa, mia e di mio figlio, abbiamo scoperto a luglio - appena si è aperta la possibilità di iniziare i tesseramenti per la corrente stagione sportiva - che la procedura on line della Fip non accettava il tesseramento immediato in quanto mio figlio è nato all’estero.

Da immediate verifiche ho appurato che un cittadino italiano nato all’estero, figlio di cittadini italiani, la prima volta che si tessera alla Fip deve inoltrare la richiesta alla Fip Roma, tramite il Comitato regionale competente. La Fip di Roma deve poi chiedere e attendere un nulla osta dalla federazione straniera del Paese in cui l’atleta è nato (nel mio caso la Romania paese dell’Unione Europea!) e poi procedere.
 Passati circa due mesi, ho interpellato via mail Roma per avere notizie: mi venne comunicato che non avendo ricevuto nessuna risposta dalla Romania (prassi piuttosto frequente per i paesi interpellati), la pratica sarebbe stata inoltrata alla Fiba, la Federbasket internazionale a Ginevra, e che probabilmente nel giro di 15 giorni si poteva procedere. Visto che i 15 giorni sono passati da tempo ho tentato un ulteriore sollecito, ma mi è stato ribadito che bisogna rispettare i regolamenti nazionali e internazionali e che non ci sono previsioni...
 Vorrei porre una prima domanda: dal momento che mio figlio è residente a Padova dall’età di 4 anni, come si evince dalla documentazione inoltrata, è ragionevole che la Fip tema che egli possa aver giocato nella federazione rumena fin da prima dei 3 anni e magari abbia delle sanzioni da scontare?

La Fip potrebbe fare valere il buon senso e magari anche concertare con la Fiba e le altre federazioni due semplici regole che farebbero risparmiare a tutti tempo e lavoro: 1) fissare per tutti il principio del silenzio assenso dopo tot giorni; 2) fissare una età minima per gli atleti dopo la quale diventa veramente obbligatorio chiedere il nulla osta.

Una seconda domanda provocatoria: per un giocatore straniero che volesse tesserarsi per la prima volta con una squadra di serie A, la Benetton Treviso o la Lottomatica Roma, le modalità di tesseramento e i tempi necessari sarebbero gli stessi applicati a mio figlio?
 Il campionato intanto è già iniziato ma mio figlio non può giocare perché non è tesserato (e non sappiamo nemmeno quando lo potrà fare); non può inoltre allenarsi, poiché non essendo tesserato non gode della copertura assicurativa Fip. Come si può immaginare questo è per lui motivo di profonda delusione e grave disagio, anche perché si sente trattato in modo diverso dai suoi compagni senza peraltro avere ricevuto una spiegazione plausibile, alla faccia di quanto riporta il regolamento interno Fiba alla voce «Principi generali»: «Ogni giocatore di pallacanestro deve avere il diritto di giocare alla pallacanestro in ogni paese del Mondo...».

Fonte: Il Mattino di Padova 08.10.09