Mille modi per dire rivolta

Report della prima giornata della Carovana Uniti per la libertà

9 / 4 / 2011

Una giornata intensa, la prima giornata della Carovana. Giunti a Tunisi alle 11:30, abbiamo preso parte, già dal primo pomeriggio, alla conferenza stampa e all’assemblea con gli studenti e i disoccupati, presso la sede dell’Ugtt, il sindacato tunisino. Della conferenza stampa abbiamo già raccontato in un altro breve report, ci concentreremo, a seguire, sull’assemblea con le realtà giovanili.

Un’assemblea appassionante, indubbiamente ricca, per molti versi caotica. Vale la pena insistere sul carattere caotico dell’incontro, non fosse altro perché proprio la dimensione burrascosa e litigiosa del confronto tra le varie organizzazioni studentesche e giovanili tunisine, evidenzia la ricchezza e la dinamicità del contesto politico post-autoritario. La prima vera conquista della rivolta di gennaio e febbraio è la scena pubblica, il desiderio singolare e collettivo di prendere parola, di rompere il silenzio assordante che per decenni ha bloccato la società tunisina, comprimendone la potenza. E dunque l’assemblea con gli studenti e i precari italiani diviene immediatamente occasione per far emergere in primo piano i punti critici, per polemizzare con i compagni di “strada”, per chiarire lo statuto della nuova soggettività rivoluzionaria.  

Quali sono stati i tratti salienti degli interventi degli studenti e dei disoccupati tunisini? Tutti concordano sul fatto che la rivoluzione è solo all’inizio. Lo smottamento del raìs e l’affermazione dello spazio politico costituente, non sono ancora stati accompagnati da una significativa trasformazione economica e sociale. I poteri economici rimangono intatti, altrettanto lo sfruttamento e la povertà: se da Tunisi ci si allontana verso Sud,  tutto risulta evidente, con la sua durezza, la sua ruvidità. Se per un verso, dunque, molti studenti (in particolare gli studenti del sindacato Uget) leggono in modo positivo, seppur critico, la trasformazione politica e istituzionale in corso, non mancano le voci polemiche di chi ritiene il processo rivoluzionario bloccato, in parte tradito (si tratta, per lo più, dei gruppi studenteschi indipendenti o che gravitano attorno al Poct, il partito comunista tunisino). Una diversa lettura della fase che qualifica la divaricazione dell’iniziativa politica, soprattutto nel rapporto con il Governo provvisorio, tra chi non disdegna un sostegno esplicito alla transizione istituzionale e chi propone di tornare in piazza per approfondire il processo rivoluzionario. Quest’ultima opzione deve fare i conti, da qualche giorno, con il fallimento della terza Kasbah (l’occupazione permanente e conflittuale della piazza), dopo i successi della prima e della seconda e il crollo del primo e del secondo governo provvisorio. Il terzo governo provvisorio, infatti, sembra più forte e la data delle elezioni per l’assemblea costituente è stata già fissata (24 luglio).

Tutti gli interventi hanno insistito sulla centralità della tematica generazionale: sono i giovani ad essere colpiti dalla disoccupazione, sono i neo-dipolmati e i neo-laureati a subire più di altri la crisi e la povertà. Altrettanto, sono i giovanissimi a desiderare una trasformazione radicale, anticapitalista e democratica nello stesso tempo.  Il ruolo dei disoccupati, in questo senso, è stato ed è decisivo. È la loro radicalità a mettere sotto pressione il riformismo sociale debole del Governo provvisorio.

Molte sono le affinità, che abbiamo chiarito nei nostri interventi, tra la dimensione giovanile della rivolta tunisina e i tumulti italiani. Affinità che non ci permettono di trascurare le tante differenze: la scoperta della scena pubblica e del dibattito politico aperto, come dicevamo, sono cose che fanno la loro comparsa in Tunisia in queste settimane per la prima volta; la povertà che riguarda i giovanissimi delle periferie tunisine è condizione assai più violenta di quella che tocca in sorte ai precari italiani. Di queste cose continueremo a discutere non solo nei prossimi giorni ma anche nei prossimi mesi, perché l’impegno con cui ci siamo lasciati è di dare continuità al confronto euro-mediterraneo. Già Roma, infatti, potrebbe essere occasione futura per rilanciare il dibattito, arricchendolo, magari, del contributo di tanti altri studenti e precari del nord e del sud del Mediterraneo.

 Giornata intensa, dicevamo, il miglior modo per iniziare la nostra Carovana. Tra poche ore (le 3:30 ora tunisina, le 4:30 ora italiana, di sabato 9 aprile) ci metteremo in viaggio per raggiungere Ras Jadire e per consegnare al campo profughi le medicine raccolte negli scorsi giorni in Italia. Saremo di ritorno a Tunisi domenica sera, mentre lunedì incontreremo alcuni membri del sindacato (Ugtt), gruppi di femministe universitarie, nuovamente gli studenti dell’Uget.

Uniti per la libertà

UniCommon

Intervista studente UGET

Mille modi per dire rivolta

Tunisi - Intervista a uno studente universitario