Messina- Lotta per la dignità e per la libertà. Verso la Carta di Lampedusa.

Occupato questa mattina Palazzo Zanca dai migranti in protesta. Chiusa alla fine della giornata la tendopoli allagata.

29 / 12 / 2013

Questo periodo attraversato e segnato dal protagonismo dei migranti in molte città d’Italia, ha raccontato e denunciato la povertà, i soprusi e le condizioni di miseria che troppo spesso sperimenta chi sceglie il nostro paese come meta del suo viaggio, in cerca di una vita migliore e di un futuro degno.

A Messina, il recente allagamento della tendopoli, allestita per ospitare in maniera emergenziale circa duecento rifugiati, ha portato alla luce il dramma di uomini, donne e bambini ammassati in una zona, interna all’area universitaria, assolutamente non idonea ad accogliere vite umane.

Per decisione della Prefettura, la struttura del Palanebiolo aveva ricevuto l’ignobile funzione di campo di detenzione, dove i diritti, a partire dalle più elementari norme igienico-sanitarie, avevano lasciato il posto solo al mero controllo dell’ordine, mentre ogni tipo di risposta alternativa da parte delle istituzioni risultava “non pervenuta”.

Dinnanzi al quotidiano peggioramento della situazione, i migranti, sostenuti da svariati gruppi di attivisti in rete, per lo più del Teatro Pinelli Occupato e del Circolo Arci Thomas Sankara, hanno prima intrapreso lo sciopero della fame, e poi, questa mattina, hanno occupato il Palazzo del Comune.

Qui, a Palazzo Zanca, nel pomeriggio si è tenuta anche l’assemblea pubblica per il diritto all’abitare, con la partecipazione degli occupanti di casa Paradiso, una ex-scuola riempita da qualche settimana da tre famiglie in estrema difficoltà. Messina è una città ad alta densità abitativa, con baraccopoli grandi come interi quartieri, piegata sotto le politiche edilizie mafiose, e succube da anni e anni di amministrazioni incapaci o certamente non preoccupate del bene comune.

Una città dove, ad oggi, ampie fasce di popolazione conoscono la disoccupazione e purtroppo la povertà, e dove finalmente hanno cominciato a gridare un bisogno non più procrastinabile di ottenere risposte materiali che le sostengano in questo periodo di crisi. Anche per questo, a giugno, l’appoggio quasi unanime della cittadinanza al Sindaco attualmente in carica, Renato Accorinti, raggio di speranza, almeno in quel momento, dopo anni bui.

Gli interventi, durante la gremita assemblea, hanno appunto riportato questi dati di realtà: l’abisso che separa la burocrazia e le esigenze concrete delle persone, la necessità di fare politica dal basso per potersi garantire come minimo il benessere essenziale, la voglia di far crescere il movimento per il diritto alla casa appena nato (a costituirlo l’Unione Inquilini Messina con le famiglie di sfrattati, il sindacato CUB, Rifondazione comunista e Teatro Pinelli Occupato).

Nel frattempo la situazione dei rifugiati, di cui era presente una rappresentanza di circa una cinquantina, si faceva confusa a causa delle numerose notizie che sono arrivate una dopo l’altra, tutte riguardanti ipotetiche soluzioni, più o meno provvisorie, per dare la possibilità di un luogo degno che non fosse più la tendopoli.

La proposta finale non è apparsa però delle migliori, anzi: nel pomeriggio, viene indicata una struttura di smistamento, a Pozzallo, come luogo per trasferire un gruppo di quaranta migranti. I presenti decidono di non partire, ma contemporaneamente le forze dell’ordine vanno a prelevare con un pullman i rifugiati rimasti al Palanebiolo. Lì gli attivisti resistono a questo tentativo, spiegando ai rifugiati che proprio a Pozzallo di recente si sono verificati episodi di violenza contro gli “ospiti” e che ognuno deve poter esprimere liberamente la propria scelta consapevole, nonostante le false voci lasciate circolare da chi era presente per garantire l’ “ordine” pubblico.

La giornata, intensa e movimentata, si è conclusa comunque con una vittoria: la chiusura definitiva della tendopoli è ormai ufficiale. Alcuni migranti hanno accettato di trasferirsi in altre città, tra cui Pozzallo e Siracusa, mentre altri sono rimasti in attesa di essere accolti in strutture transitorie.

Infine, resta aperta la possibilità che una caserma militare, individuata dal Ministero della Difesa, possa a breve essere messa a disposizione dal Viminale e preposta per la nobile funzione sociale di dare una casa a chi non ce l’ha.

Come in tante altre città d’Italia, d’Europa e del mondo, emergono importanti e molteplici motivi per intrecciare relazioni tra varie realtà, unite dalla voglia di ridisegnare il destino di una parte di umanità non invisibile ed anzi grande, minacciata da conflitti, crisi e da politiche che non garantiscono libertà e diritti per tutti. E’ necessario mettere fine all’insensatezza dei confini e delle frontiere, ed invece riscrivere dal basso una mappa dei diritti, un manifesto collettivo, a partire da Lampedusa.

Per questo, dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014 la Carta di Lampedusa si trasformerà in realtà, all’interno di uno spazio comune in cui tanti/e lavoreranno insieme, proprio sull’isola del Mediterraneo, per costruire una geografia del cambiamento.