Mai come in questi ultimi tempi la Calabria e la Sicilia sono state oggetto
di attenzione dei media, e non solo a causa delle organizzazioni criminali che
continuano a imperversare, grazie anche alle connivenze con le istituzioni
locali e nazionali: ad attirare l’interesse dell’informazione, nazionale ed
internazionale,
è la tremenda serie di disastri “ambientali”
provocati da scelte dissennate, imposte a territori fragili
geologicamente ed economicamente.
Così a Giampilieri e a Scaletta Zanclea le forti
precipitazioni hanno causato devastazioni e morti che si sarebbero potuti
evitare se solo si fosse dato ascolto a chi da anni lancia l’allarme riguardo
al rischio
idrogeologico.
In Calabria finalmente è evidente e manifesto
quanto abbiamo sempre detto: che nei mari e nelle montagne calabresi la
‘ndrangheta ha seppellito rifiuti tossici e nucleari per lucrare sullo
smaltimento delle scorie scomode.
Ad Amantea il 24 ottobre si è visto come i
calabresi abbiano acquisito la consapevolezza di vivere su terreni avvelenati.
E non basta il maldestro tentativo della Prestigiacomo, che nega la presenza di
navi con rifiuti tossici lungo le coste calabresi per convincerci: troppi
tumori anomali, troppe morti di cancro inammissibili.
Tutto questo si inserisce in un panorama politico
in cui la messa in sicurezza del territorio non è nelle agende istituzionali,
in cui l’A3 SA-RC continua ad essere un cantiere da decenni, i collegamenti su
rotaie e via mare sempre più disagiati.
I beni comuni e l’interesse collettivo sono
oggetto, per le istituzioni, di affari illeciti e trasversali. Così l’acqua, la
viabilità, la qualità della vita.
In nome della crisi, da una parte si privatizza e
si taglia, aumentando i disagi per i cittadini ed ingrossando le fila di
precari e disoccupati, dall’altra si investe in opere che poco hanno
d’interesse pubblico.
Il Governo nazionale continua a riproporre il
Ponte sullo Stretto come priorità, annunciando addirittura la posa della prima
pietra di un’opera di cui non solo non esiste ancora un progetto definitivo, ma
nemmeno una valutazione accurata dell’elevato rischio sismico di un’area dove
sono presenti numerose faglie più o meno profonde, distribuite in tutte le
direzioni.
A tal proposito guardiamo con molto interesse
l’iniziativa della Giunta regionale calabrese, sempre dichiaratasi contraria
all’opera, che ha attivato un ricorso presso la Corte Costituzionale,
nonché ha approvato il documento preliminare del QTR regionale che, nei suoi
aspetti di pianificazione urbanistica e paesaggistica, non contempla il ponte.
Al fine di rendere ancor più evidente questa contrarietà, riteniamo opportuno
che la Regione
Calabria ritiri la propria partecipazione dalla Stretto di
Messina SpA, che è ormai chiaro a tutti come sia un “carrozzone mangia-soldi”
che ridistribuisce risorse pubbliche sotto forma di consulenze,
sponsorizzazioni e spese parassitarie per alimentare ben oleati meccanismi
clientelari.
Il movimento calabrese e siciliano contro la
costruzione del ponte sullo Stretto, che in questi anni è confluito nella Rete
NO PONTE, ha ribadito più volte, negli anni di contrapposizione e di denuncia
contro questo affare, che il ponte non serve ai territori e ai cittadini
calabresi e siciliani.
E’ indispensabile, per questi territori e per chi
ci abita, che i fondi che sia lo Stato sia le Regioni Calabria e Sicilia
destinano al ponte siano invece impiegati per le opere di messa in sicurezza,
riparando alle devastazioni “umane” dell’ambiente che sono la causa dei dissesti
idrogeologici, ripulendo il mare e i territori in cui le organizzazioni
criminali hanno occultato le scorie tossiche e radioattive.
E’ indispensabile anche dotare queste aree di
collegamenti, via terra con strade e ferrovie, e via mare puntando sull’ammodernamento
e il potenziamento delle flotte esistenti, nonché l’implementazione di un
efficiente sistema trasportistico integrato.
E’ fondamentale soprattutto, oltre assicurare il
diritto alla vita della popolazione, che venga garantito il bisogno di ognuno
di pensare e progettare un futuro, individuale e collettivo. E che questo
futuro sia supportato da progettualità compatibili con le reali vocazioni delle
comunità, per le quali il lavoro sia principalmente orientato alla cura, al
recupero ed alla valorizzazione delle risorse del bene comune
territorio.
Questo documento nasce dalla necessità di rendere
partecipi le realtà politiche e associative, calabresi e siciliane, del lavoro
e delle attività svolti dal movimento sulle due sponde regionali, e dell’elaborazione
politica che ha prodotto, confrontandosi con movimenti di lotta e con le
popolazioni di altri territori nazionali ed europei, accomunati tra loro dalla
stessa mobilitazione e resistenza a politiche calate dall’alto e devastanti per
i territori, in cui gli unici soggetti garantiti sono le lobbies economiche e
finanziarie e i poteri trasversali forti.
La Rete NO PONTE sta quindi preparando, per il 19
dicembre, una manifestazione nazionale a Villa San Giovanni (Rc), per la quale
ha già raccolto l’interesse e le adesioni di movimenti di resistenza di altri
territori. L’organizzazione di questo evento è un percorso, con più tappe di
sensibilizzazione e di coinvolgimento delle popolazioni direttamente
interessate, con numerosi momenti di confronto e di informazione a tutti i
livelli.
Nel futuro che noi sognamo non è previsto il
ponte! Dobbiamo fermare i cantieri e lottare affinché vengano affrontate le
vere emergenze di questi territori!
Facciamo appello a tutte le forze sociali, ai
movimenti, alle comunità resistenti, ai comitati ed alle realtà di base, alle
reti nazionali, all’associazionismo, al mondo del lavoro, ai precari, ai
disoccupati, al mondo studentesco, a tutte e tutti, di rafforzare questa
battaglia di dignità e costruire insieme questa mobilitazione.
Rete No Ponte