Un’altra giornata di attesa, fango e miseria si è lentamente trascinata via a Manduria. La sensazione di ora in ora più dirompente che si respira nelle campagne che segnano il confine tra la provincia di Brindisi e quella di Taranto sa, ancora una volta, di attesa infinita ed incertezza totalizzante. L’attesa di chi, da giorni in fuga da guerra e morte, continua a non conoscere modalità attuative e scansione temporale della sua indecente prigionia e che, per contro, continua a ricevere da ormai quattro infami giorni uniche risposte nelle parole aspetta e dormi.
Incertezza, che in realtà è vera e propria indecenza
giuridica, che continua ad avvolgere la natura normativa del centro.
Non un centro di identificazione ed espulsione, non un centro di
accoglienza per richiedenti asilo. Un Cai – centro di accoglienza ed
identificazione – assolutamente inesistente dal punto di vista
legislativo, almeno quanto al contrario sono strutturalmente,
visivamente ed emotivamente consistenti le recinzioni ed i cancelli che
separano i corpi di chi è dentro dai corpi di chi è fuori.
L’elemento di novità è che, da oggi, le forze dell’ordine vietano di avvicinarsi ad ogni zona limitrofa alla recinzione.
In un clima del genere, diventano ancora più preziose e suggestive le
poche frasi, gli sguardi reciproci e i cenni soffusi che rendono
complici consapevoli gli abitanti coatti del campo e gli attivisti che
presidiano il suo ingresso. L’accesso all’interno della struttura
continua ad essere vietato alle associazioni che si occupano di
migrazione, che da ormai tre giorni hanno fatto richiesta di accredito
in Prefettura. Gli agenti di polizia proibiscono che venga appeso, in
una zona a portata di sguardo dei ragazzi reclusi, uno striscione che
prova a spiegare come, in fin dei conti, chi è dentro e chi è fuori
siano più vicini di quanto si sia portati a pensare.
Se da un punto di vista formale il numero dei reclusi continua ad
aumentare - milleduecento altri ragazzi tunisini arriveranno nelle
prossime ore - il dato materiale, ignorato quasi scientificamente dai
media, ci racconta una realtà ben diversa. Complessivamente almeno
cinquecento migranti sono, ormai, splendidamente lontani da questa
gabbia. Francia, Svizzera, Germania, Belgio, Roma, Milano. Quello di
migrare è un diritto individuale soggettivo. Rabbia e sogno. Le modalità
di aiuto informale, che provano ad arginare la prassi di chi alza
recinzioni ed impone divieti, si sono moltiplica anche oggi.
Continuano a riprodursi forme di assistenza provenienti dall’esterno. Insieme risposta materiale autogestita e meccanismo di denuncia nei confronti dei ritardi e dell’atteggiamento di assoluta sufficienza attuato da chi gestisce il centro. Vestiti, scarpe, indumenti intimi. Qualcuno porta un pallone, che finirà col rotolare sulla ghiaia che circonda le tende, decorato dalla scritta “vive la liberté” che alcuni attivisti ci hanno apposto. Un augurio, un abbraccio, una prospettiva programmatica.
* Campagna Welcome in presidio a Manduria