L'Europa che viene

Tracciando nuovi percorsi in movimento

1 / 6 / 2012

Blockupy Frankfurt ha invaso il cuore dell'Europa, facendogli battere il nostro tempo.
Insieme abbiamo dato una scossa all'Europa di Mario Draghi e di Trichet, all'Europa della Troika, a quell'Europa del comando della rendita sulla vita, del debito sulla redistribuzione della ricchezza socialmente prodotta, della finanza sul suffragio universale, della rappresentanza partitica sulla democrazia e degli abusi polizieschi sulla democrazia reale: l'Europa che detta le regole di un gioco che non vogliamo più giocare.

Le giornate di Blockupy hanno saputo disegnare un altro schema, tracciando le linee di una "nuova" Europa, che parla il linguaggio comune della ribellione, della disobbedienza a chi ci vuole tutti più poveri e senza diritti. Un'europa da costruire, un'europa dei movimenti dentro la crisi.

Con R.I.S.E.Up -Rising Italy for Social Europe- centri sociali, reti studentesche, precari dello spettacolo sono partiti dall'Italia, uno dei P.I.I.G.S., uno dei paesi europei del debito e delle misure "anticrisi", uno di quei paesi dove far arrivare il dominio della governance amministrativa e finanziaria tramite letterine estive, tramite governi più o meno tecnici tenuti in piedi da parlamenti senza alcuna legittimità, composti da partiti in crisi profonda, da una casta di politici che fa pesare la crisi sulle nostre vite.

La logica dell'austerity e del pareggio di bilancio ci ha condotto in una spirale recessiva che gioca tutta a favore della rendita e delle grandi corporazioni, che stanno saccheggiando il welfare, i beni comuni, attaccando la composizione del lavoro attraverso l'estensione della precarietà, la cancellazione di diritti, tagliando salari e pensioni, sacrificando competenze e saperi qualificati, invece di investire sulla necessità di redistribuzione della ricchezza, invece di rilanciare sull'investimento sui servizi, sulla cooperazione sociale, su ricerca e innovazione, sulla qualificazione del lavoro.

Ci ritroviamo immersi in un contesto complesso, inedito, dove tutto cambia velocemente e noi dobbiamo essere in grado di porci nuove sfide sempre più ambiziose. Dobbiamo riuscire a pensare e a pensarci in termini nuovi, farci carico della complessità di uno scenario completamente cambiato, che segna una discontinuità rispetto al passato anche più recente.

La crisi che viviamo non è così semplice e lineare, ma piena di contraddizioni e porta con sé grandi trasformazioni. Una crisi che non corrisponde automaticamente alla crisi del capitalismo come modello di sviluppo, ma ci parla di equilibri geografici di dominio che mutano e soprattutto di una crisi sistemica dell'eurozona.
E questa Europa in crisi diventa l'ambito di intervento della nostra azione politica,
Un'Europa in cui si sta espandendo a macchia d'olio la delegittimazione di massa della gestione della crisi del debito.
Si stanno dando resistenze alla crisi. Le elezioni amministrative in Italia, le elezioni francesi, e quelle greche lanciano un messaggio chiaro: c'è un cambio di rotta, si avverte. Cresce l'opposizione alle politiche di austerity, alle politiche di massacro sociale sperimentate sulla nostra pelle dai tecnocrati della governance autoritaria che domina lo spazio europeo. C'è una volontà forte di cambiare lo stato di cose presenti, c'è una ricerca di alternativa.

In Italia il governo Monti impone sulle nostre teste le misure politiche dettate dalle tecnocrazie europee, quelle stesse misure che hanno condotto la Grecia in una fase di enorme povertà e di vera e propria colonizzazione da parte delle grandi banche e dei fondi sovrani.
Infatti la missione che la Troika ha assegnato ai governi europei passa per il definitivo smantellamento del sistema di welfare e per il peggioramento generale delle condizioni di vita di tutti: vengono continuamente fatti tagli all'insegna del sacrificio, della colpa e della criminalizzazione di ogni forma di dissenso.

Ma l'esperienza di Blockupy Frankfurt, i segnali lanciati dai risultati elettorali in Europa, ci parlano di qualcosa che sta cambiando. Comincia a rompersi quell'immobilismo a cui eravamo abituati negli ultimi mesi: variabili e alternative allo stato di cose presenti cominciano a farsi vedere e si fa largo l'idea che una possibile uscita dalla crisi debba passare dall'estensione dei diritti, da un nuovo welfare, e non dalle politiche di austerity.
Cresce l'esigenza di opporsi, resistere e contrastare la tecnocrazia; cominciano ad emergere elementi di rifiuto netto all'idea che esista una strada oggettiva, neutra, e quindi tecnica e non politica, per affrontare e provare ad uscire da questa crisi.
Si è rotta l'illusione tecnocratica, però non è tutto facile e lineare.
In questo cambiamento di rotta, si avvistano anche derive populiste, che si esprimono in maniera diversificata ed eterogenea e che noi dobbiamo riuscire a mantenere minoritarie, per continuare ad indirizzare la ricerca di "alternativa" alle politiche neoliberiste verso orizzonti europeisti.

Alle politiche di austerity, alla cancellazione dei diritti, alle restrizione degli spazi di libertà, all'impoverimento generalizzato, alla precarizzazione diffusa, un movimento transnazionale ha risposto in questo "Global May", esprimendo forte un desiderio di trasformazione, che parla con linguaggi comuni. 
I molteplici #occupy che fioriscono nuovamente e in maniera ancora più determinata a New York, e poi Oakland, Chicago, Montreal; la Spagna degli indignados che mettono in crisi gli equilibri politici interni e lottano per riprendersi il proprio presente; l'elezione di Hollande in Francia, che nonostante sia stata più un referendum contro le politiche di Sarkozy, cambia gli equilibri europei e mette fine al "Merkozy"; il risultato elettorale greco che ha visto affermarsi Syriza, coalizione interessante e che porta avanti un'alternativa europeista alle politiche fallimentari dei "grandi" partiti (che infatti perdono punti) e alle idee nazionaliste e pericolose di Alba Dorata; e ovviamente Blockupy che, nella Germania di Angela Merkel, ha bloccato la City di Francoforte e ha affermato la volontà di rompere i divieti a manifestare, la determinazione dei giovani europei, che chiama tutti noi a dare potenza e concretezza all'Europa che viene.
Si riaprono i giochi dal punto di vista delle politiche di governance sull'Europa. Dobbiamo riuscire a sfruttare questa occasione, provare a costruire una nuova Europa: una sfida che abbiamo davanti e alla quale non possiamo sottrarci.

Per le strade di Francoforte c'è stata la presa di parola di migliaia di persone, determinata, ricca di senso e portatrice di passioni e desideri. Uomini e donne che nella crisi esprimono delle particolari esigenze materiali, che vogliono riappropriarsi del proprio presente e costruirsi un futuro. A Francoforte c'erano tanti studenti, lavoratori, precari, associazioni, esperienze di lotta nei territori, provenienti da diverse parti di Europa: abbiamo costruito assemblee, cortei, blocchi, ponendoci la sfida della trasformazione dell'esistente, desiderosi di cominciare da Francoforte per andare oltre, per mettere in pratica una scommessa ambiziosa di costruzione reale di alternativa alle politiche dei governi europei, condizionati dai diktat di banche e finanza.

Francoforte ci ha accolto tra l'imponenza dei suoi grattacieli, tra l'austerità dell'EuroTower, le tende colorate di Willy-Brandt Platz, i suoi quartieri di luci e ombre intorno alla city finanziaria, nel suo skyline così diversificato che a guardarlo dal basso quasi ti opprime ma a vederlo dalle terrazze dei grandi negozi ti sembra infinito, le sue piazze ricche di storia, la sua università viva di socialità, i tanti gruppi di attivisti per le strade, il romantico lungofiume e il verde rilassante.
Francoforte abbiamo imparato a conoscerla attraverso i divieti a manifestare, l'altra parte del Meno con le sue piazze da Oktoberfest, le banche e gli istituti finanziari a ogni angolo della strada, la sede ospitale del sindacato ver.di, le misure restrittive, i collettivi e le tante realtà politiche arrivate da Berlino, Amburgo, Norimberga, i continui controlli e perquisizioni per strada.
Francoforte l'abbiamo vissuta fino in fondo con le assemblee e i gruppi di lavoro, i recinti della polizia, i suoi cittadini impauriti dai media per l'arrivo di una annunciata "orda di barbari", i suoi cittadini indignati in Paulsplatz con la costituzione federale, i fogli di via, le chiacchiere a tarda notte davanti a una "grosse Bier" e ad un piatto di spaghetti da "giovannino" o di Frankfurters, i cortei selvaggi che partono di corsa e che vengono bloccati nelle "kettle" degli sbirri, manif sauvage che inondano le strade della città allontanando la polizia, i sorrisi e l'entusiasmo dei manifestanti che riescono a bloccare la città, che riescono ad arrivare sotto la BCE e in qualsiasi parte di Francoforte, spuntando da ogni angolo all'improvviso, i sorrisi e l'entusiasmo anche quando la polizia ti porta via perché comunque sei riuscito a paralizzare l'attività finanziaria e bancaria della city, il corteo fino alla BCE di 50000 persone militanti, gioiose, giovani e meno giovani, anticapitaliste, sindacaliste, diversificate ma tutte determinate nel voler riprendersi il proprio presente.
Francoforte ha sperimentato e ha abitato lingue diverse che si intrecciano e parlano il linguaggio comune della lotta. 
Francoforte ci ha sorpreso. La determinazione dei movimenti europei si è espressa forte e decisa, sfidando i divieti e riuscendo ad assediare la governance finanziaria europea, attaccandola in maniera fluida ed efficace.
Francoforte è stata una tappa necessaria per gettare le basi di un movimento europeo, che a partire dalle lotte territoriali, dalle istanze specifiche e singolari, possa andare ad organizzare mobilitazioni condivise contro la governance finanziaria internazionale.

Blockupy Frankfurt non è stato un evento, ma un processo di costruzione e mobilitazione politica, non è stato solo una scadenza europea, ma una tensione che è vissuta e che continua a vivere nella quotidianità del nostro agire politico. Siamo riusciti a fare di quelle giornate di maggio un primo passaggio verso la costruzione di un percorso politico europeo e che riguarda le nostre biografie in crisi. Aldilà delle condizioni materiali che esprimiamo (differenti da territorio a territorio), quello che ci accomuna e che ci può far trovare un piano condiviso del nostro agire politico è l'assenza sempre più forte di democrazia e diritti in questa Europa della Troika e delle banche. E dobbiamo affermare chiaramente che i diritti non si possono cancellare con la scusa della crisi e con i ricatti, ma devono essere estesi a tutti coloro ai quali non vengono riconosciuti.

Abbiamo investito tempo, energie, passioni nella costruzione delle giornate di maggio a Francoforte, per costruire e reinventare una composizione sociale europea, che oggi fa i conti con una cittadinanza svuotata di esigibilità di diritti. Abbiamo sperimentato pratiche d'azione messe in comune per esprimere il tempo e la necessità dell'alternativa.

Potenzialmente l'Europa è lo spazio politico dove nuove idee sull'economia, sulla democrazia, sul rapporto tra resistenze al sistema della crisi e progettualità di nuova società, possono legarsi tra loro e creare un qualcosa di forte in grado di essere determinante e incisivo.

Quando immaginiamo l'Europa, pensiamo a un percorso costituente da voler intraprendere insieme ad altre realtà europee, relazionandoci tra di noi e sperimentando pratiche e linguaggi.
I movimenti possono essere una pratica politica di democrazia, un nuovo orizzonte che emerge nella crisi.

Mettere in comune le idee, le impressioni, insieme a tanti, diversi. Dare espressione alle reali esigenze di spazi di confronto e condivisione, per sperimentare insieme alternative alla crisi che investe le nostre vite. Da qui si parte.

La possibilità di riprenderci il futuro passa solo da politiche che rimettano al centro rivendicazioni reali che parlano delle nostre vite: reddito e diritti del lavoro contro precarizzazione sempre più diffusa; beni comuni contro privatizzazioni; democrazia contro dittatura della finanza. 
Si può trovare una via d’uscita alternativa che parli di diritti, nuovo welfare, reddito e democrazia.

Ed è per questo che tornati in Italia dalle straordinarie giornate di Blockupy Frankfurt, con l'entusiasmo e la passione che ci hanno consegnato, siamo convinti che non si possa rimanere fermi a guardare in silenzio l'approvazione della riforma del mercato del lavoro del governo Monti.
C'è bisogno di aprire spazi di dissenso anche in Italia, all'interno di una cornice europea costituente. Ed è fondamentale riuscire a tenere insieme difesa dell'art.18 e rivendicazione di un reddito di cittadinanza, riuscire a difendere i diritti ottenuti dopo anni di lotte ed acquisirne di nuovi all'altezza dei tempi che viviamo.

Tocca a noi. Forzare l'alternativa, far vivere nel corpo sociale dinamiche di radicalità, per costruire e trovare nuove forme di legittimità sociale, per andare oltre le categorie e le battaglie corporative, per dare corpo a coalizioni sociali in cui provare a confederare soggetti e realtà differenti ma con obiettivi ben precisi, senza fare sintesi, in uno spazio pubblico e politico nuovo.

Francoforte ci ha insegnato a crederci fino in fondo, anche quando tutto sembra difficile. Francoforte ha innescato un processo costituente che attraversa diversi territori, anche lontani, ma con la determinazione comune di sovvertire il presente, rifiutare le regole dettate da caste europee e affermare le proprie istanze e rivendicazioni.

Blockupy è stata una scommessa che abbiamo vinto tutti. Una scommessa che i compagni tedeschi di "Interventionistische Linke", nostro punto di riferimento nella costruzione delle giornate di mobilitazione, hanno saputo giocare fino in fondo, nonostante le numerose difficoltà trovate lungo il percorso.

Blockupy Frankfurt è riuscito a bloccare la city finanziaria europea, a far chiudere le banche e la BCE, a creare percorsi e relazioni nuove e potenti, a portare nel cuore dell'Europa della dittatura finanziaria un'altra Europa dei movimenti e dei diritti, a mettere in crisi la governance cittadina ed europea, ed è riuscito anche a creare consenso intorno a sè, a fare arrivare il suo messaggio determinato e incisivo ai cittadini e alle cittadine di Francoforte, a quell'84% del sondaggio del giornale tedesco "Frankfurt Rundschau" che crede che il comportamento della polizia sia stato esagerato di fronte a manifestanti, studenti, precari, lavoratori, attivisti provenienti da tutta Europa che vogliono decidere sulle proprie vite, vogliono riprendersi diritti e democrazia, il loro presente, per costruire insieme il proprio futuro, che nessun altro può prendere in mano.

Ricominciamo da qui senza alcun timore. Da Francoforte torniamo in Italia con la volontà di mobilitarci contro questo governo e le sue politiche scellerate. Da Francoforte immaginiamo l'Europa che vogliamo e che siamo pronti a costruire, tutti insieme, a Madrid, ad Atene, nei nostri territori, passo dopo passo.
Mettiamoci in gioco fino in fondo e portiamo a casa la partita. La posta in gioco è alta, riguarda noi, le nostre vite e il futuro degno che dobbiamo costruire.
Solo così possiamo lottare per i nostri desideri, le nostre passioni. Solo così possiamo cambiare veramente le nostre vite, riprenderci ciò che ci spetta, incidere sulle decisioni, spostare i piani, dettare i tempi. 
Sempre a testa alta, con coraggio e determinazione.

Ada Talarico, C.s.Tpo Bologna, R.I.S.E. Up Italia