L’elmetto di Scipio. Nuova normazione e guerra clandestina in Libia

13 / 8 / 2016

Nei giorni scorsi sono trapelate diverse informazioni  che alludevano alla presenza di forze speciali italiane di stanza in Libia, con funzioni di "formazione, addestramento e supporto delle milizie impegnate nella battaglia contro l'Isis nel nord del Paese”. Tra le fonti citate, più o meno ufficiali, una fra tutte ha destato l’attenzione dei maggiori organi d’informazione nazionali: un documento redatto dal CO.F.S. (Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali) ed indirizzato al Copasir, in cui si chiariscono le modalità attraverso le quali i corpi d’élite italiani per operazioni di terra[1] sono impiegati in Libia. In particolare il documento, che sarebbe dovuto essere “segreto”, si sofferma sul fatto che le forze speciali rispondano direttamente all’AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), i servizi segreti della Repubblica italiana che operano al di fuori del territorio nazionale. La “giurisdizione militare” dei corpi d’elite, dunque, non fa capo né al Ministero della Difesa né tantomeno alla fantomatica coalizione internazionale, che dal 1 agosto sta svolgendo un’operazione militare strutturata nel Paese nordafricano. Si tratta di un dettaglio formale, ma altamente significativo, vista la copertura giuridica di cui godono gli 007 nelle missioni militari e di intelligence, e la garanzia internazionale che a questi viene data rispetto al fatto di poter commettere alcuni reati e di poter appellarsi al “segreto di Stato” nell’ambito di procedimenti penali.

Nonostante né Renzi (il premier si è limitato a sottolineare la pericolosità della fuga di notizie) né tantomeno altri membri dell’esecutivo abbiano ancora fatto dichiarazioni pubbliche sull’argomento, il coinvolgimento diretto dell’Italia nelle operazioni militari in Libia può assestarsi su un dato di ufficialità. Un’ufficialità che conferma quanto detto a più riprese da diverse voci che, in varie forme, hanno criticato l’operato governativo sulla questione libica, affermando che da mesi in quel territorio l’Italia sta svolgendo operazioni di guerra “clandestina”. Un articolo di Enrico Piovesana su Il Fatto Quotidiano[2], apparso il 5 marzo di quest’anno, già parlava dell’utilizzo delle forze speciali e dell’idea del premier di inviare in Libia gli incursori del 9 reggimento “Col Moschin”. Piovesana faceva riferimento alla cornice legislativa che concede al capo del Governo la possibilità di utilizzare forze speciali della Difesa “in situazioni di crisi o di emergenza all'estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all'estero”, senza dover ricorrere all’approvazione parlamentare. Si tratta di un emendamento proposto dal senatore del Pd Nicola La Torre, diventato l’art. 7-bis della legge n.198 dell’11 dicembre 2015, in sede di conversione del decreto legge n. 174 del 30 ottobre 2015. La legge, approvata dalla Camera il 19 novembre ed al Senato il 3 dicembre, opera un giro di vite anche rispetto alla segretezza delle operazioni, già in parte garantite dall’art. 36 della legge n.124 del 7 agosto 2007 che obbliga i membri del Copasir a mantenere l’obbligo del “segreto relativamente alle informazioni acquisite, anche dopo la cessazione dell’incarico”.

Lo scenario politico internazionale in cui sono maturate queste scelte governative è completamente diverso da quello attuale. Tra la fine dello scorso anno e gli inizi di quello in corso la partita libica si stava giocando a partire da un’esplicita divergenza di interessi da parte delle potenze occidentali. Non c’era ancora stato un accordo formale tra i Paesi del G5 di sostegno al governo “riconosciuto” di Al Serraj, Parigi intrecciava sempre più rapporti con il generale Haftar e con l’Egitto, l’ipotesi della tripartizione del Paese tra Italia, Francia e Gran Bretagna sembrava dietro l’angolo e, soprattutto, non avevamo ancora assistito al deciso cambio di strategia di Obama. Al di là dei mutevoli scenari che da anni caratterizzano il teatro libico, il quadro descritto in precedenza segna un passaggio fondamentale non solamente nella gestione politica dei conflitti internazionali per il nostro Paese, ma nell’inquadramento complessivo della guerra globale all’interno di dispositivi tecnocratici che tendono a superare i più basilari dettami delle democrazie tradizionali. 


Qui non si tratta di cambiare le regole del gioco: si sta cambiando proprio il gioco. proprio il La legge n. 198, nella sua volontà di semplificare le procedure istituzionali in materia di “sicurezza nazionale”, concentra de iure il potere decisionale nelle sole mani del premier. Da un lato questo si mette in linea con lo stile governamentale autocratico e neocentralista che Renzi ha incarnato in diversi aspetti del suo agire politico, dall’altro, guardandolo su una scala più ampia, individua nella guerra uno degli elementi paradigmatici all’interno del processo di conversione dello Stato di diritto in istituzione post-democratica.

La Libia non sarebbe l’unico fronte dove le forze speciali italiane sono impiegate. Sempre Enrico Piovesana, su Il Fatto Quotidiano del 30 luglio 2016, riferisce di un’operazione simile in svolgimento in Iraq, ed esattamente nella provincia sunnita di Al-Anbar. Si tratta della cosiddetta “operazione Centuria”, con poco meno di cento unità che avrebbero come base operativa l’aeroporto militare di Taqaddum, tra Ramadi e Falluja, e sarebbero impegnate al fianco dell’8ª Divisione dell’esercito iracheno, insieme a truppe australiane ed ai marines, con compiti di pianificazione, coordinamento e appoggio ai combattimenti iracheni. Il tutto all’interno dell’operazione internazionale a guida Usa Inherent Resolv[3]

Tornando alla questione libica, questa fa inoltre emergere in maniera chiara il ruolo politico e militare che sta assumendo l’intelligence nella guerra contemporanea, sempre più basata sulla continuità spazio-temporale degli interventi e sull’interdipendenza degli attori coinvolti. Senza scomodare il perverso rapporto tra servizi segreti ed apparati militari nella storia del nostro Paese (Ustica docet!), ciò che inquieta è l’investitura formale dell’AISE come soggetto incaricato di comandare una missione internazionale. Un decreto ministeriale, tra l’altro secretato, datato 10 febbraio 2016 ha conferito infatti all’Agenzia pieni poteri sui corpi d’élite in Libia.

La Libia diviene dunque il terreno d’applicazione di una nuova normazione che in Italia investe la questione bellica ed in generale gli assetti di potere che regolano gli equilibri tra azione militare e difesa degli interessi economici[4]. Forse è proprio a partire da queste mutazioni che possiamo e dobbiamo riaprire uno spazio politico complessivo di contrasto alla guerra globale, cercando di renderlo aderente alle modifiche strutturali che questa ha subito nell’ultimo decennio ed in particolare dopo il “fallimento” delle operazioni militari in Afghanistan ed in Iraq. La crisi sistemica ha senza dubbio inciso nella ridefinizione degli equilibri tra potenze mondiali e degli interessi economici da queste caldeggiati, nella geometria delle relazioni tra grande finanza ed industria bellica, nelle modalità attraverso le quali il capitale si serve della forza militare per intensificare la propria capacità estrattiva, nel rapporto tra guerra e migrazioni (sia in quanto causa primaria, sia come elemento di regolazione forzata dei flussi, come dimostra l’operazione Sophia messa in campo dalla UE proprio sulle coste libiche[5] o la missione marittima della NATO nel Mediterraneo centrale, che il vertice di Varsavia ha deciso di implementare). Inchiestare i nuovi rapporti di forza che si stanno delineando nel panorama euro-mediterraneo, contrastare direttamente gli interessi che da questi emergono è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per affermare un “no alla guerra” che sappia collocarsi dentro le lotte per la cambiamento sistemico.



[1] I corpi speciali di terra, che fanno capo al CO.F.S ed alla NATO Responce Force sono il commando del 9° Reggimento "Col Moschin" del Gruppo Operativo Incursori del Comsubin, del 17° Stormo Incursori dell'Aeronautica Militare e del Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri. A questi si aggiunge il il G.O.I. (Gruppo operativo incursori del COMSUBIN - Raggruppamento Subacquei ed Incursori "Teseo Tesei") della Marina Militare.

[2] E. Piovesana, Libia, forze speciali in mano al premier, senza il voto del Parlamento. “E le informazioni sono segrete”, Il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2016.

[3] E. Piovesano, Isis, la guerra segreta dell’Italia: forze speciali in Libia e Iraq. Ma il Parlamento è all’oscuro di tutto, Il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2016

[4] Sugli interessi delle aziende italiane in Libia si veda C. Antonini,Libia, la guerra quasi segreta di Renzi, popoffquotidiano.it, 4 agosto 2016 oppure una videointervista di Repubblica a Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes ed esperta di questioni energetiche,

[5] Su quest’ultima missione e sul ruolo specifico dell’Italia si possono consultare i documenti segreti pubblicati da WikiLeaks: qui o, in forma più dettagliata qui