In primo luogo, la netta vittoria di Francois Hollande.
Non era scritto. E questo primo posto la dice lunga. Sia del desiderio profondo di un cambiamento nella politica, nel modo di governare, il desiderio di vedere altri valori alla guida dello Stato.
Un'aspirazione dietro la quale le sinistre si devono riunire in preparazione per il secondo turno.
Seconda lezione: il fallimento di Nicolas Sarkozy.
In una campagna elettorale incomprensibile che non gli ha permesso di nascondere il bilancio del suo governo, punito alle urne, ne di contenere il Fronte Nazionale. Al contrario: l'estrema destra non è mai stata così forte in Francia.
Che dà al risultato del primo turno del 21 aprile, un aria non tragica come dieci anni fa, ma ugualmente preoccupante. Se non più.
La Francia non si è sottratta all' eco degli altri paesi europei, dove questo "nuovo look" populista , ripulito nella forma, ma ancora con elementi nocivi sul fondo, si afferma con un elettorato più ampio. E trascina i partiti conservatori nella sua scia.
Di fronte a questa nuova politica, la scelta è ormai chiara: per formulare risposte allo sgomento e alla rabbia di intere parti del paese, senza cedere su quello che sono i valori della Repubblica.
Superare le crisi economiche, sociali e morali guardando in alto e descrivere quello che potrebbe essere il futuro del paese, invece di mantenere vivo il mito di una Francia che sarebbe stata chiusa sulla sua storia, esaltando il suo passato innalzando i suoi confini.
Al di là del 6 maggio e per i prossimi anni, questa è ormai la scelta con la quale gli elettori hanno a che fare.