Le azioni di mutuo appoggio ai tempi della pandemia globale a Roma

7 / 5 / 2020

Non abbiamo dovuto aspettare i dati e le analisi degli esperti per capire che ci sarebbero state gravi conseguenze sociali ed economiche in seguito alle misure di contenimento causate dalla pandemia globale. Moltissime famiglie hanno subito una drastica diminuzione del reddito a causa della perdita o della riduzione delle ore di lavoro; tante persone si sono ammalate e sono dovute rimanere chiuse in casa per un lungo periodo, lontane dalla propria rete familiare o amicale di supporto. Lavoratori con contratti precari, con bassi salari o in nero, che già vivevano in equilibrio tra uno stato di sofferenza economica e il rischio di caduta in situazioni di fragilità sociale, sono stati trascinati nel baratro della povertà. 

Consapevoli del disastro sociale a cui si stava andando incontro, molte realtà hanno deciso di organizzarsi dal basso per far fronte a necessità impellenti: fare la spesa, curare la salute fisica e dare un supporto psicologico. Si tratta di aspetti riguardanti la riproduzione sociale e il benessere collettivo, trascurati dallo Stato e dalle istituzioni locali. Storicamente e strutturalmente il nostro paese delega alle famiglie, in particolare alle donne, gran parte del lavoro di assistenza e di cura dei figli, dei disabili e degli anziani, perché i servizi territoriali e assistenziali sono ridotti al minimo. 

Con il lockdown, la maggior parte di queste reti di prossimità sono venute a mancare e sono progressivamente diminuiti i mezzi economici che garantivano sostentamento. In moltissime periferie del mondo si sono moltiplicate le azioni di solidarietà; realtà associative, sindacati e privati, ma anche molti spazi sociali, comitati e reti di quartiere hanno attivato gruppi di spesa solidale per la distribuzione gratuita di beni di prima necessità per immunodepressi, anziani o persone in quarantena e gruppi di raccolta e donazione di pacchi alimentari ai più poveri. C’è chi ha messo a disposizione le proprie competenze per offrire servizi che altrimenti sarebbero stati a pagamento, come consulenze legali e sindacali, colloqui psicologici a distanza, attività di laboratorio e ludoteca digitale, corsi di formazione gratuiti, insegnamento per l’esercizio fisico, etc. 

In poco meno di un mese, si sono sviluppate e diffuse capillarmente pratiche alternative al mercato, ma anche allo Stato. Scambio di conoscenza, beni e servizi realizzate dal basso e in modo completamente autogestito. 

Sicuramente sarebbe utile domandarci perché, in molte zone, le amministrazioni locali non si sono occupate della cura e dell’assistenza dei propri abitanti. E avanzare pesanti critiche sullo smantellamento progressivo del welfare state e sulla deresponsabilizzazione degli organi istituzionali preposti. Però possiamo anche immaginare un modo per organizzare sistematicamente tutte queste forme di mutuo appoggio create dal basso. 

Oltre a queste esperienze appena nate, ci sono quelle già preesistenti: attività dei comitati di quartiere e degli spazi liberati, gruppi di acquisto solidale, orti urbani, palestre popolari, asili e ludoteche autogestite, sportelli antisfratto, presidi medici popolari, etc. Esperienze che per la maggior parte sono state sospese o riadattate alla situazione attuale. 

Oggi continuano a nascere pratiche capaci di rompere l’isolamento e moltiplicare la solidarietà. 

All’alba della seconda fase è chiara la volontà da parte del governo di salvaguardare la produzione più che la riproduzione. Certamente qualcuno potrà tornare a lavoro e percepire un po’ di salario. Ma le scuole rimarranno chiuse e ci si domanda chi si occuperà dei figli. A settembre si pensa di realizzare classi o gruppi alternati per rispettare le distanze minime di sicurezza; per la scuola dell’infanzia si dubita addirittura che si possa riaprire a causa dell’impossibilità di rispettare il distanziamento sociale. Chi pagherà le conseguenze di queste scelte? Sicuramente le donne, che dovranno rinunciare a lavoro o diminuire le ore di attività lavorativa. E questo non farà altro che aggravare le disuguaglianze sociali e di genere, già troppo grandi nel nostro paese. A livello lavorativo, le donne sono le più escluse dal mercato del lavoro, presentano tassi di attività e di occupazione più bassi degli uominie a parità di mansioni sono retribuite meno. A livello culturale, sono sovraccaricate dal lavoro domestico e di cura dei figli. Nell’eventuale futuro prossimo, quindi, dovremo pensare a pratiche di condivisione e di ri-organizzazione collettiva dell’ambito riproduttivo. Ma quali saranno i margini di libertà per poterlo fare? Quali margini dovremo forzare?

Lockdown e prima mappatura delle reti solidali a Roma

A Roma, come in tante altre città, già dalla metà di marzo, comitati di quartiere, spazi occupati e reti territoriali - anche in sinergia con associazioni di quartiere - hanno attivato azioni di solidarietà e mutuo appoggio. Queste esperienze sono state realizzate con lo scopo di scambiare beni e servizi, ma anche di alimentare relazioni sociali. Abbiamo fatto una mappatura per narrare alcune di queste storie. 

Nella periferia est di Roma, tra via Prenestina, via Palmiro Togliatti e Via Casilina, sono attive diverse iniziative solidali. Al Quarticciolo, un quartiere di edilizia residenziale pubblica, una decina di persone del comitato di quartiere, della palestra popolare (realtà nate circa tre anni fa) e occupanti della palazzina dell’ex questura (riappropriazione avvenuta nel 1998), si fanno promotori di diversi servizi gratuiti e autogestiti: spesa solidale, distribuzione di amuchina e mascherine, attività per i bambini, sportello di consulenza per la richiesta del “buono spesa” o per accedere ad altre misure di sostegno al reddito.

A Centocelle, la “LAC” (Libera Assemblea di Centocelle”) - nata dopo l’incendio di stampo mafioso della libreria-caffè “La Pecora Elettrica” e che riunisce diverse realtà di quartiere, spazi occupati, associazioni, reti di commercianti - dà vita al GAM, Gruppo di Appoggio Mutuo. Attraverso il contributo di oltre 190 volontari, 21 psicologi, 3 avvocati, 16 responsabili, il gruppo svolge varie attività di mutuo appoggio: consegna di beni di prima necessità e farmaci; sportello legale solidale per offrire consulenze gratuite di natura legale o per problemi di lavoro; sostegno psicologico solidale; raccolta e distribuzione delle “spese sospese” lasciate dagli abitanti del quartiere in punti di raccolta prestabiliti come supermercati, mercati rionali e spazi sociali. 

Proseguendo lungo l’asse est verso il centro della città, sulla via Prenestina, incontriamo il quartiere popolare Villa Gordiani. Qui nasce il progetto Solidarietà in quartiere, grazie all’attivazione di oltre venti persone della zona e all’impegno della squadra di calcio popolare “Asd Borgata Gordiani”. 

Proseguendo, nel quartiere Pigneto, il centro sociale ex Snia (occupata dal 1995) lancia l’iniziativa Vitamina- C-ommons: una filiera di solidarietà che parte dall’acquisto delle arance a prezzi calmierati da “SOS Rosarno” (una rete di cooperative agricole che non sfruttano il lavoro dei braccianti) per distribuirle gratuitamente agli abitanti dei quartieri limitrofi.       

A San Lorenzo, collocato tra lo scalo ferroviario e la zona universitaria, la rete territoriale “Libera Repubblica di San Lorenzo” avvia la Quarantena Solidale. Aderiscono diversi comitati e spazi occupati che, già da parecchi anni, sono promotori di cultura e sport popolare e combattono i progetti speculativi che colpiscono il territorio. Ad oggi cinque responsabili e oltre una quindicina di persone sono attive nel progetto di “spesa solidale” per l’acquisto e la consegna di beni alimentari e farmaci alle famiglie che non possono muoversi per motivi di salute.

Cambiando quadrante della città e spostandoci da est verso nord, a Rebibbia, Ponte Mammolo e Casal de’ Pazzi, diverse realtà attive nel territorio (Casale Alba2, Comitato Mammut, Forum per la Tutela del Parco d’Aguzzano, Csoa La Torre) organizzano Solidarietà territoriale per la consegna gratuita di spesa e farmaci. Nel progetto sono impegnate una trentina di persone. 

Nell’area del III Municipio, spazi attivi nei quartieri Montesacro e Tufello (Csa Astra, Lab Puzzle, Brancaleone, etc.), fanno partire l’iniziativa solidale Terzo a Domicilio - Non laviamocene le mani, a cui partecipano oltre duecento volontari. I servizi offerti sono molteplici: spesa solidale, sostegno psicologico gratuito, consegna dei pacchi alimentari a circa 30 nuclei familiari in difficoltà economica, orientamento e informazione sui bonus spesa e consulenze legali.

Verso Roma Sud, alcuni gruppi di volontari (Casetta Rossa, Csoa La Strada e altre associazioni) organizzano distribuzione dei pasti caldi nel quartiere Tiburtino e consegna di pacchi alimentari al VIII Municipio. 

La “Rete Roma Sud” (formata da realtà sociali, spazi e case occupate sempre del territorio dell’VIII Municipio) già dai primi giorni di marzo, quando i presidi di protezione individuale erano scarsi e costosi, fa partire il progetto autogestito mascherine solidali per la produzione e la distribuzione di mascherina di stoffa. 

Sono numerosissime le iniziative che nascono dal basso in tutta Roma, anche a San Basilio, al Trullo, a Torpignattara, Cinecittà, Valle Aurelia, Primavalle, Ostia, Acilia etc. La volontà non è quella di sostituirsi ai servizi pubblici locali, ma nasce dalla voglia di rimanere parte attiva e punto di riferimento all’interno del tessuto sociale. Provando a superare la dinamica meramente assistenziale, molte persone si sono messe a disposizione per salvaguardare il benessere di tutti e rompere con l’individualismo. Tantissimi, probabilmente liberati dai tempi del lavoro, hanno sentito la necessità di attivarsi e uscire dall’isolamento per tessere reti di solidarietà con il vicinato. Le diverse realtà collettive e le singole persone hanno donato parte del proprio tempo, risorse e competenze con lo scopo di mantenere legami e costruire relazioni. Nelle grandi città come Roma, dispersive e disgreganti per certi versi, continuare a fare comunità è stato un segnale di grande importanza. Le ingiustizie e le disuguaglianze sociali sono grandi e rischiano di colpire un numero crescente di persone. Di fronte all’inadeguatezza degli interventi istituzionali, oggi più che mai, queste pratiche di solidarietà e mutuo appoggio riescono a rompere l’indifferenza e a proporre un’idea di legame sociale che va oltre il consumo e la mercificazione. Tutto questo non può prescindere dalla lotta per le politiche di redistribuzione della ricchezza, dalle rivendicazioni sul lavoro per la conquista di maggiori tutele e salari più alti, dalle lotte contro le privatizzazioni e le grandi speculazioni finanziarie ed economiche che violano molti diritti basilari come quello alla salute, alla casa, all’istruzione, alla difesa dei territori. Ma è chiaro che, in questa nuova fase di emergenza sanitaria globale, è fondamentale capire come superare un modello societario improntato sullo sfruttamento e sul profitto, anche a partire dalla capacità di organizzarsi autonomamente.

** Chiara Davoli, ricercatrice presso l’Osservatorio sulla Città globale di Roma