Lampedusa, Ventimiglia e la fabbrica dell’emergenza

1 / 4 / 2011

“E’ una scena agghiacciante”. Luca Bertolino, del presidio Welcome, presente da più giorni a Lampedusa, racconta l’evacuazione dell’isola. “E’ una vero trasferimento di massa, i tunisini sono messi in fila e perquisiti, devono togliersi la cintura e i lacci delle scarpe, poi, mentre aspettano di salire sulla barca, devono sedersi per terra”. “Hanno paura, continua Bertolino, non sanno dove vengono portati e temono di essere rinviati in Tunisia”.

Ecco come viene effettuata l’evacuazione di Lampedusa, l’isola trasformata in carcere dalle autorità italiane, dove fino a ieri migliaia di persone erano bloccate. Questa mattina all’alba è partita la nave Excelsior, con a bordo 1700 persone, direzione Taranto. Stessa destinazione per la Catania della compagnia Grimaldi, che ha lasciato l’isola con 600 persone. Al largo, la nave militare San Marco aspetta di poter attraccare per portare via il suo carico umano. “C’è una completa spersonalizzazione, continua Bertolino, qui nessuno ha avuto modo di raccontare la sua storia nè di chiedere asilo se lo voleva fare”. Maroni aveva promesso un mese fà “un esodo biblico” e decretava “lo stato di emergenza umanitaria”, non stupisce quindi che abbia fatto di tutto per metterlo in scena.

A nord del paese invece, nella città di Ventimiglia, alla frontiera con la Francia, si sta creando una nuova situazione di emergenza. Numerosi ragazzi tunisini cercano di andare oltralpe ma vengono bloccati dalla polizia francese o rinviati in Italia. Schengen è infatti stato rimosso e le frontiere ripristinate, un accordo permette alla polizia francese di rinviare in Italia i migranti entrati in Francia. Si ritrovano quindi alla stazione di Ventimiglia, senza poter andare avanti ne indietro. L’unica mossa delle autorità italiane è stata quella di inviare sul posto forze di polizia “per fare si’ che non disturbino la cittadinanza”, dice Khaled Rawash ai nostri microfoni. Lui è medico, vive e lavora a Ventimiglia e da qualche giorno ha deciso di chiudere lo studio per offrire un’assistenza medica ai ragazzi tunisini che sono bloccati li’. “Abbiamo riempito il vuoto lasciato dalle istituzioni, sono le associazioni e i comitati locali ad aiutare questi ragazzi, dandogli cibo, coperte, assistenza sanitaria e psicologica” continua Rawash “sono tutte persone giovani, vogliono raggiungere amici o parenti in Francia, ma tutte le strade sono state bloccate. C’è chi se ne approfitta e chiede molti soldi per farli passare in macchina, anche attraverso stradine di montagna, ma è tutto bloccato.” Ogni giorno arrivano nuovi ragazzi e per Khaled Rawash ci potrebbe essere il tentativo di trasformare Ventimiglia in una nuova Lampedusa, “qualcuno potrebbe cercare di trarne un profitto politico”.

Ascolta l’intervista a Khaled Rawash, medico di Ventimiglia

Tratto da:

Da Lampedusa l'audio di Luca Bertolino, Campagna Welcome