La Rosa e la Rojava

Paralleli arditi tra il 1919 e i giorni nostri: come si può collegare la rivoluzione Spartachista e l' esperienza della Rojava

15 / 1 / 2016

Partiamo da una data: il 15 gennaio 1919 venivano ammazzati a Berlino Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.

La loro colpa, per l' élite politico-militar-industriale tedesca, era stata quella di aver provato a fare come in Russia. Tra i loro carnefici c’era in primo luogo il governo tedesco, guidato dal primo ministro socialdemocratico Fredrich Ebert. Socialdemocratici che non perdonarono Rosa e Karl non solo il fatto di aver provato a fare la rivoluzione,  ma anche la loro opposizione alla Prima guerra mondiale. Karl Liebknech era stato infatti l' unico in parlamento ad aver votato contro la concessione dei crediti di guerra nel lontano 1914.

Perché partire da una data per raccontare anche quello che succede oggi nel nord della Siria, nella Rojava, regione di fatto resasi autonoma dal 2012. Forse per il fatto che  la guerra muta le condizioni, sancisce un prima ed un dopo; in quelle condizione estreme e terribili possono maturare anche esperienze importanti. Al di là di questo l' autogoverno della Rojava si ispira al confederalismo democratico, teoria di prassi libertaria e di metodo popolare che sancisce la  governance del basso verso l'alto,  la messa in discussione della burocrazia a favore di un metodo reticolare ed allargato dei poteri.

In questo l’esperienza curda mette in moto un’altra possibilità di salto temporale, che muove dritta verso Rosa Luxemburg e la sua critica a Lenin. Rosa Luxemburg critica, in particolare, l'abolizione delle libertà democratiche: senza libertà di stampa, senza diritto d'associazione e di riunione, la rivoluzione non può andare avanti, perché questi diritti sono uno strumento indispensabile per l'auto-educazione politica delle masse popolari. I bolscevichi hanno istituito i Soviet come organismo rappresentativo delle masse lavoratrici: "ma col soffocamento della vita politica in tutto il paese - scrive la Luxemburg - anche la vita dei soviet non potrà sfuggire a una paralisi sempre più estesa. Senza elezioni generali, libertà di stampa e di riunione illimitata, libera lotta d'opinione in ogni pubblica istituzione, la vita si spegne, diventa apparente e in essa l'unico elemento attivo rimane la burocrazia". Rosa Luxemburg condivide il principio della dittatura del proletariato, ma per lei "questa dittatura deve essere opera della classe e non di una piccola minoranza di dirigenti in nome della classe"[1].

Gli esempi che ci saranno con la rivoluzione spagnola del 1936 e la guerra antifascista e successivamente, dopo il crollo del muro,  l'esperienza Zapatista e della Rojava tengono conto di questa critica.

Un’altro elemento importante di questo confronto è la questione delle nazionalità e delle religioni. La Luxemburg aveva ben presente la questione ebraica, visto che lei nasce e si forma in una famiglia ebrea in Polonia al tempo dell’occupazione del Impero Zarista. Contribuì inoltre a far sviluppare l' Unione Generale dei Lavoratori Ebrei (Bund ebraico), una confederazione che polemizzò a lungo con le istanze dei sionisti, i quali credevano in un legame di sangue e suolo con la Palestina. E lei stessa disse che le condizioni  per gli ebrei di crearsi uno Stato sarebbero state peggiori che affermarsi in società dove le masse fossero emancipate anche dal condizionamento religioso.

Su questo tema il collegamento continua citando la carta sociale dei popoli della Rojava.

“Noi popoli che viviamo nelle Regioni Autonome Democratiche di Afrin, Cizre e Kobane, una confederazione di curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni, liberamente e solennemente proclamiamo e adottiamo questa Carta. Con l’intento di perseguire libertà, giustizia, dignità e democrazia, nel rispetto del principio di uguaglianza e nella ricerca di un equilibrio ecologico, la Carta proclama un nuovo contratto sociale, basato sulla reciproca comprensione e la pacifica convivenza fra tutti gli strati della società, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riaffermando il principio di autodeterminazione dei popoli.
Noi, popoli delle Regioni Autonome, ci uniamo attraverso la Carta in uno spirito di riconciliazione, pluralismo e partecipazione democratica, per garantire a tutti di esercitare la propria libertà di espressione. Costruendo una società libera dall'autoritarismo, dal militarismo, dal centralismo e dall'intervento delle autorità religiose nella vita pubblica, la Carta riconosce l’integrità territoriale della Siria con l’auspicio di mantenere la pace al suo interno e a livello internazionale.
Con questa Carta, si proclama un sistema politico e un’amministrazione civile fondata su un contratto sociale che possa riconciliare il ricco mosaico di popoli della Siria attraverso una fase di transizione che consenta di uscire da dittatura, guerra civile e distruzione, verso una nuova società democratica in cui siano protette la convivenza e la giustizia sociale[2].

Ricordiamo infine che, negli stessi giorni in cui a Berlino si consumava l’epopea e il dramma della rivoluzione Spartachista, a Monaco di Baviera veniva fondato il Partito tedesco dei Lavoratori che poi divenne Il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, con a guida Adolf Hitler ovvero Abu Bakr al-Baghdadi del secolo scorso. Continuando l’ardito parallelismo e citando ancora una volta Rosa Luxemburg l' alternativa è ancora: socialismo o barbarie[3]. In altri termini: o si dà vita al divenire reale di un alternativa radicale a questo sistema capitalistico oppure assisteremo all'implosione nella barbarie quotidiana della guerra e della crisi permanente .



[1] Per approfondire si veda: R. Luxemburg, La Rivoluzione russa. Un esame critico – La tragedia russa, Bolsena, Massari, 2004, traduzione di L. Amodio

[2]da Uiki onlus. ufficio di informazione del Kurdistan in Italia ) http://www.uikionlus.com/carta-del-contratto-sociale-del-rojava-siria/

 

[3] R. Luxemburg , Junius-Broschüre: Die Krise der Sozialdemokratie, 1916