Sherazade che inganna la crisi

La rivoluzione della cultura: dalla messa in crisi del sistema a nuove forme di autogoverno.

29 / 9 / 2011

Ora l’estate è finita. Il teatro Valle è stato l’epicentro di una prima scossa tellurica. È riemersa una vitalità sotterranea, si è aperta una piazza di discussione, abbiamo provato ad aprire le questioni che ci premono e a individuare le pratiche da mettere in campo. Ma non solo.

Fuori da una logica corporativa proviamo a tirare il filo che unisce le condizioni comuni dei lavoratori dell’immateriale a partire dalle proprie condizioni materiali e quelle di un’intera generazione.

Proviamo a riappropriarci del nostri strumenti immaginativi, di uno spazio del comune e insieme di un linguaggio che le retoriche del potere hanno svuotato della potenzialità creativa e sovversiva colonizzando la narrazione del presente. La classe dirigente italiana tratta con disprezzo la cultura: eppure proprio la comunicazione, il cinema, il teatro, la televisione, la scrittura, la scuola e l’università, sono stati strumento per mantenere i privilegi, assicurare vita durevole alle clientele, creare monopoli privati con soldi pubblici. Una fiction da incubo che dura da vent’anni.

Adesso ci raccontano le favole tristi dell’austerity. Cosa rispondiamo alla dittatura della finanza imposta dalla BCE e dagli stati europei? Spread, bond, bot e cct, btp, btp future, debito pubblico e bolla finanziaria, cartolarizzazioni, ammortamento, dow jones e asset allocation, azioni, bid, pil, fmi, default, deficit e fondi di liquidità… personaggi virtuali che manipolano le nostre vite. Prendono corpo nella realtà attraverso una manovra economica che alimenta il mostro del mercato finanziario e distrugge i diritti dei lavoratori e il welfare, aumenta le tasse, precarizza il lavoro e le vite e tratta la cultura come una forma di intrattenimento per pochi. È lo spettro della bancarotta degli stati che inquieta l’Europa della finanza. Noi abbiamo in mente un’altra idea di ricchezza, sociale e condivisa.

“Amici, romani, concittadini, prestate orecchio!” Chiamiamo tutte e tutti, lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, della cultura, dell’arte, dell’editoria, della comunicazione, dell’università e della scuola, studenti e studentesse dell’università e delle accademie d’arte ad un’assemblea al Teatro Valle il 30 settembre:

Può la cultura in questo momento in Italia essere zona di conflittualità? La frammentazione e la precarietà del lavoro culturale possono essere vettore di radicalità? Come rendere visibili gli interessi economici e i profitti che muovono l’industria dell’immateriale? Come interrompere il flusso di produzione? Come prendere posizione collettivamente contro i monopoli attivi nel cinema, nella televisione, nell’editoria, nello spettacolo che ci sottraggono la possibilità di narrare il presente?

Nel corpo vivo dei beni comuni riconosciamo dispositivi di riappropriazione di risorse e di poteri, nuove forme di autogoverno e nuovi modi di costruire spazi dell’agire e del vivere condiviso. Per nutrire un processo costituente. E seminare la rivolta del sapere.

La cultura può diventare motore di trasformazione in una società in crisi permanente? Può l’intelligenza combattere la finanza? L’immaginazione può ricominciare a sognare?

Invitiamo tutti a partecipare dalle h 11 alle h 19 al Teatro Valle Occupato.

Vedi il programma della giornata

http://www.teatrovalleoccupato.it/