Ripartiamo insieme. Tra le tante cose che ci ha consegnato
l’assemblea online per la Carta di Lampedusa di venerdì sera certamente
questa è quella che sintetizza più di altre lo spirito con cui da oggi è
possibile rimettersi in cammino.
Cinquantanove postazioni internet collegate, oltre settanta
associazioni, collettivi, piccole e grandi organizzazioni, una miriade
di realtà di diversa estrazione che parlano diversi linguaggi, hanno
dato vita, attraverso la piattaforma di webconference messa a disposizione da Global Project, ad uno straordinario momento di discussione ed elaborazione collettiva.
Al
centro del dibattito la proposta di incontro a Lampedusa che, come
deciso dall’assemblea, si terrà dal 31 gennaio al 2 febbraio del
prossimo anno.
Una necessità impellente, come hanno ribadito i diversi interventi,
dettata da ciò che è accaduto il 3 ottobre, dalla necessità di mettere
fine alle morti nel Mediterraneo, ma anche e soprattutto dalla
consapevolezza che quella tragedia ha richiamato anche i movimenti a
rimettersi in gioco.
Perché il 3 ottobre ha certamente messo in crisi la legittimità delle
politiche europee in materia di immigrazione, ma al tempo stesso, come
accade con l’operazione Mare Nostrum, ha aperto al rischio che
quegli stessi avvenimenti vengano utilizzati ancora una volta dalla
politica per riaffermare le sue strategie, fatte di pattugliamenti e
militarizzazione, di uso del confine per costruire cittadinanza
gerarchica e diritti differenziati.
Ecco perché i movimenti sono richiamati a mettersi in cammino: per riempire quello spazio, per non lasciare che tutto rimanga uguale a prima, perché il 3 ottobre sia un punto di svolta per il cambiamento.
Perché in questi anni una miriade di lotte, di vertenze, si sono espresse sul terreno del conflitto in una battaglia impari contro i dispositivi messi in campo per il controllo delle migrazioni, producendo conquiste che troppe volte sono rimaste confinate territorialmente o non hanno potuto trovare una codificazione nel diritto, essere sorgenti di nuovi istituti della cittadinanza. Allo stesso tempo chi si è organizzato strutturalmente per intervenire in maniera diretta all’interno delle istituzioni che governano questi dispositivi, con tavoli, commissioni, etc etc, chi insomma ha lavorato, con ogni migliore intenzione, sperando che la politica ufficiale potesse muoversi in diversa direzione, si è certamente accorto che in fondo, a conti fatti, è stato travolto da un processo di imbarbarimento sul terreno dell’immigrazione che lo ha costretto a gestire le ceneri prodotte da quegli stessi meccanismi. Perché i migranti stessi che in questi anni hanno dato vita a momenti di auto-organizzazione, per la dignità nel lavoro o per il diritto all’abitare, per uscire dalla clandestinità o per non essere costretto ad entrarvi, richiamano la necessità di un processo comune di cambiamento: non nuovi diritti per loro, ma un nuovo luogo dei diritti per tutti.
Ecco allora il tentativo di fare un balzo in avanti, di
cui si è intravisto un focolaio proprio nell’assemblea di venerdì, di
far tesoro di quel patrimonio straordinario di conflitti, di lotte
auto-organizzate, di esperienze di solidarietà, di tensione
anti-razzista, di battaglie legali, di progetti territoriali, perché
possano vivere un nuovo presente immediatamente euromediterraneo, che si
muova per modificare insieme la geografia dell’Europa e la vita di
milioni di persone.
Uno spazio dei movimenti, delle associazioni, delle organizzazioni,
pubblico, politico, culturale, sociale che decostruisca questo impianto
politico, culturale, sociale, economico che governa le nostre esistenze.
Uno
spazio fino in fondo EuroMediterraneo, laddove i dispositivi che
governano le migrazioni hanno ormai una sorgente comune nelle politiche
europee che al tempo stesso proiettano il loro sguardo in maniera
strutturale sull’altra sponda del Mediterraneo o ad Est: con flussi
economici, militari, politici, finanziari.
Dalla frontiera mortale di Melilla, al muro sul confine turco, dalle
frontiere elettroniche del deserto del Sahara a quelle mobili di Romania
e Bulgaria, dall’isola di Lampedusa al cuore dell’Europa, si gioca una
partita che va ben oltre il controllo dell’immigrazione.
La Carta di Lampedusa
A
cavallo tra gennaio e febbraio, movimenti, associazioni,
organizzazioni, italiane, europee, mediorientali e nordafricane si
incontreranno così sull’isola per scrivere la Carta di Lampedusa. Non
una nuova organizzazione, ma un patto, un manifesto, una dichiarazione,
una convergenza di intenti: una fonte di diritto dal basso, non dato, ma
legato all’immediata necessità di difenderlo e conquistarlo.
A breve, attraverso un wikiblog inizierà un percorso di scrittura
collettiva della proposta da discutere sull’isola: una dichiarazione di
ampio respiro, che guarda oltre le questioni specifiche perché è
impossibile segmentare le diverse dimensioni che hanno a che vedere con
l’Europa e le sue frontiere, ma capace di perseguire immediatamente
anche l’obbiettivo.
L’istituto del confine, il diritto d’asilo e le possibilità di circolare
liberamente dentro e fuori l’Europa sono indissolubilmente legati ai
diritti di cittadinanza, allo sfruttamento, alle discriminazioni che
proprio all’interno dell’Europa si ripresentano come confini imposti
nuovamente a chi li ha attraversati producendo una cittadinanza, per
tutti, gerarchizzata e impoverita.
Per questo a gennaio si discuterà di frontiere e della loro militarizzazione, di cooperazione ed accordi con gli “Stati Terzi”, di diritto d’asilo e di accoglienza, di circolazione europea (Shengen-Dublino-Direttiva/38) e detenzione dei migranti, di sfruttamento e discriminazioni, di Bossi Fini e di burocrazia del dispresso, di diritti di cittadinanza e del loro allargamento a partire da tanti no, che senza ambiguità è venuto il tempo di dire e di ordinare quasi come rappresentassero l’immediata applicazione della carta di Lampedusa, i primi obbiettivi su cui lavorare affinché questa fonte di diritto costruita dal basso possa affermarsi.
L’appuntamento ora è per i primi giorni di gennaio quando si riunirà nuovamente online l’assemblea per la costruzione della Carta di Lampedusa. A breve invece la convocazione dell’evento ed il WikiBlog per iniziare a scrivere collettivamente il manifesto per un nuovo spazio euromediterraeno.