La partita della canapa

16 / 12 / 2020

Dopo 59 anni, la Commissione delle Nazioni Unite sugli Stupefacenti ha preso decisioni sulla classificazione delle sostanze stupefacenti, modificando in parte le quattro tabelle che dal 1961 classificano piante e derivati psicoattivi a seconda della loro pericolosità.

Sono state votate una serie di misure su proposta dell'OMS (organizzazione mondiale della sanità) in merito alla riforma internazionale della cannabis e dei suoi derivati psicoattivi e farmaceutici.

L’Onu ha riconosciuto il valore terapeutico della cannabis per cui, come sottolineato dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità, esistono ormai ampie evidenze scientifiche. La votazione su questo punto si è conclusa con 27 voti favorevoli, 1 astensione e 25 voti contrari. L’Unione europea, Italia compresa, ha votato a favore con la sola eccezione dell’Ungheria. La decisione dovrebbe agevolare la legalizzazione della cannabis, ma il voto non avrà un impatto immediato sull’allentamento dei controlli internazionali, perché i governi avranno ancora giurisdizione su come classificare la cannabis.

Tabelle canapa

L'Italia persa la grande spinta dei radicali degli anni 90 e 80 si trova in una situazione confusa; analizziamola brevemente:

Cannabis ricreativa

In Italia qualsiasi varietà di canapa, indipendentemente dal suo tenore di THC, quanto a fiori, foglie, oli e resine, è classificata come pianta da droga dal Testo Unico Stupefacenti (DPR 309/1990); è illegale lo spaccio (anche a titolo gratuito), ma non il possesso per l'uso personale, che costituisce solo un illecito amministrativo punibile con sanzione pecuniaria. 

Per determinare se il possesso sia a fini personali o per cessione a terzi il giudice valuta ogni singolo caso per decretare se esso possa rientrare nel criterio di "uso personale", tenendo in considerazione quantità trovata, eventuale presenza di denaro contante e strumenti atti al dosaggio e confezionamento della sostanza. Con sentenza del 19/12/2019 la Cassazione ha stabilito che non costituisce reato la coltivazione se questa è "di minime dimensioni e svolta in forma domestica, attraverso pratiche rudimentali e su un numero scarso di piante”.  

La dichiarazione di incostituzionalità della cosiddetta “legge Fini-Giovanardi” da parte della Corte costituzionale nel 2014, non ha risolto, ma ha reso anzi ancora più urgente la revisione della legislazione sulle sostanze stupefacenti. Dopo trent’anni dall’approvazione del Testo unico Stupefacenti, l’impianto repressivo e sanzionatorio non ha impedito l’aumento della circolazione delle sostanze e continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri. Il 29,6% degli ingressi in carcere nel 2019 è stato causato da imputazioni o da condanne sulla base dell’articolo 73 del Testo Unico. Il 34,8% delle presenze in carcere è legata a due soli articoli di una sola legge dello Stato (articoli 73 e 74 DPR 309/90), confronto a una media europea per gli stessi reati del 18% e una media mondiale del 20%.

Cannabis medica e terapeutica

Dal 2007 possibile prescrivere una serie di derivati del THC, i medici possono prescrivere inoltre preparazioni magistrali costa contenenti sostanze a base di cannabis preparate in strutture preposte come previsto dal testo unico sulle droghe 309 del 1990, il Ministero della Salute sottolinea che non avendo tali preparazioni indicazioni terapeutiche autorizzate “il medico deve ottenere il consenso del paziente al trattamento specificare nelle ricette le esigenze particolari che giustificano il ricorso la prescrizione estemporanea mantenendo l'anima t del paziente. Tuttavia, come previsto dal decreto ministeriale del 9 novembre 2015 la prescrizione di cannabis a uso medico e limitata al dolore cronico ed a quello associato a sclerosi multipla lesioni al midollo spinale disturbi da chemioterapia radioterapia terapie da HIV, Trattamento di alcune malattie nervose e disturbi associati alla sindrome di Gillet della Tourette, questo sempre e solo quando risultino inefficaci le terapie convenzionali (spesso costose e dolorose)

Dal 2007 è possibile importare Canapa dall’Olanda attraverso i ministeri di salute e difesa dal 2015 e iniziata la produzione “made in Italy” che procede comunque a rilento e tutto in forma parastatale e di ricerca. Le ultime stime mediche nazionali indicano che il fabbisogno dei pazienti italiani si aggirerebbe sui 20000 kg l'anno considerando solamente i già nominati pazienti su cui le terapie convenzionali non risultano efficaci.

Cannabis light in Italia

Italia cannabis light legale è regolamentata dal decreto- legge 242 /2016 entrato in vigore il 1° gennaio 2017 che ha introdotto novità significative soprattutto merito alla coltivazione a scopo industriale

Entrando nel vivo del testo, faccio presente che i produttori certificati e controllati dallo stato hanno la possibilità di coltivare solamente le varietà certificate. Tra le tante opzioni troviamo quella della cannabis sativa. Ricordo infatti che all'interno di questo decreto-legge vengono trattate anche tutte le produzioni di canapa ad uso cosmetico, tessile, alimentare le quali vengono poi sottoposte alle regolamentazioni specifiche.

La caratteristica principale della cannabis light riguarda il basso contenuto di THC. Per legge, il principio psicoattivo per eccellenza non deve superare lo 0,2. Dal momento che per i produttori non è facile mantenere questa soglia, ne è stata stabilita una di tolleranza pari allo 0,6%.

Un altro elemento che possiamo forse definire unico nei campi della produzione agricola e quello il dell'obbligo della conservazione per almeno 12 mesi delle etichette delle sementi piantate; determinati coltivatori possono produrre sementi improprio inviando campioni ai laboratori di analisi.

È tuttavia da notare che nel suo complesso il decreto non si esprime in merito al consumo di cannabis light a scopo ricreativo, né in termini di vendita o cessione del prodotto o del consumo/assunzione del medesimo. Nei casi giudiziari riguardanti consumatori di cannabis light i giudici hanno riconosciuto l'innocenza dei soggetti e hanno segnalato il vulnus legislativo

Gli ultimi iter legislativi italiani

Dal 2017 in poi legislatori sono più volte più volte intervenuti in merito alla questione della cannabis light spesso in contrasto con le normative europee a tal proposito ricordiamo la circolare del Ministero dell’Interno dell'estate 2019, Matteo Salvini all'epoca inquilino del Viminale aveva promesso guerra totale ai negozi di cannabis light forte della sentenza della Corte di Cassazione, che a maggio aveva vietato "la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis", ammesso però che venga dimostrata la loro "efficacia drogante". Su questa dicitura efficacia drogante si era scatenata una vera e propria lotta legislativa fra produttori e Ministero dell’Interno la totalità dei tribunali che hanno poi sentenziato in materia hanno dato ragione ai produttori riconoscendo la non presenza di principio psicoattivo nei prodotti si è stabilito che senza un effetto psicotropo non c'è una rilevanza penale.

Col rimpasto di governo non è cambiato poi molto poiché destando scalpore a inizio ottobre 2020 il ministro della salute Roberto Speranza ha emesso un decreto in cui il CBD oh cannabidiolo era inserito tra le sostanze stupefacenti benché privo di effetti psicoattivi.

Inutile dire che il decreto ha generato panico negli operatori del settore, un giro d'affari da più di 150 milioni e 10.000 addetti, e quali si vedevano da un giorno all'altro relegati nell’illegalità, nominando dal decreto è bene ricordare come sia stato emanato a poca distanza da un’autodichiarazione dell'Agenzia della Dogana inviata a tutti i titolari di tabaccherie in cui si invitava a esplicitare di non vendere prodotti a base di cannabis.

Il decreto e stato immediatamente cassato, viste le dichiarazioni in merito dell’OMS e la totale mancanza di evidenze scientifiche da parte del ministero. Il ministro speranza ha invitato l'istituto superiore di sanità il consiglio superiore di sanità a esprimersi sull'argomento rivalutando complessivamente le tabelle sugli stupefacenti.

Le attuali proposte di legge.

Attualmente al vaglio del parlamento vi sono due proposte di legge una della Lega l’altra di un intergruppo tra 5 Stelle, Partito Democratico e gruppo misto.

La proposta della Lega

Depositata il 9 ottobre 2019, la proposta di legge a prima firma Molinari è composta da due soli articoli:

1. l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis. Per semplificare se si fuma una canna scatta l’arresto immediato anche per un tiro.

2. dopo l’arresto, l’incarcerazione. Secondo la proposta della Lega la pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro. E questo in modo tassativo perché la proposta chiede di eliminare le pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene cannabis e il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro.

Inutile dire che è un orrore giuridico oltre che politico, l’articolo 589 del Codice penale che tratta di omicidio colposo prevede un massimo di 15 anni tanto per fare un raffronto

La proposta dell’intergruppo

Alla discussione sulla proposta della Lega, il 12 febbraio 2020 viene abbinata la proposta di legge a prima firma Riccardo Magi. Verte sugli stessi punti toccati dalla Lega, unica scelta possibile per garantire l’abbinamento, ma in direzione contraria anche in questa proposta ci sono due soli articoli che possiamo così sintetizzare: non è punibile (né con pena carceraria né con sanzione amministrativa) chi, “anche senza autorizzazione, coltiva un numero limitato di piante di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope destinate a un uso esclusivamente personale”.

Se la proposta Magi diventasse legge, ogni giudice sul territorio nazionale vi si dovrebbe attenere e sarebbero soppresse anche le sanzioni amministrative, quindi non sarebbe più possibile nemmeno il sequestro da parte delle forze dell’ordine, che potrebbero spostare uomini e risorse al contrasto di droghe pesanti e narcotrafficanti.

Cannabis e carcere

Dopo 30 anni di applicazione, i devastanti effetti penali del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti Jervolino-Vassalli (l’art. 73 in particolare) sono evidenti. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri.

Riguardano la cannabis il 58% delle operazioni antidroga, il 96% dei sequestri e il 48% di tutte le denunce alle autorità giudiziarie; un detenuto su tre è in carcere per reati legati alla droga.

La legge Fini-Giovanardi, una legge carcerogena era riuscita a far dare il peggio al nostro paese, avendo il demerito di aver riempito le carceri di giovani consumatori (si pensi che nel 2009 i detenuti per reati di droga erano il 41,56% del totale; con l’abrogazione per incostituzionalità della Fini-Giovanardi si è verificato un calo immediato al 35,3% del 2014, fino ad arrivare al 33,9% del 2015). Inoltre, la demagogia mediatica di una certa destra sulla cannabis è stata co-direttamente responsabile di abusi polizieschi e dei successivi insabbiamenti che hanno portato anche a casi estremi come quelli di Cucchi, Aldrovandi, Uva. Vergogne indelebili della storia delle forze dell’ordine italiane.

La legislazione sulle droghe e l’uso giudiziario (e politico) che ne viene fatto sono decisivi nella repressione penale: la scarcerazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti. Basti pensare che ad oggi in assenza dei detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario.

Dopo 30 anni di applicazione del Testo Unico non si può più considerare tutto questo come un effetto collaterale della legislazione antidroga, ma come un qualcosa di evidentemente voluto.

Oggi la politica italiana si trova di fronte ad un bivio: può proseguire con leggi repressive e inconcludenti, che in 30 anni di applicazione non hanno fatto altro che criminalizzare inutilmente una parte del paese, oppure può cogliere un cambiamento globale in atto che porterebbe enormi benefici. La partita della canapa in Italia è di nuovo sul tavolo.