La llaman democracìa y no lo es: sensazioni dalla Puerta del Sol

La notte del Sol e le prospettive di una rivolta

Diario da Madrid - UniCommon March

24 / 5 / 2011

Una notte immersi nell'immensa vitalita' della piazza, nelle vie trasformate in quartier generale della rivolta, mentre per tutta la notte continuano decine di asssmblee e di assembramenti davanti alle banche e alle multinazionali, davanti ai ministeri e al palazzo della Regione. Un racconto del giorno delle elezioni e dell'assemblea che decide il proseguimento delle mobilitazioni.

Il sabato resta sempre la giornata più intensa, e dal punto di vista politico, e da quello della movida. La quantità di persone che continuava ad affollare la piazza, il presidio permanente di Puerta del Sol, sembrava una marea umana che armata di cartelli, post-it e fischietti inneggiava ad un cambiamento possibile. L’impressione era che niente e nessuno poteva demoralizzare quella composizione determinata a costruire nella propria piazza la difesa del proprio futuro. Mescolandoci  tra di loro siamo stati travolti da quell’entusiasmo contagioso e anche noi abbiamo inziato a cantare e ad urlare, saltare e muoverci nella folla, una moltitudine di diversi che finalmente cominciano a costruire un immaginario e un’esperienza comune.

Tanti i cori e gli slogan che si dispiegano in maniera spontanea in ogni angolo della piazza: “Acì vota Madrid!”, “Éstas son las llaves de casa de mis padres!”, “La llaman democracia y no lo es!”. Spesso si sentivano anche dei cori che ci riportavano alle nostre manifestazioni passate: “Vuestra crisis no la pagamos” è un riflesso immediato della nostra Onda anomala del 2008 e “Que no nos representan” è il grido dell’affermazione della crisi della governance europea che quest’autunno ci ha fatto urlare “Non ci rappresenta nessuno”.

In migliaia cantando “Esta es la llava de la casa de mi padre” imitavano gli egiziani che sventolavano mazzi di chiavi per invitare i governanti ad andarsene rivendicando la piazza come fosse la casa di tutti; allo stesso modo i giovani madrileni rivendicano accesso alla casa e indipendenza dalla famiglia sventolando mazzi di chiavi in aria.

D’improvviso, da un’impalcatura altissima veniva srotolato, accompagnato da un boato di consenso e da una una selva di fumogeni e torce,  uno striscione di enormi  dimensioni che recitava: “Abajo el r€gimen! Viva la lucha del pueblo. Sin Miedo!” (Abbasso il regime! Viva la lotta del popolo. Senza paura!).

Sono stati i nostri compagni e guide politiche di questi giorni: i compagni di Juventud sin futuro, delle facoltà della Universidad Complutense e della Carlos III. Sono un gruppo di studenti, ricercatori e precari che da anni lottano all’interno del mondo della formazione contro i tagli e la gestione economica  scriteriata del governo e delle banche. Il loro motto compare ovunque nelle pareti e nei cartelli di Puerta del Sol: “Sin casa, sin curro, sin pension, sin miedo!” (Senza casa, senza lavoro, senza pensione, senza paura!), hanno lanciato la mobilitazione di aprile e il corteo del 15 da cui tutto questa è nato.

La domenica mattina, il giorno delle elezioni,  la città sembra completamente diversa da come l’abbiamo lasciata. Per la strada che percorriamo verso Puerta del Sol orde di turisti invadono i negozi, le chiese e i monumenti, artisti di strada si moltiplicano lungo il percorso. Arrivati in piazza sembra essersi smarrita quella potenza politica a cui abbiamo assistito la sera precedente: non c’è più quella moltitudine che riempiva ogni centimetro e un odore forte di movida è rimasto appiccicato alle pareti dei palazzi che circondano il chilometro zero della Spagna.

Nonostante tutto ancora centinaia di tende e sacchi a pelo accolgono le migliaia di persone che hanno trasformato quella piazza nella propria casa. Ma questo svuotarsi mattutino è un fenomeno costante di questa settimana. In oltre molti sono andati anche a votare: alle 18 un buon 70% dei madrileni si è presentato alle urne. Il risultato lo sapremo a breve, ma la vittoria della destra, del PP sembra vicina.  L’assemblea è comunque partecipata da centinaia di persone e questo risultato, invece, lo si poteva immaginare già da prima.

Si discute di legge elettorale, di precarietà, di lavoro perché la disoccupazione in Spagna ha raggiunto livelli impressionanti (45 per cento sotto i 25 anni), di università, arrivano notizie da Barcellona (impressionanti le foto su facebook, decine di migliaia anche nella capitale della Catalogna che nei giorni scorsi aveva visto numeri molto più bassi).

I post-it attaccati sulle stazioni della metro e sui palazzi raccontano i desideri e le emozioni di migliaia di persone,  giovani  acampados chiacchierano con anziani arrivati li per capire, per informarsi e sostenere la mobilitazione. Famiglie intere attraversano la piazza incuriosite,accolte da un cartello enorme che dice “Non guardateci, unitevi alla lotta”. Intanto è nata una sorta di falegnameria autogestita, dove vengono costruiti e montati gazebo, pali e sostegni per i tendoni che in pochi giorni hanno reso il centro di Puerta del Sol simile alla casbah di una qualunque città del nordafrica. Ed è proprio a piazza Tahir che molti cartelli si riferiscono, mentre altri parlano di rivoluzione, di rivolta contro i banchieri, ma anche di non-violenza e riforma della legge elettorale, di disoccupazione e di diritto alla casa.

Dai punti ristoro annunciano che non hanno più spazio per le conserve che i cittadini spontaneamente hanno regalato come contributo alla acampada, in tanti fanno la fila, ordinatamente in un enorme caos, per un bicchiere d’acqua o un panino, il tutto rigorosamente gratuito.

La piazza rimarrà fino a domenica 29 Maggio, l’acampada non si smantella, gli indignados non se ne vanno e la protesta continua. E così, quasi per magia,come se il tempo per tutte queste persone si fosse fermato, nel giro di pochi minuti le assemblee riprendono, i sacchi a peli si svuotano e le tende vengono smontate. Tutto mentre piazza di Puerta del Sol comincia di nuovo ad essere invasa dagli indignados.

Si aspettano i risultati elettorali, ma il movimento intende andare avanti, rilanciare nei quartieri, avere la capacità di mantenere aperto uno spazio di conflitto irrappresentabile. Oltre la probabile vittoria delle destre, contro la gestione della crisi del governo Zapatero, una generazione, o meglio più generazioni, hanno cominciato a mettersi in cammino. Non è facile, ma è bello. Nulla è scontato, tutto è possibile. Con queste sensazioni ci allontaniamo dalla piazza per tornarci tra alcune ore, per continuare a vivere questa esperienza che ci insegna molto, ci emoziona, ci arricchisce.

Alioscia Castronovo e Roberto Cipriano - UniCommon in Diario da Madrid