La crisi morde tutti, anche Renzi

La politica economica del governo tra le smargiassate toscane e le difficoltà imposte dalla crisi.

di Bz
3 / 9 / 2014

La crisi morde: ad agosto l'Italia è entrata in deflazione. Non accedeva dal 1959, quando però l'economia era in forte espansione. Allora la variazione dei prezzi risultò negativa dell'1,1%, in una fase di 7 mesi di tassi negativi. Doccia gelata anche sul fronte occupazione. Nel mese di luglio gli occupati sono scesi dello 0,2% rispetto a giugno, in calo di 35 mila unità. E' come se si fossero persi più di mille occupati al giorno. Ad agosto risulta ancora in deflazione anche il cosiddetto carrello della spesa, ovvero l'insieme dei beni che comprende l'alimentare, i beni per la cura della casa e della persona. Il ribasso annuo è infatti pari allo 0,2%, anche se in recupero rispetto al -0,6% di luglio.

Anche il PIL si è contratto in Italia come in Europa. Gli 80 euro a disposizione delle fasce a basso reddito della popolazione italiana non hanno inciso sulla capacita e sull’aumento dei consumi, se avranno un effetto virgola 0 qualcosa lo si potrà vedere fra qualche mese. Lo confermano l'Istat e Eurostat. Con il primo trimestre chiuso a -0,1%, l'Italia è di fatto in recessione. La stagione proseguirà, ci dicono le stime dell'Istat. "Le previsioni per il terzo trimestre 2014 indicano una sostanziale stagnazione dell'economia. La variazione congiunturale del Pil prevista per il terzo trimestre è pari a zero con un intervallo di oscillazione compreso tra +0,2% e -0,2%".

È quanto avevamo già scritto riciclando e adattando alla fase politico economica la definizione macroeconomica, in uso alla meta degli anni settanta, di stag-flation, usata per descrivere la commistione della stagnazione del ciclo produttivo con un processo inflazionistico sul piano dell’aumento dei prezzi al consumo, che ora può sintetizzare che, sostituendo ad inflazione la deflazione, cioè il calo del prezzo dei consumi al dettaglio, che sta a significare semplicemente ma brutalmente che la fascia maggioritaria dei cittadini italiani non ha denari a disposizione per allargare la propria sfera di consumo. La massa monetaria destinata alla riproduzione e al mantenimento della qualità della vita si è ridotta e continua a ridursi in una deriva da crisi economico produttiva permanente. Situazione molto più grave socialmente rispetto all’attacco ai livelli di reddito conquistati dai lavoratori negli anni 70 mediante l’uso politico dell’inflazione, in quanto descrive l’odierna crisi come strutturale a fronte di quella che è stata, principalmente, una crisi di comando sui processi di accumulazione e dislocazione capitalistici.

La disoccupazione continua a salire. Sempre secondo quanto certifica l'Istat (dati provvisori), a luglio balza al 12,6%, in rialzo di 0,3 punti percentuali su giugno e di 0,5 punti su base annua. Lo rileva l'Istat (dati provvisori), il tasso di disoccupazione dei 15-24enni a luglio è pari al 42,9%, in calo di 0,8 punti percentuali su base mensile, ma in rialzo di 2,9 punti nel confronto annuo. L'Istat aggiunge che sono in cerca di un lavoro 705 mila under25. E se l’Italia piange, l’Europa non ride affatto, la stessa locomotiva tedesca è in affanno.

È evidente, dunque, che è la massa salariale che è in caduta libera, una perdita generale di potere d’acquisto, sostenuto per un lunga fase dal cospicuo risparmio delle famiglie italiane che ora sta drasticamente scemando. Renzi e il suo governo si prodigano in colpi di scena massmediatici per mantenere le simpatie degli italiani, insistendo sul concetto di mal comune in Europa mezzo gaudio in Italia perché così si potranno rivedere i paletti drastici della BCE e del Fiscal Compact. Così si prende tempo rilanciando la politica economica del governo per i prossimi 1000 giorni, bloccando la contrattazione nel Pubblico Impiego per altri 3 anni, promettendo, intanto, fumosi miliardi a destra e a manca ma senza che nel concreto si veda qualcosa di tangibile e di concreto, anzi dietro l’angolo si profilano i grandi numeri di una pesante manovra economico finanziaria in vista della legge di bilancio. Se non si intende, in Italia, investire segmenti produttivi e di servizi socialmente utili e il reddito disponibile permane strettamente collegato all’occupazione, visto che le ventilate misure a sostegno di un reddito di cittadinanza si allontanano nel tempo, va quantomeno rilanciata la vecchia parola d’ordine di ‘lavorare meno’ anche, semplicemente e banalmente, facendo riferimento a quanto si lavora mediamente meno in Germania [-80 ore] o in Francia [- 150 ore] all’anno.

Proponiamo qui un interessante contributo postato da Matteo Bartocci e tratto da5 Dirty Secrets About the U.S. Eco­nomy, un arti­colo del blog di Umair Haque pub­bli­cato sull’Har­vard Busi­ness Review.

I 5 sporchi segreti del declino italiano

Se c’è una cosa che odio in que­sti giorni è discu­tere della crisi italiana.

Sarà il sala­rio minimo pre­sente in tutta Europa tranne l’Italia a distrug­gere l’umanità? Saranno gli 80 euro di Renzi ad aggiun­gere lo 0,0007 per cento al Pil? Se man­gias­simo tutti gli ali­menti sca­duti potremmo scon­fig­gere la fame? Non è impres­sio­nante che la borsa rag­giunga nuove vette e lo spread sia ai minimi sto­rici men­tre il potere d’acquisto delle fami­glie si restringe?

Mi sento come se stessi ascol­tando un dibat­tito sul sesso degli angeli.

Secondo me, ci sono cin­que spor­chi segreti sull’economia ita­liana che non ci vogliono far sapere .

Numero uno. La più grande men­zo­gna di tutti. Aggiu­stare l’economia ita­liana è qual­cosa di simile al tele­tra­sporto su Giove: è impos­si­bile! Al di là delle nostre pos­si­bi­lità! Fantascienza!

Con­tra­ria­mente a quasi tutto quello che si sente dire in mate­ria, il mio umile sug­ge­ri­mento è que­sto: aggiu­stare l’economia ita­liana non è impos­si­bile. E non è nem­meno così dif­fi­cile. E’ sem­plice; come allac­ciarti le scarpe se al posto dei lacci hai il velcro.

L’Italia è un paese ricco che sta comin­ciando ad asso­mi­gliare, per la per­sona media, a un povero. Le sue infra­strut­ture si stanno sgre­to­lando. I suoi sistemi edu­ca­tivi rie­scono a mala­pena a edu­care. Il sistema sani­ta­rio è inef­fi­ciente. Al Nord posso pren­dere un treno ad alta velo­cità che mi porta ovun­que in quat­tro ore; a sud rie­sco a mala­pena ad arri­vare a Cata­nia in nove. Ancora più pre­oc­cu­pante, stiamo avve­le­nando le nostre for­ni­ture di cibo e acqua, con­ti­nuando a inve­stire in ener­gia sporca men­tre il resto del mondo ricco ha scelto le ener­gie rin­no­va­bili. L’Italia ha evi­denti defi­cit in tutti que­sti beni pub­blici — istru­zione, sanità, tra­sporti, ener­gia, infra­strut­ture — per non par­lare degli altri spesso taciuti ma ugual­mente impor­tanti: par­chi, ambiente, ser­vizi sociali, cul­tura, spazi spor­tivi e ricreativi.

L’Italia dovrebbe inve­stire nella sua ric­chezza comune. Per un decen­nio, e un altro ancora. Legioni di per­sone dovreb­bero essere impie­gate nella rico­stru­zione delle sue infra­strut­ture decre­pite: scuole, uni­ver­sità, ospe­dali, par­chi pub­blici, treni, opere d’arte. Per costruire un modo di vivere che sarebbe l’invidia del mondo — non il suo zimbello.

Per­ché? Se l’Italia inve­stisse nei beni pub­blici di cui ha biso­gno così dispe­ra­ta­mente, saranno creati i posti di lavoro di cui ha biso­gno così dispe­ra­ta­mente — e saranno posti di lavoro che ser­vi­ranno a creare cose effet­ti­va­mente utili. Sai cosa è inu­tile? Pan­no­lini di marca, rea­lity, post su face­book, panini fast food, mutui tri­pli e carte revol­ving, slide di Power­Point e gli altri miliardi di sapori spaz­za­tura di cui siamo schiavi solo per impres­sio­nare per­sone che segre­ta­mente odiamo in modo che pos­siamo vivere una vita che in realtà non vogliamo con soldi che in realtà non abbiamo per fare un lavoro che suc­chia via la gioia fuori dalle nostre anime. Sai cosa è utile, invece, per le per­sone sane di mente? Ospe­dali, scuole, treni, par­chi, corsi, arte, libri, aria pulita, acqua fre­sca … scopo, signi­fi­cato, la dignità. Se non è pos­si­bile rag­giun­gere que­sta roba a cosa ser­vono cin­que­cento canali tv o mille mega-centri commerciali?

Quindi: inve­stire nei beni pub­blici; assu­mere eser­citi di per­sone per costruirli; creare milioni di posti di lavoro. E non saranno i posti di lavoro a ter­mine, a nero o pre­cari che sono arri­vati ad afflig­gere l’economia; saranno posti decenti e ben pagati, posti di lavoro signi­fi­ca­tivi che le per­sone saranno orgo­gliose di avere.

Sporco segreto numero due: que­sta “ripresa” è falsa. Sta met­tendo sem­pre più veleno nella società a meno che non saremo abba­stanza saggi da “ripren­derci” la ripresa. I ric­chi sono sem­pre di gran lunga più ric­chi, al punto che è assurdo che qual­cuno sia così ricco. Ma la fami­glia media è sem­pre più povera; e i poveri sono sem­pre più cal­pe­stati. L’Italia sta diven­tando una società di caste; e le divi­sioni tra le caste si stanno ampliando. Inve­stire nei beni di base è l’unico modo, l’unico modo — per sol­le­vare milioni di per­sone dalla rovina. Sì; l’unico modo.

Ci pre­oc­cu­piamo di ven­dere milioni di app con mini fat­to­rie vir­tuali men­tre la fami­glia media non può per­met­tersi l’assistenza sani­ta­ria e l’istruzione. Que­sta non è una eco­no­mia, è una farsa. Troppi dei nostri set­tori in cre­scita pro­du­cono ser­vizi o “posti di lavoro” a bassa retri­bu­zione, che si ridu­cono essen­zial­mente a fare i came­rieri e i robot per qual­che super ricco. Que­sta suona come un’economia sana per te? Io non la penso così. Quindi: se vogliamo godere di una società fun­zio­nante dob­biamo inve­stire negli ele­menti di base della società.

Ma da dove verrà il denaro che serve? Sporco segreto numero tre: Non importa. Stam­pia­molo. Pren­dia­molo in pre­stito. Aumen­tiamo le tasse sui super-ricchi che sie­dono pigra­mente su mon­ta­gne di denaro incal­co­la­bili. Non importa un fico secco. E’ una que­stione secon­da­ria. Se l’Italia non inve­ste in beni pub­blici non pro­spe­rerà ; e se non pro­spe­rerà non potrà pagare i debiti enormi che già ha. Al con­tra­rio, se li fa per inve­stire nei beni pub­blici e crea milioni di posti di lavoro digni­tosi, la fonte degli inve­sti­menti impor­terà poco; per­ché l’economia sarà cre­sciuta e la società sarà più pro­spera. Pos­siamo discu­tere fino alla fine del mondo se pren­dere in pre­stito il denaro, stam­parlo o pren­derlo dalle tasse. Ma dovremmo pren­derlo. Per­ché stiamo avendo un falso “dibat­tito” se fac­ciamo finta che non pos­siamo inve­stire nella società prima; e poi striz­zare nelle nostre mani una società che sta let­te­ral­mente cadendo a pezzi.

Parola chiave: fin­gere. Qui è lo sporco segreto numero quat­tro. Gli esperti e i tec­no­crati non vogliono che tu sap­pia cia­scuno di que­sti segreti. Vogliono farti cre­dere che aggiu­stare l’economia, cam­biarla, è irrea­liz­za­bile. Non si può fare. E invece è sem­plice. Sem­plice. E ovvio. E’ un pro­blema la cui solu­zione è chiara come il cielo in una per­fetta gior­nata estiva.

Allora, per­ché mai gli esperti non vogliono farti sapere niente di tutto que­sto? Beh, per­ché se lo fai, loro potreb­bero per­dere il lavoro. Per­ché loro sono a corto: a corto di idee, tempo, opzioni, e, soprat­tutto, a corto di credibilità.

Ogni tri­me­stre che passa, da più di vent’anni, esperti ed eco­no­mi­sti hanno abbas­sato le mascelle e pro­cla­mato che sono scioc­cati. Scioc­cati! L’economia ita­liana è ancora rotta! Non funziona!

Se ogni mese, per anni e anni, il medico aggrot­tasse la fronte e ti dicesse: “Sono scioc­cato! Le medi­cine non fun­zio­nano!” … pro­ba­bil­mente sarebbe ora di tro­varti un altro medico. Forse è il momento di fare la stessa cosa con esperti ed economisti.

Ricor­date que­sta vec­chia sto­ria? Un cit­ta­dino sovie­tico arriva negli Stati Uniti al cul­mine della guerra fredda. Al suo arrivo, va in un nego­zio a fare la spesa. Si guarda intorno, gli occhi spa­lan­cati, ed esclama sba­lor­dito: «Ma non ci sono file per il pane! Come può essere?”. Vedete, quello che gli era stato rac­con­tato circa gli Stati Uniti era una bugia.

Allo stesso modo, oggi, se un cit­ta­dino ita­liano va in Sve­zia o nel Nord Europa e sco­pre che se sei disa­bile o gra­ve­mente malato, o sem­pli­ce­mente anziano, molti ser­vizi sani­tari nazio­nali invie­ranno badanti a casa tua gra­tui­ta­mente, come il cit­ta­dino sovie­tico di ieri rimarrà diso­rien­tato: “Ma come può essere? Que­sto è impossibile”.

Sba­gliato. Non è impos­si­bile. E’ esat­ta­mente come è fatta la vera prosperità.

In que­sta para­bola c’è la sto­ria di come le eco­no­mie pos­sono cre­scere nella pro­spe­rità. Viene creato un posto di lavoro, e non un posto di lavoro pre­ca­rio. Badanti e infer­mieri gua­da­gnano un red­dito, i malati sono assi­stiti e l’economia non si limita a cre­scere ma a creare le con­di­zioni per una vera pro­spe­rità umana.

L’economia non è solo un gruppo di eco­no­mi­sti molto seri e molto intel­li­genti che discu­tono se gli angeli siano maschi o fem­mine — scu­sate, volevo dire discu­tono un’altra varia­bile in un’equazione di un modello. L’economia è la vita. Le vite umane.

Così arri­viamo allo sporco segreto numero cinque.

Noi non viviamo la vita che avremmo dovuto vivere men­tre ci ingoz­ziamo alle­gra­mente di crema di yogurt alla papaya men­tre le nostre società si sgre­to­lano. Noi la viviamo quando costruiamo le cose. Grandi cose. Cose degne. Cose nobili. E la più grande, la più degna e la più nobile di tutte le cose che l’umanità abbia mai costruito non è una app o un bond strut­tu­rato. E’ una società in cui ogni vita conta. In cui ogni vita è dav­vero pie­na­mente vissuta.

Quindi ecco la mia sfida per voi. Adesso tu cono­sci tutti gli spor­chi segreti. Vivi come se non lo fossero.