Il dibattito nella rete

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"Cupiditas, quae ex ratione oritur, excessum habere nequit"

20 / 1 / 2010

lIl Sole 24 Ore ha inaugurato un dibattito intrigante sulla rete, il suo presente, il suo futuro. Intrigante, ma di parte, com'è, trasparentemente, il Sole.

Ad esso è seguito la Repubblica.

Innanzitutto, di cosa si discute? Del rapporto tra diritto di pubblicazione e libertà di organizzazione, di nuovi approcci di (e per il) business, di forme di governance, di regole e codici. Non poco dunque.

La rete è uno spazio pubblico che è stato vissuto fino ad oggi con modalità che ricordano la Frontiera degli USA nel XX secolo: la California del Sole, del Nuovo Inizio, dell'Assenza di Regole.

Cercatori d'oro e pioneri, ranches e petrolio, railways e cavalli selvaggi, winchesters per tutti e stelle dello sceriffo, wiskies e prostituzione. Capitalismo feroce e ribellioni e lotte degli esclusi. Poi Hollywood.

Insomma, a nostro parere, i quindici anni trascorsi sono stati quelli della colonizzazione della Nuova Frontiera, un frame caratterizzato da nuovi business, nuovi linguaggi, nuovi stili di relazione-vita-organizzazione e nuove regole. Regole spesso molto più chiare e condivise ché le duali degli Stati analogici.

Per certi versi non vi è stato il Pubblico, inteso come statualizzazione della norma e del perimetro della competizione economica né la correlata trascendenza dello Sceriffo ed il suo monopolio dell'uso della forza1.

Chi ha da uploadare uploada, chi vuol downloadare downloada, chi desidera connettersi accetta le connessioni proposte.

Cosa sta succedendo? Che è arrivato un po' il momento del ritorno di Pat “Potere Pubblico” Garrett e di Walt “La Jena” Disney. La posta in palio? Mettere le mani su questo enorme accumulo di relazioni, narrazioni, invenzioni e linguaggio. Un ecosistema complesso, ricco di bios, che fa gola all'appetito vorace del capitalismo della crisi.

E la prima condizione per una nuova accumulazione (2.0? originaria?) è fondare un Diritto di Proprietà, cui di norma segue una nuova Polizia.

Garrett deve costruire la Legalità della Rete ed accreditarne un'Autorità per farla transare ad un'era matura caratterizzata da un dispositivo di norme che ne costituzionalizzino il funzionamento (e quindi stabiliscano anche ciò che è giusto e ciò che è sbagliato) e che accreditino qualcuno o qualcosa di esterno a stabilire il vero (e quindi il legittimo e l'illegittimo).

Facciamo degli esempi.

La rete è anche un'enorme accumulo di valore d'uso per organizzarsi, pubblicando di tutto. Questa è una cosa che da' fastidio ed è da quasi dieci anni che gli Stati Nazionali -che per la rete sono solo Prefetture, anche quelli con la Falce&ilMartello- pubblicano leggi liberticide. Si badi che se le Polizie nazionali potessero applicarle saremmo stati già tutti condannati a dieci anni di lavori forzati ed i crosspoints (siti e social networks) sarebbero stati tutti chiusi con finepenamai.

Vale anche la pena di ricordare che la Rete non nasce sub lege statale, ma che sono istituti non polizieschi e regole tendenzialmente globali a guidarne il funzionamento2.

Viene detto che senza il web le rivoluzioni non avrebbero parola. Vero, del tutto condiviso. Ma, si badi, non solo perchè il potere costituito non riesce a chiudere il becco ai cinguettiii -twitting- rizomatici dal basso. Anche, forse sopratutto, perchè il web2.0 permette di bypassare il Giornalista che nelle rivoluzioni spesso sta dalla parte sbagliata.

Altra prospettiva. La Rete non è stata colonizzata da modelli competitivi definiti. Ci spieghiamo: diversamente dalla competizione industriale o post industriale non digitale non esistono leggi descrittive e predittive dell'equlibrio economico.

Come fa il board di una multinazionale a proporre un investimento o una strategia se non ne può valutare gli economics? :-) Nessun azionista caccerebbe denaro senza conoscerne il ritorno ed i tempi di rientro.

Questo è il motivo per cui le vecchie società per azioni hanno rincorso e copiano tuttora le nuove esperienze di business (pensate al divenire egemone del gratuito pushato da google**).

Non è il comunismo, ovviamente- e chi lo hai mai detto?!!-, ma neppure lo è il pay per surf proposto.

E cmq è singolare che non si ammetta la bontà e la validità di uno scambio se non vi è una transazione anche se piccola a piacere! Questo è come applicare il Diritto Privato e Commerciale3 vigente a transazioni di nuovo tipo, pulsione che comporta risultati goffi e comici.

Un sospetto...non è che dietro questo dibattito si annida l'odio padronale verso il free (cioè gratuito ed un po' pirata) file sharing? Non è che di soppiatto Garrett difende i rancheros che vogliono fare enclosures nelle nostre praterie? Sappiano che difenderemo i nostri liberi commons e le nostre GPLs.

E ancora. La critica del flock, cioè delle tendenza inerziale a seguire ciò che dice e fa lo stormo (mob rule nella descrizione di Federico Rampini su Repubblica di ieri, 19/01/2010).

L'esempio citato è wikipedia: viene criticata perchè non è ufficiale, perchè è quick&dirty, perchè non è accademica. Perchè diventa vero ciò che lo stormo acclama.

E quindi la si vuole sostituire con un modello accademico, una sorta di Accademia della Crusca enciclopedica.

Diciamo subito che viene da dire....che palle e che non rimpiangiamo l'auctoritas del Docente e della Chiesa. Più seriamente, e se anche fosse vero? Seguire lo stormo non piace neppure a chi scrive, ma non crediamo che la risposta sia l'introduzione dell'esperto erga omnes – si passerebbe alla Bibbia!!- e, dall'altro lato, celebriamo la capacità di cooperare nella redazione delle voci4.

Si dice che il New York Times è più serio della rete? Che l'editoriale di Krugman è più importante del free garbage? Ok, and so what? per dirla con lo stesso codice. Sorridendo, osserviamo che è il NYT che è andato in rete, non viceversa; ricordiamo i barbuti seriosi giornalisti da macchine da scrivere che incendiavano con editoriali affamati il "Luogo" Internet della non-informazione. Ora ne sono tutti interni salvo candidarsi a mantenere la vecchia posizione di potere.

Ultimo, ma non per ultimo. Che rimane degli avatar? Tema non in discussione negli articoli di questa settimana, ma del tutto interessante.

Se c'è qualcosa che è fuori moda sono i dispositivi di second lifes. Perchè? Perchè non è vero che il digitale ci ha fatto trascendere dal reale, che ha dato una seconda identità a chi volle negare la prima. O meglio, chi lo ha voluto lo ha fatto. Ma ciò che è diventato egemone è stato il miscelamento innovativo tra superamento dei limiti dell'analogico ed appropriazione -materiale!- del digitale. Buoni e cattivi sono rimasti separati anche nelle loro proiezioni digitali.

Un esempio? I comitati Primo Marzo 2010 Sciopero degli Stranieri, cui chi scrive è iscritto.

Lunga vita alla Rete senza Bibbia e Sceriffo.

GS&GMDP

-> dibattito approfondito in diretta su SpotLights on Radio Kairos http://www.radiokairos.it/ <-

1In alcuni contesti si è pure battuto moneta! (NdA)

2Si pensi all'attribuzione degli ip e dei domini (NdA)

3Il regalo non vale. Nelle transazioni commerciali si deve imporre almeno un euro in basso a destra nei contratti (NdA).

4Dice, peraltro, Craig Newmark, di Wikipedia e Craiglist, “che gli esperti siano bilanciati dai cittadini, e i cittadini dagli esperti”.

* Un comando dos

** Gratis, di Chris Anderson (Wired USA)

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