In ricordo di Matteo Dean

12 / 6 / 2011

A Matteo.

Una cucciolata meticcia, bastarda.

Leggiamo Riff Raff e il Tallone del Cavaliere. Li portiamo all'università, girano veloci di mano in mano. Storia è occupata. Il fax lo usiamo ancora ma su un 488, istalliamo corel draw e i manifesti vengono una botta. Mustafà gli hanno rubato la merce sul lungomare e gli hanno dato pure uno schiaffo. Al processo ci presentiamo in Tribunale in quattrocento con gli studenti delle scuole. In Cavana il civico 8 è occupato e a Venezia andiamo a fare visita ai sindaci del nordest riuniti in Assise e gli occupiamo pure il municipio. In radio arrivano i senegalesi che parlano wolof e l'unica parola che esce dalla loro bocca che riesco a capire è Matteo. Il preside di Storia si convince e gli molla un'aula e lui trova gli insegnanti e parte il primo corso d'italiano. A Bagnoli c'è il gazebo con la cucina contro il razzismo e mangiamo carne di montone e tutto è piccante. E dieci neri litigano su chi deve fare la spesa e il couscous non si trova al supermercato e in mezzo a loro c'è un biondo che più bianco non si può che mette tutto a posto e parla la lingua loro senza averla mai studiata. I suonatori di bonghi di solito li cacciamo e a malo modo ma quella sera il bongo lo suona Claudio e ci mettiamo tutti in cerchio. Con Ioro proviamo tutto il menù del Rifugio, Ciolli e Max hanno montato il forno con Lele, il Bove c'ha la cresta e Matteo la sera scambia pizze con couscous. Ciuki di notte è caduto dal palco mentre dormiva ma la sua spalla è più dura del pavimento. Nello spazio cinema c'è L'odio e lo proiettiamo cento volte. In autostrada cominciamo a contare i chilometri e li moltiplichiamo per le cavalcate fatte tra Trieste e Padova e diciamo che abbiamo già fatto il giro del mondo e la notte dormiamo sui divani bianchi di Vilma che per noi è una specie di mamma che ci risolve le cazzate che facciamo. E siamo quelli che devono fare più strada e quando ci fermiamo in autogrill siamo sempre a Fratta e l'afgano è buono ma non ci siamo abituati. La cassiera ci chiede cosa vogliamo e Matteo sviene e Sandro gli mette il piede sotto la testa un attimo prima che la sbatta sul pavimento e non smettiamo più di ridere. E siamo nell'atrio della Questura con le porte chiuse perchè non hanno una stanza più grande dove tenerci tutti e non riescono a contarci perchè non stiamo mai fermi e giochiamo con loro a fargli dire 33 ma non leggono Pazienza e ci guardano come fossimo marziani. E dopo 6 ore siamo ancora lì e abbiamo fatto una palla con la carta dei volantini e giochiamo a pallone e i piantoni scuotono la testa. Roby è sdraiato sul tavolo che boccheggia e diciamo al questore che lui non può stare tutto quel tempo chiuso lì dentro. E con Matteo è già la seconda volta che mi ci ritrovo e quella prima al capo della digos gli uscivano fuori le vene dal collo e lui era a torso nudo che gli avevano sequestrato la maglietta che indossava. E siamo come tanti cuccioli sempre assieme e ci diamo manate per capire quando è che si fa male e tutti ci guardano straniti e non capiscono se stiamo facendo a botte o se giochiamo. Il corteo non è partito neanche da dieci minuti e già ci caricano e ci ritroviamo tra i piedi una bandoliera con la pistola attaccata e caschi e manganelli e gli rilanciamo tutto indietro e Sandro mentre cade a terra stavolta appoggia una mano sullo spigolo del marciapiede e salva un'altra testa che è di una persona con i capelli bianchi. 

La macchina dei carabinieri sembra uscita da uno sfascia-carrozze e il giorno dopo ci arrestano Andrea e i compagni più grandi ci dicono che dobbiamo trovare la maniera di fare le cose con più testa. E un mese dopo siamo in mille e ci sono tutti dalle altre città e c'è un cordone di compagni che si schiera davanti ai poliziotti ogni volta che cambiamo strada e liberiamo zone e il teatrino vive di nuovo e Franz fa la carne alla griglia e vuole mollare il lavoro. E il treno parte presto, Tania arriva con le teglie al forno, e la polizia sale sul treno e vuole i documenti di tutti e farci scendere ma su una porta c'è Gabriel e sull'altra Matteo e non riescono nemmeno ad avvicinarsi e chiamano in questura per chiedere come comportarsi e il vagone è già diventato un centro sociale. E facciamo assemblea con controllore, capotreno e passeggeri e dopo venti minuti sono tutti d'accordo con noi. Nel bagno c'è generatore e impianto e sui binari di Bologna spariamo a palla Lust for Life. A Napoli mangiamo alghe fritte e parliamo con compagni di tutta Italia che vogliono occupare i treni. E andiamo ad Amsterdam e poi a Parigi però a Ventimiglia c'è la legione straniera e fuori dalla galleria non si esce e torniamo indietro all'ambasciata francese. E piove parecchio e Valentina ha le convulsioni e Freddy prende un treno da solo e riporta indietro i kossovari a casa. E una sera cadiamo in un'imboscata e stavolta è la nostra macchina che sembra uscita da uno sfascia-carrozze e noi pure e la volta prima la polizia ha dovuto sparare in aria per dividerci. E Fulvio che è un senatore della repubblica ma ancor prima un gentiluomo comincia a venire ai nostri presidi e anche Roberto che è un consigliere comunale viene la mattina di fronte ai licei per liberarli. E in Europa i sindacalisti non riescono più a parlare nelle piazze che i lavoratori gli tirano di tutto e per rimanere sui palchi si proteggono con scudi di plexiglas trasparente. E ce li costruiamo pure noi gli scudi e ci scriviamo sopra Semira Vive con gli stessi caratteri delle volanti perchè l'hanno soffocata con un cuscino su un aereo per espellerla dal Belgio. E con gli scudi entriamo a spinta dentro in Portovecchio e il Cpt dopo un mese chiude. E c'è pure Andrea che siamo sempre stati convinti che era romano e invece scopriamo che è triestino pure lui e dopo un mese gli scudi li vediamo in televisione di fronte alla Turkish Airlines a Roma e c'è pure un ariete e i treni stavolta li prendiamo con i curdi e Matteo parla pure la lingua loro. E nel frattempo con Gabriel sono andati insieme in Messico e sono tornati con delle foto di spiagge da paura e due tatuaggi sulle braccia che se li uniscono diventano uno solo e l'altro giorno ho chiesto a Gabriel di poter toccare il suo. E a Valona andiamo in pochi e siamo incazzati che al ritorno non c'è venuto a prenderci nessuno in stazione e invece troviamo Matteo da solo con la barba lunga che ci stringe la mano e ci fa i complimenti e noi rispondiamo ma che cazzo dici e passiamo tutta la notte a parlare dell'Albania, del Messico e di Cavana. E leggiamo la lettera al direttore di Marco l'autonomo su Derive Approdi che per trovarlo è un casino e ha una grafica che sembra un catalogo di una mostra d'arte contemporanea. E noi fotocopiamo Ketchup in bianco e nero e lo vendiamo alle manifestazioni e ci pubblichiamo sopra i racconti di Marcos e ai cortei ci incolonniamo in fila indiana e pure i cinesi con noi. E Gianni e Danilo che hanno il doppio della nostra età ci chiedono come siamo riusciti a farli venire in piazza che sono una comunità chiusa. E poi Matteo parte e ritorna che lo hanno espulso perchè gli stranieri non possono partecipare alla vita sociale della nazione e quando arriviamo nello zocalo di Città del Messico abbiamo appuntamento sotto l'enorme bandiera e non lo riconosciamo perchè è in incognito e si è tinto i capelli di nero e c'ha le lenti a contatto colorate e non riusciamo a trattenere le risate. E andiamo a bere centrifughe di frutta e cominciamo a parlare in russo maccheronico e storpiamo canzoni e gli diciamo tu vuoi fare il messicano ma sei nato ad Opicina e lui ci dice che siamo i soliti minchioni e dallo zocalo mentre ci mettiamo in macchina per San Cristobal ci sono gli universitari che invece vanno a Cancun e c'hanno le tute bianche e gli scudi e vengono tutti a salutarlo e non serve a niente che si sia conciato come un russo. E in macchina ci dice che la cosa che lo ha fatto incazzare di più da quando sta in Messico è quella volta quando gli hanno gridato gringo. 

Ma vi rendete conto? Mi hanno chiamato gringo? A me? E via a raccontarci che chiamavano così gli americani dell'esercito per via delle divise verdi, che dicevano green go per dirgli di andare via, e mille altre storie sul Messico e sul continente americano. L'ultima volta che ci ho parlato abbiamo discusso dell'importanza dell'educazione alimentare e poi di olio di oliva extravergine e di parmigiano reggiano che in Messico sono merce rara. Di quanto siano buoni i panini imbottiti della gastronomia Sartori in via Cavana e anche dei panini con prosciutto cotto e baccalà mantecato che rubavamo dallo zaino di Denis sui treni. Non lo so perchè oggi sto raccontando queste cose. Di sicuro so che per me Matteo è tutto questo e molto altro ancora. Spartaco mi ha chiesto se stavo scrivendo qualcosa su di lui. Ho risposto che stavo provando a buttare giù poche righe su di noi quindi inevitabilmente su di lui. Penso che Matteo sia tutti noi e che in giro per il mondo ci siano molte situazioni collettive che possano dire la stessa cosa. Perchè Matteo ha sempre praticato e usato il noi in maniera inclusiva e mai escludente. Con Gabriel non riusciamo a guardarci senza scoppiare a piangere ed è stato lui a dirmi che avrei dovuto scrivere qualcosa. Mi ha detto scrivi qualcosa delle cose tue. Anche Lele me l'ha detto. E' tanto che non scrivo e non so neanche se ho qualcosa da dire che non sia quello che ho ascoltato in questi giorni dagli altri, mischiato a un po' di ricordi che non sono solo miei ma di tutti. Succedono cose strane in questi giorni a Trieste. Io per esempio, raccontando qualche aneddoto a chi mi chiedeva chi era Matteo, senza accorgermene ho ricominciato a usare la prima persona al plurale. Erano anni che non vedevo tutta la cucciolata insieme. 

La famiglia nostra sembra come sia tornata a unirsi e ci sono un sacco di cuccioli nuovi. Fanno mille domande e sono affamati di storie. E' una cucciolata meticcia, bastarda proprio come quella in cui siamo cresciuti con Matteo. Sarebbe stato impossibile attraversare questi giorni senza il calore di tutti loro. Gianni che conosce le vie dell'energia e che ha rischiato di perdere un figlio in Messico mi ha detto che l'unica cosa da fare era augurare buon viaggio a Matteo, lasciarlo andare. Che per un viaggiatore come lui era solo l'inizio di un altro stupendo viaggio e che l'avrei rincontrato a breve. Anche Lauretta che adesso ha due figlie ma che per me rimane sempre Lauretta, mi ha detto una cosa simile e mi ha raccomandato di ascoltare Somos Viento degli Amparanoia che lui l'ascoltava sempre. 

L'altra sera sul ponte di Ponziana mentre tutti erano in cerchio, mi è sembrato di vedere una fluorescenza arancione che veniva avanti e indietro, vicino all'orto. Da un pontile vicino all'Ausonia invece ho visto la luna piena più grande che abbia mai visto in vita mia. Mi è piaciuto pensare che quella luna fosse anche qualcos'altro e nel silenzio ho detto ciao, buon viaggio fratello mio. Mi sento più leggero da quella sera e anche l'eclissi di luna di ieri notte non mi è pesata particolarmente. Spartaco pianterà un albero, così sapremo dove andare quando passeremo dal Messico. Luca che dopo l'avventura di Copenaghen ha una luce nuova negli occhi ha aggiunto che dobbiamo piantare alberi in tutti i sensi. Dare vita a nuovi progetti e continuare quelli di Matteo. Farli crescere, prendercene cura. Che in città si sente un'assenza e che è questa la maniera migliore per ricordarlo. Penso che nella cucciolata la forza scorra vigorosa e potente. Oriana stamattina mi ha prestato la bici e mi ha ricordato quando ci dava la corrente per la radio con un cavo volante che partiva dal suo negozio. Matteo è stato anche questo, una specie di MacGyver di movimento che con un coltellino multiuso riusciva a fare mille cose diverse... e funzionavano!

Hola guapo, fai buon viaggio!

Torretta, Cavana, Pianeta Terra, 16 giugno 2011.

Un fratello tuo del Melting dei Centri Sociali del Nordest.

EL ABRAZO

Explotan las lagrimas

en el abrazo

que acerca y une,

estrecha distancias y mares.

Es amor, dolor,

profundo vertigo.

Nos sustenta mientras precipitamos

en la realidad

que a cada despertar rechazamos.

Cuanto echo de menos

tu abrazo sincero,

hermano, compaňero,

terrenal guerrero.

El imborrable abrazo

de dos dragones en el brazo.

El abrazo que quisiera darte

antes que despedirte.

Siempre vives

en mi abrazo.

L'ABBRACCIO

Esplodono le lacrime

nell'abbraccio

che stringe ed unisce i tuoi cari,

abbraccia distanze e mari.

E' amore,

vertigine profonda,

dolore.

Ci sostiene mentre ci atterra

nella realtà che ad ogni risveglio

non vorremmo esser vera.

Quanto mi manca

il tuo abbraccio sincero,

terreno guerriero.

L'abbraccio di due dragoni

sul braccio.

E' l'abbraccio che vorrei darti

prima di salutarti.

Vivi sempre

nel mio abbraccio.

 Da Coessenza.org

A MATTEO DEAN

È da te che ho imparato a chiamare “fratelli” i compagni, e “sorelle” le compagne.
Forse per quel tuo modo di dirlo, fratello.
Per me rappresentavi Trieste e molto più. Biondo, sorridente, poroso. Indignazione e amore, avevi in cuore l’energia del vento.
Ragionavamo insieme d’utopia. Neanche il tempo di girarmi a guardarti, tu eri già al di là dell’orizzonte.
Limpido, tenero, tenace, austero amico mio. Mai disperdevi parole nel vuoto. Quando scendevi in Calabria, ponevi infinite domande. Abituato a vibrare dell’umanità intorno a te, diventavi terrone come noialtri, tanto era caldo il ritmo del tuo pulsare.
Un giorno mi portasti sul Carso. Non fu facile arrivare lassù. Osservammo la vallata dall’alto. Non temevi nulla. Io, fifone:
“Matte’, e mò come scendiamo?”.
L’accento balcanico impastato a un tono caldo, rispondesti divertito: “Semplice. Ci basterà scivolare, lasciarci andare, cavalcare la ghiaia”.
Eravamo bambini a cavallo di uno scivolo bianco e maestoso. Fu quella la discesa più magica dei giorni miei. Rotolammo alle pendici, tu, io, Alfredo, Paoletto e Gabriel. Sembrava di sciare su morbida roccia. Finimmo col sedere a terra, ridendo a scoppiavene. T’osservai attento. Con lo sguardo eri già altrove.
Ci sono esistenze luminose che abbagliano e si spengono in un istante.
Ci sono luci che esistono in eterno e camminano anche quando si spegne ogni energia.
Continuerò a camminar con te affianco e il tuo vento dolce e impetuoso nel cuore, Matteo, fratello mio.

Claudio Dionesalvi Da Il Manifesto

Morto in Messico Matteo Dean

Matteo Dean, giornalista indipendente e nostro collaboratore, è morto per un incidente stradale, con la sua moto. Non conosciamo ancora molti dettagli, se non che è successo nella notte tra sabato e domenica a Toluca, in Messico. Matteo stava seguendo una Carovana per la pace che partita da Città del Messico avrebbe raggiunto Ciudad Juarez, al confine con gli Usa - una grande marcia contro la violenza che insanguina il paese americano, e su cui Matteo si riprometteva di scrivere, come aveva fatto tante volte in passato. Matteo Dean insegnava italiano a città del Messico e lavorava come ricercatore presso il Centro de Investigación Laboral y Asesoría Sindical, un centro di ricerca legato al movimento sindacale. Nelle sue corrispondenze ci parlava con grande passione del paese in cui aveva scelto di vivere, il Messico. Raccontava di lotte ambientali e per la giustizia, dei movimenti sociali, delle persone con cui entrava in contatto - brevi note per la rubrica terraterra, segnalazioni su battaglie in corso che inviava a noi e per molti siti e riviste, in Italia e in Messico, o raccoglieva nel suo blog (http://matteodean.info). Ci mancheranno quelle note da un mondo in movimento. Il manifesto abbraccia i suoi cari e i molti amici che Matteo lascia sui due lati dell’oceano. 

Da Giornalismo partecipativo

Ciao a Matteo Dean, abajo y la izquierda

E’ morto in un incidente stradale a Toluca Matteo Dean. La sua moto era ferma ad un casello autostradale quando è stata travolta da un camion che sarebbe stato senza freni. L’autista è stato arrestato. Matteo aveva 36 anni ed era sposato con una cittadina messicana.

Dalla metà degli anni ‘90, sull’onda della sollevazione zapatista che aveva molto ispirato gli ambienti dei movimenti sociali del Nord-est dai quali proveniva, lui triestino, è stato una delle voci più importanti tra quelle che hanno raccontato il Messico contemporaneo.

Ne ha scritto in molti media, italiani e messicani, tra i quali Il Manifesto e La Jornada, oltre che sul suo blog, riuscendo a coniugare il giornalismo con la militanza e con la realizzazione di mille progetti che fomentassero la partecipazione dal basso, soprattutto dei ragazzi.

I suoi principali campi di interesse erano da una parte lo zapatismo e dall’altra i fenomeni migratori, dei quali si sentiva intimamente parte. Il suo punto di vista era quello dei movimenti sociali più radicali, della “Otra campaña”, di “Ya basta”, sempre “abajo y a la izquierda”, e criticava “dal basso e a sinistra” i governi integrazionisti latinoamericani.

Su questo punto, con chi scrive, non si trovava d’accordo, ma ci leggevamo e ci confrontavamo criticamente con reciproca stima sapendo che, al contrario di altri, per entrambi la buona fede, l’impegno e la passione facevano da guida nel conoscere il Continente ribelle. Piangiamo con Matteo una delle poche voci oneste, preparate, studiose, critiche, intelligenti, che hanno raccontato in questi anni il Messico e l’America latina. E che avrebbe dovuto raccontarli per tanti anni ancora.

Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it

Hermano, Amigo, Compañero, Adios

La noche del sábado 11 de junio falleció nuestro compañero Matteo Dean a consecuencia de un accidente automovilístico. Matteo fue activo colaborador de nuestra revista. Desde hacía más de diez años, Matteo vivía permanentemente en México, desde donde, a través de sus entrevistas, artículos de opinión e investigaciones tendía puentes para conocer y entender las realidades sociales de América latina y Europa.

Su compromiso social por hacer de este mundo un lugar digno y libre lo llevaron a comprometerse siempre desde abajo con los movimientos sociales, y uno de sus frentes de lucha fue el periodismo. Como periodista independiente fue colaborador de periódicos y revistas como La Jornada, Proceso, Diagonal, Il Manifesto, Global Project. Además de que mantenía activo su propio blog.

Con la muerte de Matteo perdemos, ante todo, a un compañero, un hermano, “carnal” diría él mismo. Desde Desinformémonos nos abrazamos a todas y todos los compañeros que Matteo encontró a lo ancho del mundo.

Da Desinformemonos.org