Il Veneto alla corte del Colonnello
Appalti e commesse in Libia
forniscono un quadro
completo di interesse, relazioni
e di una intensificazione
dei rapporti tra i due Paesi
registrata negli ultimi anni grazie
anche all’amicizia tra il colonnello
Gheddafi e il premier italiano
Silvio Berlusconi.
Reciproco l’interesse:
i petrodollari libici hanno
acquistato molte partecipazioni
in società italiane attive in diversi
settori e le aziende italiane, in
particolare venete, hanno appaltato
numerose commesse per a
costruzione di infrastrutture e per
la produzione di petrolio. Così Eni
e Impregilo, ma anche Astaldi,
Finmeccanica, Fiat e la Juventus.
I dati elaborati da Unioncamere
Veneto confermano che le aziende
venete hanno esportato solo
nel 2010 oltre 162 milioni di euro.
Un mercato non enorme ma
in forte espansione. Almeno fino
ad ora. Il gruppo Gemmo (multinazionale
di illuminazione e servizi
energetici per siti industriali
di Arcugnanom Vicenza), impegnato
nel completamento dei
sistemi di controllo della raffineria
a una cinquantina di chilometri
da Tripoli.
La Metalco (azienda
leader nel mercato dell’arredo urbano,
di Resana, Treviso) ha chiuso
negli ultimi mesi due contratti
per la vendita di arredi urbani
per 70mila euro a Tripoli. Mentre
non ha ancora dato il via ai lavori
la Maltauro, (gruppo vicentino che riunisce società finanziarie e
industriali operanti prevalentemente
nel settore delle costruzioni)
che in Libia si presenta come
Zelma (50% Maltauro, 50% della
Del Favero di Trento), per i due
progetti in appalto: la realizzazione
della prima tranche dell’autostrada
da Bengasi alla Tunisia e la
costruzione di un’università vicino
a Tripoli.
Nel 1982 ha costruito
il bunker del Colonnello nella caserma
di Bab al Aziziya. Due contratti
miliardari anche per la holding
Igli (Benetton, Gavio e Ligresti)
che possiede il 29,9% di Impregilo
(multinazionale e principale gruppo italiano nel settore
delle costruzioni e dell’ingegneria).
Aziende per la maggior parte
impegnate nelle grandi commesse
di cementificazione in Veneto
così come nella costruzione
di grandi opere come il Mose o
di basi militari come il Dal Molin.
Aziende che si sono già prenotate
per costruire e gestire il Cie che
il ministro Roberto Maroni vorrebbe
realizzare a Campalto, sulla
gronda lagunare veneziana. Affari,
cemento, appalti miliardari.
Alcune di queste aziende sono
impegnate nello specifico nella
realizzazione di commesse militari: settantatre i contratti sottoscritti
per interventi che spaziano
dalla realizzazione d’infrastrutture
ed edifici per le truppe, alla manutenzione
di piste aree, la riparazione
di oleodotti, l’esecuzione di
servizi vari per la già menzionata
Gemmo spa, con sede centrale ad
Arcugnano ed uffici di rappresentanza
in tutto il paese e all’estero
(Armenia, Romania, Russia,
Libia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Nigeria,
Iraq ed Argentina). Sedici
contratti realizzati grazie alle basi
Usa per la vicentina Maltauro
che ha costruito piste per il decollo
dei cacciabombardieri, hangar e palazzine per le truppe, depositi
munizioni ed impianti idrici.
Al
via, nei giorni scorsi, una campagna
di boicottaggio di queste stesse
aziende che hanno interessi in
Libia per denunciarne affari e responsabilità.
A Venezia è iniziata
lo scorso 24 febbraio quando una
cinquantina di attivisti ha forzato
la chiusura anticipata di una delle
sedi di banca Unicredit nel centro
storico. Unicredit conta ha tra
i suoi azionisti anche la Libia (con
una partecipazione pari al 7,5%).
Azionista di Unicredit anche la
banca centrale della Libia è con
una quota pari al 4,988%.
di Maria Fiano