Il Veneto alla corte del Colonnello Gheddafi

I dati elaborati da Unioncamere Veneto confermano che le aziende venete hanno esportato solo nel 2010 oltre 162 milioni di euro

1 / 3 / 2011

Il Veneto alla corte del Colonnello

Appalti e commesse in Libia forniscono un quadro completo di interesse, relazioni e di una intensificazione dei rapporti tra i due Paesi registrata negli ultimi anni grazie anche all’amicizia tra il colonnello Gheddafi e il premier italiano Silvio Berlusconi.
Reciproco l’interesse: i petrodollari libici hanno acquistato molte partecipazioni in società italiane attive in diversi settori e le aziende italiane, in particolare venete, hanno appaltato numerose commesse per a costruzione di infrastrutture e per la produzione di petrolio. Così Eni e Impregilo, ma anche Astaldi, Finmeccanica, Fiat e la Juventus.
I dati elaborati da Unioncamere Veneto confermano che le aziende venete hanno esportato solo nel 2010 oltre 162 milioni di euro.
Un mercato non enorme ma in forte espansione. Almeno fino ad ora. Il gruppo Gemmo (multinazionale di illuminazione e servizi energetici per siti industriali di Arcugnanom Vicenza), impegnato nel completamento dei sistemi di controllo della raffineria a una cinquantina di chilometri da Tripoli.
La Metalco (azienda leader nel mercato dell’arredo urbano, di Resana, Treviso) ha chiuso negli ultimi mesi due contratti per la vendita di arredi urbani per 70mila euro a Tripoli. Mentre non ha ancora dato il via ai lavori la Maltauro, (gruppo vicentino che riunisce società finanziarie e industriali operanti prevalentemente nel settore delle costruzioni) che in Libia si presenta come Zelma (50% Maltauro, 50% della Del Favero di Trento), per i due progetti in appalto: la realizzazione della prima tranche dell’autostrada da Bengasi alla Tunisia e la costruzione di un’università vicino a Tripoli.
Nel 1982 ha costruito il bunker del Colonnello nella caserma di Bab al Aziziya. Due contratti miliardari anche per la holding Igli (Benetton, Gavio e Ligresti) che possiede il 29,9% di Impregilo (multinazionale e principale gruppo italiano nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria). Aziende per la maggior parte impegnate nelle grandi commesse di cementificazione in Veneto così come nella costruzione di grandi opere come il Mose o di basi militari come il Dal Molin.
Aziende che si sono già prenotate per costruire e gestire il Cie che il ministro Roberto Maroni vorrebbe realizzare a Campalto, sulla gronda lagunare veneziana. Affari, cemento, appalti miliardari.
Alcune di queste aziende sono impegnate nello specifico nella realizzazione di commesse militari: settantatre i contratti sottoscritti per interventi che spaziano dalla realizzazione d’infrastrutture ed edifici per le truppe, alla manutenzione di piste aree, la riparazione di oleodotti, l’esecuzione di servizi vari per la già menzionata Gemmo spa, con sede centrale ad Arcugnano ed uffici di rappresentanza in tutto il paese e all’estero (Armenia, Romania, Russia, Libia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Nigeria, Iraq ed Argentina). Sedici contratti realizzati grazie alle basi Usa per la vicentina Maltauro che ha costruito piste per il decollo dei cacciabombardieri, hangar e palazzine per le truppe, depositi munizioni ed impianti idrici.
Al via, nei giorni scorsi, una campagna di boicottaggio di queste stesse aziende che hanno interessi in Libia per denunciarne affari e responsabilità.
A Venezia è iniziata lo scorso 24 febbraio quando una cinquantina di attivisti ha forzato la chiusura anticipata di una delle sedi di banca Unicredit nel centro storico. Unicredit conta ha tra i suoi azionisti anche la Libia (con una partecipazione pari al 7,5%). Azionista di Unicredit anche la banca centrale della Libia è con una quota pari al 4,988%.

di Maria Fiano

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