La versione postmoderna di rivoluzione si addice
meglio all’idea di un processo di cambiamento radicale, costante, lento,
determinato, piuttosto che ad un'idea, forse più romantica di un' ora x che segna la
presa del palazzo d’inverno.
L’esperienza ci suggerisce però di volare bassi, di essere umili ed
equilibrati, per questo rispetto a quello che sta avvenendo a Napoli in queste
settimane, ci pare più opportuno parlare di una nuova fase che si apre.
Pochi mesi fa in molti leggevano la candidatura a sindaco di Luigi de Magistris
come una operazione velleitaria. Alcuni, tra i più buoni, la ritenevano una
operazione coerente ma senza alcuna possibilità di vittoria.
I comitati contro il piano rifiuti, alcuni centri sociali, tante realtà sociali
sono state invece tra quelli che c’hanno creduto da subito, senza riserve,
coscienti di come la figura di de Magistris rispondesse all’esigenza di provare
a trovare una sintesi, un catalizzatore per la rabbia, lo sdegno, la voglia di
riscatto dei napoletani.
Contro si è schierata la macchina elefantiaca del partito democratico insieme a
quei suoi sodali, come Nichi Vendola e Sel, che hanno preferito la “strada
vecchia” – quella dei poteri forti, quella delle clientele, quella del
bassolinismo – alla strada nuova del cambiamento radicale.
In questi due mesi Luigi ha dimostrato di poter essere quel catalizzatore.
E’ riuscito ad ascoltare, a comprendere, ad apprendere, le tante pulsioni della
città. Una città offesa dai cumuli dei rifiuti, che ha accolto con sdegno
Silvio Berlusconi, quello del finto miracolo del 2008, che produsse solo l’occultamento
dei rifiuti in provincia di Napoli.
Le realtà di lotta, quelle sociali, associative, le esperienze delle
cooperative sono riuscite a costruire un feedback positivo con Luigi, il cui
programma risulta essere la sintesi delle pulsioni, dei desideri e delle
rivendicazioni dei conflitti sociali della città. Le vie indicate dalle
esperienze di lotta finalmente hanno la possibilità di diventare pratiche di
buon governo.
Siamo partiti forse in sordina con una campagna elettorale pulita, povera, tra
la gente, nei quartieri, ascoltando e rilanciando. Oggi siamo davanti a quello
che potremmo definire un tumulto sociale, etico e morale.
Un tumulto arancione, come il colore scelto per la campagna elettorale.
Mentre per le realtà di lotta Luigi è un’opportunità politica, per il cuore
della città e per la sua pancia, Luigi de Magistris oggi è una speranza.
Una città abituata a vivere un comportamento elettorale complesso. Da un lato
schiacciato dalla clientela e dalle prebende, che ha prodotto dei veri e propri
fenomeni di vassallaggio tra popolo e politica.
Dall’altro la nostra città ha vissuto delle fasi in cui il peso dei drammi
sociali porta ad un cross point in cui la ricerca di una figura catalizzatrice
della speranza si fa spasmodica.
Infondo l’abbiamo vissuta già una fase simile. Era il 1993, e il catalizzatore
fu Antonio Bassolino. Si usciva dalla stagione di tangentopoli e si entrava in
una breve stagione di rinascimento che avrebbe poi portato alla costruzione di
un sistema di potere opprimente e criminale noto come bassolinismo.
Oggi Luigi rappresenta una specie di figura mistica intorno a cui si stanno
catalizzando speranze, passioni e sogni.
Tra quei sogni anche i nostri e quelli di un popolo che si sta vestendo di
arancio.
Piazza Dante, la sera del 22 maggio, era gremita da oltre 10 mila persone.
Enormi bandiere arancioni sventolavano ad ogni angolo della piazza, lasciando
le bandiere dei partiti a fare la figura degli oggetti fuori posto.
Giovani e meno giovani, cittadini delle periferie, del Vomero e di Posillipo,
studenti, disoccupati, un candidato sindaco che balla sul palco con Enzo
Avitabile e Roberto Vecchioni, tutti in piazza sotto enormi striscioni
arancioni che si muovevano come onde nel mare sopra un popolo di indignati.
Un protagonismo sociale che a Napoli non si respirava da anni. Luigi forse avrà
detto poco dal palco, ma a questo punto ormai c’è poco da dire. Le corde della
città stanno vibrando. Ciò che doveva essere detto oggi fa parte del dna di
ogni cittadino che indossa qualcosa di arancione, di ogni vecchietto che chiede
volantini, di ogni disoccupato che gira con la pettorina per de Magistris
sindaco, di ogni studente che indossa un foulard arancio.
Contro, ancora una volta, avremo l’altra Napoli, quella che non piace a nessuno.
Quella dei soldi sporchi fuori ai seggi elettorali, quella delle clientele che
riemergono, quella dei poteri forti e degli apparati che da sotto le macerie in
cui sono finiti vogliono lanciare un ultimo ululato come una belva mostruosa
prima di morire.
La partita è aperta e noi siamo in ballo.
Certo, l’alone mistico che circonda Luigi de Magistris in questo momento,
potrebbe lasciare spazio alla proposizione di problemi futuri. Innanzitutto il
rischio dell’uomo solo al comando, dall’altro la difficoltà di dare risposte in
una città in ginocchio con le casse vuote e piena di debiti.
Rischi che oggi dobbiamo correre e che domani dovremmo essere tutti bravi ad
arginare per non vanificare quell’enorme portato di speranza che intorno a
Luigi si sta compattando.
Il tumulto, l’apertura di una nuova fase, non significa già la proiezione nel
presente di un cambiamento radicale.
Dobbiamo ancora arrivarci.
Alla rivoluzione manca tanto così….
Cosa avviene a Napoli intorno alla corsa di Luigi de Magistris
Il tumulto arancione
di Antonio Musella
23 / 5 / 2011