Cosa avviene a Napoli intorno alla corsa di Luigi de Magistris

Il tumulto arancione

di Antonio Musella

23 / 5 / 2011

La versione postmoderna di rivoluzione si addice meglio all’idea di un processo di cambiamento radicale, costante, lento, determinato, piuttosto che ad un'idea, forse più romantica di un' ora x che segna la presa del palazzo d’inverno.
L’esperienza ci suggerisce però di volare bassi, di essere umili ed equilibrati, per questo rispetto a quello che sta avvenendo a Napoli in queste settimane, ci pare più opportuno parlare di una nuova fase che si apre.
Pochi mesi fa in molti leggevano la candidatura a sindaco di Luigi de Magistris come una operazione velleitaria. Alcuni, tra i più buoni, la ritenevano una operazione coerente ma senza alcuna possibilità di vittoria.
I comitati contro il piano rifiuti, alcuni centri sociali, tante realtà sociali sono state invece tra quelli che c’hanno creduto da subito, senza riserve, coscienti di come la figura di de Magistris rispondesse all’esigenza di provare a trovare una sintesi, un catalizzatore per la rabbia, lo sdegno, la voglia di riscatto dei napoletani.
Contro si è schierata la macchina elefantiaca del partito democratico insieme a quei suoi sodali, come Nichi Vendola e Sel, che hanno preferito la “strada vecchia” – quella dei poteri forti, quella delle clientele, quella del bassolinismo – alla strada nuova del cambiamento radicale.
In questi due mesi Luigi ha dimostrato di poter essere quel catalizzatore.
E’ riuscito ad ascoltare, a comprendere, ad apprendere, le tante pulsioni della città. Una città offesa dai cumuli dei rifiuti, che ha accolto con sdegno Silvio Berlusconi, quello del finto miracolo del 2008, che produsse solo l’occultamento dei rifiuti in provincia di Napoli.
Le realtà di lotta, quelle sociali, associative, le esperienze delle cooperative sono riuscite a costruire un feedback positivo con Luigi, il cui programma risulta essere la sintesi delle pulsioni, dei desideri e delle rivendicazioni dei conflitti sociali della città. Le vie indicate dalle esperienze di lotta finalmente hanno la possibilità di diventare pratiche di buon governo.
Siamo partiti forse in sordina con una campagna elettorale pulita, povera, tra la gente, nei quartieri, ascoltando e rilanciando. Oggi siamo davanti a quello che potremmo definire un tumulto sociale, etico e morale.
Un tumulto arancione, come il colore scelto per la campagna elettorale.
Mentre per le realtà di lotta Luigi è un’opportunità politica, per il cuore della città e per la sua pancia, Luigi de Magistris oggi è una speranza.
Una città abituata a vivere un comportamento elettorale complesso. Da un lato schiacciato dalla clientela e dalle prebende, che ha prodotto dei veri e propri fenomeni di vassallaggio tra popolo e politica.
Dall’altro la nostra città ha vissuto delle fasi in cui il peso dei drammi sociali porta ad un cross point in cui la ricerca di una figura catalizzatrice della speranza si fa spasmodica.
Infondo l’abbiamo vissuta già una fase simile. Era il 1993, e il catalizzatore fu Antonio Bassolino. Si usciva dalla stagione di tangentopoli e si entrava in una breve stagione di rinascimento che avrebbe poi portato alla costruzione di un sistema di potere opprimente e criminale noto come bassolinismo.
Oggi Luigi rappresenta una specie di figura mistica intorno a cui si stanno catalizzando speranze, passioni e sogni.
Tra quei sogni anche i nostri e quelli di un popolo che si sta vestendo di arancio.
Piazza Dante, la sera del 22 maggio, era gremita da oltre 10 mila persone.
Enormi bandiere arancioni sventolavano ad ogni angolo della piazza, lasciando le bandiere dei partiti a fare la figura degli oggetti fuori posto.
Giovani e meno giovani, cittadini delle periferie, del Vomero e di Posillipo, studenti, disoccupati, un candidato sindaco che balla sul palco con Enzo Avitabile e Roberto Vecchioni, tutti in piazza sotto enormi striscioni arancioni che si muovevano come onde nel mare sopra un popolo di indignati.
Un protagonismo sociale che a Napoli non si respirava da anni. Luigi forse avrà detto poco dal palco, ma a questo punto ormai c’è poco da dire. Le corde della città stanno vibrando. Ciò che doveva essere detto oggi fa parte del dna di ogni cittadino che indossa qualcosa di arancione, di ogni vecchietto che chiede volantini, di ogni disoccupato che gira con la pettorina per de Magistris sindaco, di ogni studente che indossa un foulard arancio.
Contro, ancora una volta, avremo l’altra Napoli, quella che non piace a nessuno. Quella dei soldi sporchi fuori ai seggi elettorali, quella delle clientele che riemergono, quella dei poteri forti e degli apparati che da sotto le macerie in cui sono finiti vogliono lanciare un ultimo ululato come una belva mostruosa prima di morire.
La partita è aperta e noi siamo in ballo.
Certo, l’alone mistico che circonda Luigi de Magistris in questo momento, potrebbe lasciare spazio alla proposizione di problemi futuri. Innanzitutto il rischio dell’uomo solo al comando, dall’altro la difficoltà di dare risposte in una città in ginocchio con le casse vuote e piena di debiti.
Rischi che oggi dobbiamo correre e che domani dovremmo essere tutti bravi ad arginare per non vanificare quell’enorme portato di speranza che intorno a Luigi si sta compattando.
Il tumulto, l’apertura di una nuova fase, non significa già la proiezione nel presente di un cambiamento radicale.
Dobbiamo ancora arrivarci.
Alla rivoluzione manca tanto così….