Il terremoto all'Aquila e in Abruzzo

Per non dimenticare il 6 aprile 2009

7 / 4 / 2013

Pubblichiamo qui di seguito un intervento che gira nelle reti che ci sembra presenti efficacemente la situazione, lo stato d'animo, la vita post terremoto.

Per non dimenticare il 6 aprile 2009.

Sono trascorsi quattro lunghi anni dalla notte che ha travolto e spazzato via L'Aquila. Settanta mila persone coinvolte nella tragedia, 309 morti. Una città distrutta con tutti i monumenti ed un intero centro storico spazzato via.

A chi è sopravvissuto a quella forte scossa di magnitudo 6.3 è rimasta la consapevolezza che pochi centimetri di cemento armato e la solidità del terreno abbiano fatto la differenza.

La differenza tra la vita e la morte.

309 morti sono stati la grande ingiustizia del nostro terremoto e la sentenza di colpevolezza per gli scienziati della Commissione Grandi Rischi ne è la congrua conseguenza. Colpevoli di aver tranquillizzato, nella riunione del 31 marzo 2009, una città in sciame sismico da quattro mesi, con la ratio che la ripetizione frequente di molte scosse scaricasse la potenza del terremoto e scongiurasse il Big One.
Avremmo dovuto essere una città in allerta, con le auto nei parcheggi davanti ai palazzi e non dentro i garage sotto i palazzi che sono caduti schiacciandole; con le coperte e le medicine nelle auto; con acqua e viveri per affrontare il peggio, che poi si è verificato.
Ci siamo trovati alle 3:32 al buio squarciati dall'ululato della terra, siamo scesi in quella gelida notte a meno due gradi per strada, tra la coltre della polvere e i buchi alle pareti aperte nella luce della luna. Abbiamo trovato le strade squarciate e i palazzi ridotti a mezzo metro di macerie.

Nei giorni precedenti al sisma erano stati consegnati all'ospedale de L'Aquila tremila sacchi per le salme, ma nella caserma dei vigili del fuoco c'erano solo 22 vigili.
Abbiamo dovuto aspettare le colonne di aiuti dalle città più vicine, le squadre cinofile e i soccorsi medici dal centro Italia e poi abbiamo scoperto sulla nostra pelle il significato della solidarietà. Gli aiuti. Ritrovarsi con i panni indosso e nient'altro e doversi affidare ad altri. Dormire in macchina al freddo senza coperte, né cibo, né acqua. Essere inviati sulla costa abruzzese dove le strutture turistiche hanno aperto per noi le porte impolverate, chiuse dalla stagione estiva. Sentire bussare alla porta della stanza d'albergo e trovarsi le signore della Caritas con una busta piena di spazzolini dei denti, saponi, parmigiano, uova e latte.

Scoprirsi terremotati.
Il resto, questi quattro anni sono stati solo una corsa alla sopravvivenza, una corsa continua verso qualcosa che altro non è che la speranza di riavere la nostra vita. Oltre quarantamila persone non sono ancora rientrate a casa loro. L'80% dei bambini dai 6 ai 12 anni ha riportato dei postumi da trauma, le altre fasce d'età non sono state semplicemente studiate!

Sopravviviamo.
Nel fine settimana scappiamo, cerchiamo quello che qui non c'è più: i vicoli con il profumo della vita, una piazza con i piccioni, i rumori delle parole, dei sorrisi, del lavoro, dei negozi. Il terremoto ormai ce lo portiamo dentro, i suoi effetti devastanti ci accompagneranno ancora per tante generazioni.

Nel 2012 hanno lasciato L’Aquila, cambiando residenza, almeno 1.200 giovani. Età compresa tra i 30 e i 40 anni, una media di cento al mese, secondo i rilievi dell’ufficio statistica del Comune, cambia la composizione sociale e la qualità della vita, sta peggiorando tutto. Si calcola che sui 72mila residenti all’Aquila prima del sisma, almeno 15mila persone, abbiano lasciato la città cambiando la residenza. Il dato peggiore è quello che riguarda i giovani, la forza lavoro e l’intelligenza che abbandonano una città morente.

A quattro anni dal sisma non è ancora praticabile una politica economica e sociale di rinascita, che faccia riprendere la rotta giusta ad una città che vorrebbe rinascere. Al contrario. L’economia non riparte, non ci si prova nemmeno.

Eppure sarebbe sufficiente che il Parlamento decida di comprare due caccia F-35 in meno per far rinascere L’Aquila e restituirla all’Italia e al mondo. nvece la giunta regionale di centro destra naviga contro: l’ospedale aquilano viene declassato in favore di quello di Avezzano (dove la destra ha un elettorato solido e politici famosi), i soldi per la ricostruzione delle scuole aquilane vengono dirottati verso quelle marsicane (il liceo scientifico di Avezzano è stato completamente abbattuto e ricostruito in tempi da record, sono state messe in sicurezza tutte le altre scuole mentre a l’Aquila si studia ancora nei MUSP), c’è un nascosto disegno che prevede la smobilitazione di molte facoltà universitarie che verranno dirottate verso altri lidi e a L’Aquila, città universitaria per eccellenza, potrebbe rimanere solo la facoltà di ingegneria. Persino la caserma vedrà andare via 400 militari. Se non arriveranno subito finanziamenti per la ricostruzione, se non cesserà questa politica scellerata, la città sarà condannata a morte.

Chiediamo di poter tornare a vivere. Lanciamo un appello a tutti/e a starci vicino come fecero al momento del terremoto. Vogliamo che sappiano che questo per noi e’ un momento difficile proprio come i primi giorni post-sisma, perché viviamo una vita sospesa, fatta di precarietà assoluta.

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