Il lager di Lampedusa - Migranti denudati nel centro di contrada Imbriacola

A poco più di due mesi dal naufragio del 3 ottobre le immagini choc del Tg2

17 / 12 / 2013

Denudati, messi in fila, umiliati, sottoposti a disinfestazione.

Sono le immagini girate dal tg2 nel centro di contrada Imbriacola, a Lampedusa; scene che richiamano un passato lontano che nessuno avrebbe voluto più vedere.

Donne, uomini, eritrei, somali, siriani, ghanesi, kurdi, spogliati nel cortile del centro di prima accoglienza e soccorso per poi essere raggiunti dal getto di una pompa per debellare una malattia che gli viene attribuita quasi da protocollo, ma che in realtà, nella quasi totalità dei casi, viene contratta solo una volta giunti in Italia proprio a causa delle condizioni di "accoglienza" a cui sono sottoposti. La stessa Unhcr, in un comunicato di poche ore fa denuncia la situazione indegna in cui versa il centro e la mancanza cronica di trasferimenti che permettano di farlo funzionare veramente da luogo di primo soccorso.

Tra gli ospiti forzati di quel posto disumano c’é chi vi é rinchiuso da oltre due mesi. Come i sedici superstiti del naufragio del 3 ottobre scorso che da allora non hanno mai lasciato contrada Imbriacola. Sono i testimoni del procedimento aperto dalla Procura di Agrigento contro gli scafisti ed i trafficanti, da mesi sono costretti a vivere in condizioni deplorevoli sull’isola perché gli inquirenti hanno paura di perdere le loro tracce. Come dargli torto. Chi sopporterebbe di vivere a Mineo, in un CARA o in una struttura italiana dopo aver fatto l’esperienza del centro di Lampedusa.

Fuggono da guerre e da persecuzioni, da torture e violenze, per poi raggiungere l’Italia ed essere sottoposti a questo che assomiglia tanto ad uno di quei trattamenti disumani e degradanti richiamati dalle convenzioni internazionali.
Si parla di Libia, di Siria, di Eritrea, di Iran, di Russia, di Cina, ma quando la realtà di quelle carte internazionali si materializza nel cortile di casa, allora no, va minimizzata, si tratta di un errore, al massimo di un episodio di cui vergognarsi senza mai però andare alla radice.

La radice appunto, la stessa che condanna l’isola di Lampedusa, dopo oltre due mesi dal naufragio del 3 ottobre scorso, a vivere ancora una vita di frontiera, ad essere palcoscenico forzato di uno spettacolo, in cui va in scena il dramma del confine, banco di prova di quel diritto differenziato capace di essere imposto all’occorrenza sulla pelle di milioni di donne e uomini con fermezza ed autorità ed al tempo stesso essere violato all’occorrenza con spaventosa arbitrarietà: al CPSA di Lampedusa come nei CIE sparsi per la penisola, ogni volta che un migrante va a rinnovare un permesso di soggiorno o come quando un cittadino europeo rivendica una vita dignitosa.
Da una pate milioni di euro, pattugliamenti armati, investimenti nella militarizzazione della frontiera, dall’altra la vita di migliaia di donne e uomini che ancora, nonostante questa enorme macchina del controllo messa in piedi dagli stati europei, non smettono di muoversi. In mezzo la violenza, sotto forma di tortura o umiliazione, di internamento o ricatti a cui, non solo gli operatori della cooperativa Lampedusa accoglienza, ma tutta Europa, sembra ormai essersi abituata.

Il 18 dicembre sarà una giornata di mobilitazione globale proprio contro questa barbarie che ha nel confine il punto di applicazione più emblematico ma che coinvolge la sfera dei diritti di tutti, da chi si muove, muore o rischia la vita per raggiungere l’Europa, a chi invece ce la fa ma poi si ritrova collocato in una concezione della cittadinanza gerarchica, differenziata, vuota. Un processo di svuotamento dei diritti in cui non solo i migranti ma l’Europa intera è coinvolta.
A Mineo sono previste iniziative di mobilitazione, dopo il suicidio dell’altro ieri da parte di un richiedente asilo eritreo in attesa da lungo, troppo tempo, del responso della commissione per il riconoscimento della protezione internazionale, così come a Palermo e Niscemi. A Roma i migranti saranno in piazza Esquilino già dalle 16.30 per un corteo cittadino mentre a Bologna è previsto un appuntamento per la non riapertura del CIE di via Mattei dalle ore 18. In altre centianaia di città italiane, europee, ed in tutto il mondo sono previste iniziative ed azioni.

Ma l’agenda dei movimentisu questo terreno è molto ricca. Il prossimo venerdì 31 gennaio 2013 fino al 2 febbraio, associazioni, collettivi, movimenti, organizzazioni, saranno sull’isola insieme al Sindaco per cercare di ribaltare questa situazione, per scrivere la Carta di Lampedusa ed insieme ad essa riscrivere un nuovo orizzonte per un’isola che non vuole più sopportare, per questo di pezzo di mondo che va da Melilla ad Evros, passando per il Mediterraneo e per chi lo abita. Un’occasione per sperare di non dover più vedere né a Lampedusa né altrove quelle immagini.

I maltrattamenti ai migranti nel centro di Lampedusa