Il collettivo ZTL Wake Up! e la condanna per aver protestato per la libertà delle donne

8 / 2 / 2019

Nel 2014, fuori dall’ospedale di Treviso, il collettivo Ztl contestò le preghiere antiabortiste del Movimento con Cristo per la Vita e, cinque anni dopo, sono stati condannati dalla Cassazione. L'articolo di Matteo Innocenti, tratto da LetteraDonna.

Immaginate di andare all’ospedale e di imbattervi in delle persone intente a pregare con lo scopo di "colpire" e colpevolizzare le donne che si recano nella struttura per un’interruzione di gravidanza. Immaginate, a questo punto, di decidere di controbattere, iniziando a contestare le preghiere antiabortiste con cori e striscioni. Immaginate, ancora, che tutto questo arrivi in tribunale e che siate costretti a pagare una salatissima multa di 400 euro. Ci vuole un sacco di immaginazione, verrebbe da dire. Eppure è tutto vero: il collettivo ZTL Wake Up! a marzo del 2014 andò fuori dall’ospedale di Treviso per protestare contro il Movimento con Cristo per la Vita e, cinque anni dopo, gli attivisti che parteciparono all’iniziativa sono stati condannati in via definitiva dalla Cassazione. Tra di loro c’è Monica Tiengo, madre di una figlia adolescente, lavoratrice, sindacalista, attivista vicina da sempre a certe tematiche: «È la prima volta che vengo condannata. E ne sono fiera, anche anche se ero convinta che sarei stata assolta», si sfoga raggiunta da LetteraDonna: «I medici e gli infermieri dell’ospedale ci avevano dato ragione quel giorno, invece secondo giudice e Cassazione quel gruppo cattolico può stare lì, in un luogo tra l’altro aperto a persone di ogni fede, e noi no».

Facciamo un passo indietro, di quasi cinque anni. Cosa è successo quel giorno?

Da anni fuori dall’ospedale di Treviso, nei giorni in cui vengono praticate le interruzioni di gravidanza, c’è un presidio del gruppo Movimento con Cristo per la Vita. Un appuntamento fisso. Si piazzano davanti all’ingresso, pregando ma soprattutto mostrando foto disturbanti di feti morti, pieni di sangue o conservati in barattoli. È una presenza che si nota: se già per chi non deve fare un aborto vedere certe cose non è il massimo, figuriamoci per una donna che è lì proprio per quello.

E come avete reagito quel giorno?

Siamo andati davanti all’ospedale con megafoni, striscioni e dei mazzi di prezzemolo (in passato decotti di prezzemolo venivano utilizzati a scopo abortivo, ndr), che abbiamo lanciato ai loro piedi. È stata una contestazione molto tranquilla, senza contatti fisici. Abbiamo detto a questi individui che dovevano pregare in chiesa e non lì, e che non volevamo tornare al Medioevo.

Diciamo che non l’hanno presa benissimo.

Siamo stati querelati in nove per violenza privata. Ma la violenza privata l’ho subita io, costretta a vedere certe cose nel 2019! Una vergogna, così come lo sono il ddl Pillon, il fatto che ci siano medici obiettori e il modo in cui vengono gestite le interruzioni di gravidanza.

Chi sono gli attivisti che fanno parte del collettivo ZTL Wake Up! ?

Siamo un gruppo variegato di donne, uomini, gay, lesbiche, studenti, casalinghe, insegnanti, libere professioniste, tutti antifascisti e antirazzisti. Facciamo parte della rete di Non Una di Meno e per il corteo del 24 novembre a Roma abbiamo riempito due pullman. Facciamo informazione sul ddl Pillon, che sta cercando di colpire le donne, e sulla legge 194, ma anche su violenza domestica e gestione del welfare per quanto riguarda le donne single con figli. Senza dimenticare gender gap e maternità: lavoro in un sindacato e so che stiamo parlando di problema reali, che si possono aggravare con le riforme prospettate.

Siete vicini anche alle donne migranti? 

Certo, perché sono le più ricattabili sul posto di lavoro, in quanto solo con un contratto hanno la possibilità di avere il permesso di soggiorno. Insomma, a volte parlare di femminismo può sembrare qualcosa di altri tempi, ma non lo è per niente. Anzi, forse siamo messi peggio rispetto a 15 anni fa. Adesso ci stiamo organizzando per la Festa della Donna: certe scadenze hanno molta importanza, anche se per noi è l’8 marzo tutti i giorni.

Del collettivo fanno parte anche donne che hanno avuto difficoltà a interrompere un gravidanza?

Sì, ci sono persone che hanno vissuto in prima persona certi problemi. Ma anche chi si è trovata in difficoltà per molto meno: un’attivista di Treviso, imprenditrice, mi ha raccontato di essere stata umiliata quando, a Milano per motivi di lavoro, è andata in farmacia per una pillola del giorno dopo, necessaria in seguito un rapporto non protetto. È stata tratta malissimo, le hanno addirittura detto di vergognarsi, che era una donna di facili costumi. E questo solo per aver chiesto una medicina di cui aveva diritto. Figuriamoci cosa può succedere a una ragazzina.

Questo a Milano, non in provincia. A Treviso qual è la situazione?

Da noi c’è sempre stata la possibilità di fare interruzione di gravidanza, ma fino a poco tempo fa c’era solo un medico, che fondamentalmente si è giocato la carriera per continuare a fare ciò che secondo la coscienza era giusto: aiutare donne in difficoltà. Purtroppo chi è obiettore fa carriera. Così si allungano le liste di attesa, con il rischio di superare le settimane entro cui è possibile abortire, con la conseguenza che chi vuole interrompere la gravidanza è costretta a farlo fuori provincia o regione.

Nel 2019 l’interruzione di gravidanza come può non essere visto come un diritto?

Non lo so, davvero. Un aborto permette di evitare spiacevoli conseguenze, di rovinare più vite. La depressione post partum è qualcosa di reale, non si può mettere al mondo un bambino non desiderato, vittima magari di uno stupro. Chi non ha soldi o vive in mezzo a una strada perché deve essere costretto a potare a termine la gravidanza? I movimenti cattolici provano a convincere le donne incinte donando un anno di latte e pannolini, ma di un figlio bisogna poi occuparsi tutta la vita. Oppure dicono loro che chi uccide un feto va all’inferno.

A proposito di religione, si può far parte di un movimento come il vostro ed essere anche ferventi cattolici?

Non parliamo molto di religione, ma credo che ci sia un po’ di tutto. Non posso credere che tutte le persone a favore delle interruzioni di gravidanza siano atee. Tra l’altro, se dovessimo seguire gli insegnamenti di Dio non faremmo guerre e, magari, non ci sarebbe nemmeno una barca con 47 persone abbandonate in mezzo al mare, lasciate lì da Salvini che fa politica con il Vangelo in mano, predicando bene ma razzolando male. Siamo governati da dei pazzi integralisti di facciata, che in realtà sono tutti divorziati, separati o comunque senza famiglie del Mulino Bianco. La vita reale è diversa da quella che cercano di imporre agli altri, dovrebbero capirlo.