Report dall’assemblea nazionale dell’Onda - Terzo Workshop. Ricerca, Formazione e lavoro

18 / 11 / 2008

Ricerca, formazione, lavoro. Questi i temi di cui abbiamo discusso durante la giornata di ieri, dal nostro punto di vista, dal punto di vista dell'onda. Abbiamo chiamato il nostro percorso autoriforma, autoriforma dal basso dell'università. Autoriforma dal basso per noi e' travolgere questa universita', attraversarla con i nostri desideri e le nostre proposte, proposte che vogliamo costruire a partire dalla comprensione della sua crisi e del suo rapporto con la società.

Una crisi esplosa da tempo e approfondita da un quindicennio di pessime “riforme” volte ad aziendalizzazione e privatizzazione dell'università, che i provvedimenti di questo governo trasformano in catastrofe. Pensiamo al taglio del FFO, al blocco del turnover , ma soprattutto alla trasformazione degli atenei in fondazioni di diritto privato, alle sue conseguenze in termini di discriminazione di censo nell'accesso a un'istruzione di qualità e di destrutturazione dell'intero Sistema universitario nazionale. Effetti che non potranno non aggravare le già critiche condizioni della scuola di ogni ordine e grado.

Non dimentichiamo però le responsabilità di chi l'università ha gestito con meccanismi corporativi e clientelari, di chi soffoca la ricerca per mezzo di un'opprimente gerarchizzazione, di chi ha costruito un sistema fondato sullo sfruttamento generalizzato del lavoro precario, di chi ha oramai accettato l'idea di un drastico restringimento dell’accesso a un'istruzione pubblica di qualità. Il nostro obiettivo e' stanare e denunciare queste aberrazioni ovunque si manifestano, conoscerle per scardinarle. E' superare il cosiddetto 3+2, contrastare i suoi effetti di frammentazione e scadimento della didattica funzionali alla produzione di lavoratori precari e ricercatori al servizio del privato o dell'impresa di turno.

In due mesi di mobilitazioni abbiamo dimostrato di non avere alcuna intenzione di lasciarci incantare dalle false aperture del ministro Gelmini o chiuderci nel recinto di uno studentismo vuoto e arrogante. Abbiamo gridato dalle piazze di tutta Italia la nostra consapevolezza che solo l'unione e la generalizzazione di proteste particolari può rovesciare quei rapporti di forza che schiacciano il mondo dell'istruzione e della ricerca tanto quanto quello del lavoro. Solo il continuo coordinamento e allargamento della protesta potrà portare a un reale cambiamento nelle politiche del governo e per questa ragione aderiamo allo sciopero generale indetto per il 12 dicembre con la promessa di farlo vivere nelle nostre metropoli e in qualunque luogo raggiunto dall'Onda. Il nostro sciopero sarà dunque all'insegna della generalizzazione delle mobilitazioni, della lotta contro la precarietà e per l'abolizione di tutte le forme di lavoro parasubordinato contenute nella legge 30, contro ogni discriminazione di genere, cultura e razza, contro la criminalità organizzata che strangola il nostro Sud e sempre più anche il nostro Nord.

Autoriforma è il percorso concreto di elaborazione, d'inchiesta e di conflittualità che mette in crisi il sistema attuale, che propone un modello diverso di università attraverso una critica radicale dell'esistente. Vogliamo costruire un'università pubblica, democratica ed accessibile a tutti.
Per questo sentiamo l'urgenza, in questa fase di crisi profonda del modello sociale ed economico neoliberista, di un'università che sappia dare il suo contributo alla costruzione di un nuovo e più equo modello di sviluppo. Il nostro punto di partenza sarà l'analisi della ricerca concretamente prodotta dalle nostre università ed enti, delle sue ricadute sul territorio, la creazione di sapere critico e la moltiplicazione delle esperienze di autoformazione e didattica alternativa cui abbiamo dato vita nelle nostre mobilitazioni.



1) L'indipendenza e l'autonomia della ricerca sono per noi principi fondativi.
La ricerca non deve essere subordinata a logiche di mercato: le risorse e le strutture pubbliche dalle quali essa dipende non possono essere messe al servizio di interessi privati. Il sapere e' un bene pubblico, una produzione collettiva e per questa ragione non appropriabile: i suoi risultati devono essere socializzati, ossia posti al servizio dell'intera società. Per questo riteniamo essenziale lo sviluppo di forme non commerciali della loro tutela (GPL/Creative commons) in contrapposizione al brevetto nonché il sostegno all'editoria scientifica open source ed una stretta sinergia tra ricerca e didattica. Siamo però consapevoli che l'emergenza attuale ha tra le sue cause principali il cronico sottofinanziamento delle attività di ricerca, che deve essere portato almeno ai livelli indicati dal Trattato di Lisbona (3% del Pil contro l'attuale 1%). E poiché una ricerca libera non può esistere senza ricercatori autonomi e indipendenti da ogni condizionamento, la democratizzazione dell'accesso ai fondi e la sua apertura ai ricercatori non strutturati e ai dottorandi è per noi condizione irrinunciabile.

2) L'autonomia della ricerca e la qualità dell'università pubblica non possono essere disgiunte dalla realizzazione di un nuovo concetto di valutazione.
Tale concetto, più complesso della combinazione di indici presuntamente quantitativi, non deve essere legato al contenimento del bilancio, alla produzione di brevetti o al semplice numero delle pubblicazioni. Pensiamo che la valutazione debba essere intesa anche come rendicontazione sociale delle attività degli atenei e del sistema nel suo complesso, che non possa prescindere dai contesti territoriali in cui le università sono inserite.
Contemporaneamente, ribadiamo che anche docenti, ricercatori e dottorandi dovrebbero essere coinvolti nei processi di valutazione. Gli esiti della valutazione della didattica e della ricerca dovrebbero condizionare la distribuzione di parte dei finanziamenti per gli atenei sia nella distribuzione dei finanziamenti ai singoli.

3) Il problema del reddito è sicuramente trasversale a tutto il corpo vivo dell'università: studenti dottorandi e ricercatori precari.
Al lavoro di ricerca, perché di lavoro si tratta, devono corrispondere un salario adeguato e i diritti stabiliti dallo statuto dei lavoratori. La moltitudine di tirocini, stage e praticantati tutti rigorosamente non retribuiti non sono più tollerabili, così come la dilagante attività didattica a titolo gratuito. Ogni prestazione deve essere contrattualizzata al più come forma di lavoro subordinato a tempo determinato e in tal caso deve essere garantita la continuità del reddito, diritto fondamentale di cui chiediamo l'estensione a tutti i lavoratori precari. Non solo, commossi dall'attenzione del ministro Gelmini alle condizioni degli edifici scolastici, rivendichiamo ambienti idonei di studio, lavoro e ricerca.

4) Il dottorato di ricerca è il più alto grado dell'istruzione italiana e contemporaneamente l'introduzione all'attività di ricerca.
Vanno dunque garantiti adeguati percorsi didattici e il diritto all'autonomia economica. Questo significa in particolare l'immediata soppressione dei dottorati senza borsa e il pagamento di tasse di iscrizione. I dottorandi dovrebbero vedere riconosciuti i loro diritti per mezzo di uno statuto nazionale a loro dedicato. Per quanto riguarda le specializzazioni è emersalanecessità di nuove procedureconcorsuali trasparenti. Le mansioni affidate agli specializzandi non devono mai oltrepassare le competenze previste dalla legge.

5) Per quanto riguarda la spinosa questione del reclutamento, ribadiamo la nostra ferma opposizione al blocco del turnover. Ma questo non ci basta, dopo anni di blocco dell'accesso ai giovani che ha esasperato la precarietà e incentivato la fuga dei cervelli. Chiediamo l'istituzione di un contratto unico dilavorosubordinatouna volta terminato il dottorato, di durata non inferioreai due anni: esso deve sostituirel'attuale jungla di “contratti” precari. Tali misure non avrebbero tuttavia alcun senso senza un consistente reclutamento straordinario via concorso, che deve essere seguito da un reclutamento ordinario via concorso costante nel tempo. Per quanto concerne l'inquadramento della docenza, chiediamo l'istituzione di un ruolo unico e l'incompatibilità della libera docenza con contratti di diritto privato.

6) I ricercatori precari, essenziali al funzionamento di tutte le università italiane, sono completamente assenti dagli organi decisionali delle stesse. E' questo un elento chiave della gerarchizzazione del lavoro di ricerca e didattica. Come ogni altra categoria nell'università, i ricercatori precari e i dottorandi devono partecipare ai processi decisionali tramite i loro rappresentanti eletti.

7) L'Onda ha già valicato i confini nazionali. In tutta Europa si sono svolte manifestazioni di solidarietà al movimento italiano. Questo fatto ci parla della dimensione transnazionale dei problemi che stiamo affrontando. Il lavoro di ricerca prevede la mobilità come elemento irrinunciabile ma continuamente ostacolato dalle differenze dei diversi sistemi nazionali.
Spesso le riforme, sgradite a chi l'università la vive, sono state giustificate in nome di una presunta volontà di integrazione a livello europeo. Vogliamo sottolineare che uno spazio europeo della ricerca ancora non esiste e che il movimento deve assumersi la responsabilità di cominciare a crearlo, non attraverso la normazione astratta ma attraverso la circolazione delle idee e delle lotte.
L'osservazione dei diversi modelli di sistema universitario presenti al momento in Europa ci permette di rigettare immediatamente alcune ipotesi di sviluppo, come il modello anglosassone e il principio del debito di formazione, già ampiamente entrato in crisi in Inghilterra e negli Stati Uniti. In quest'ottica proponiamo la convocazione di una riunione europea che metta in circolo le diverse vertenze sviluppate dai movimenti di studenti e ricercatori precari.

8) Questione di genere nella ricerca.
Nella ricerca rimane aperta la stessa questione di genere che troviamo ovunque nel mondo del lavoro: da una parte la progressione dei carriera delle donne è fortemente filtrata ai livelli più bassi, dall'altra le donne subiscono il perenne ricatto biologico, aggravato dalla precarietà, per cui la maternità diventa in realtà la via di espulsione dal mondo della ricerca.


9) Se infatti autoriforma e' anche e soprattutto un percorso condiviso di lotte questo workshop ha espresso una molteplicità di strade che possono essere percorse a livello locale e
nazionale:
? Se il precariato e' il problema di questa generazione una grande inchiesta sul lavoro precario nell'università ci sembra fondamentale, che porti ad un censimento a livello
nazionale che ci permetta di tradurre nella forza dei numeri l'enormità del fenomeno
? La congiunzione con la protesta della scuola
? Appello studenti, dottorandi e precari per lo sciopero generale/gli scioperi generali.
? Coordinamento con la scuola (insegnanti, genitori, precari, anti137, nogelmini, circoli genitori-insegnanti-universitari)
? Azioni locali contemporanee e condivise da tutto il movimento. Giornata nazionale della ricerca.
? Vertenze locali comuni studenti, ricercatori precari
? Sviluppare vertenze per l'Applicazione della Carta europea della ricerca.
? Iniziative di apertura verso l’esterno , nel territorio, di apertura dell’università alla
cittadinanza, ai bambini delle scuole, alle famiglie, ai lavoratori. Seminari in piazza ecc.
? Gruppo di studio sulla valutazione.
? Occorre sviluppare una critica di tutti gli strumenti di governance universitari a partire dalla fondazione di diritto privato CRUI e dell'autoproclamato circolo dei migliori atenei d'Italia, AQUIS
? Promuovere una assemblea Europea

Una molteplicità di strade ma molte di più, pensiamo, sono quelle che usciranno dalla fantasia di questo movimento, dalla forza della partecipazione che lo sta facendo vivere, dalla capacità di sperimentare percorsi nuovi che ha mostrato in questi giorni di mobilitazione.
Il movimento deve durare, sappiamo che la nostra lotta avrà tempi lunghi ma sappiamo anche che, almeno per questo paese, è una grande occasione e grande speranza.