Uniti contro la crisi affina strumenti di analisi e di pratiche di conflitto sociale. Lo fa al centro sociale Rivolta dove si sono dati appuntamento i movimenti sociali del paese. Oltre 2.000 persone hanno attraversato e costruito la due giorni di meeting/seminario a Marghera. Centinaia le realtà che hanno raggiunto il Rivolta da tutta Italia. Studenti, sindacalisti, spazi sociali, lavoratori della formazione, comitati ambientali, lavoratori dello spettacolo, occupanti delle associazioni per il diritto alla casa, movimenti in difesa dei beni comuni.
Numeri. Due assemblee plenarie. Tre tavoli di lavoro, formazione, ambiente e reddito, cui si sono iscritti in milleseicento. Da Roma a Vicenza. dall'Aquila a Napoli in una due giorni di confronto reale sui temi della crisi, per controbattere le false risposte messe i campo dai Marchionne, Tremonti, Gelmini. Oltre 1500 i pasti distribuiti nelle due mense approntate all'interno degli spazi del centro sociale. Due settimane di lavoro per allestirlo e renderlo funzionale per il meeting. Decine e decine le persone che si sono alternate tra bar e accoglienza nelle palestre che hanno ospitato chi arrivava da lontano nei punti ristoro e nei banchetti informativi e dietro i computer ai tavoli delle assemblee per registrare audio e video. Il tutto in presa diretta: streaming video sul sito di globalproject e nei mega schermi sistemati in tutte le sale. Un gran lavoro ma soprattutto una grande occasione.
Agenda. Un cartello comune, Uniti Contro la Crisi ma soprattutto un percorso iniziato lo scorso 17 ottobre che guarda scadenze di medio e lungo periodo consapevole però che le prove generali si faranno il prossimo 28 gennaio nello sciopero promosso dalla Fiom. Si alternano così sul palco dell'hangar Maurizio Landini e Gianni Rinaldini e Giorgio Cremaschi che, insieme all'economista Guido Viale hanno definito e portato fuori della fabbrica "l'irrealizzabile modello Marchionne" scandendo la necessità di estendere radicalmente le forme di democrazia, di ripensare e costruire una concreta alternativa di produzione e quindi di società. E sottolineando l'importanza centrale di tornare a parlare a milioni di persone. Il 28 gennaio “Uniti contro la crisi sarà in ogni piazza davanti alle fabbriche dalla Mirafiori, a Torino, a Cassino, a Termini Merese, a Padova, per il Veneto, con la Fiom, dentro i cortei e i picchetti”. Ma poi ancora si dà appuntamento a febbraio, a Napoli dove Fiom e comitati contro il piano rifiuti propongono un seminario su cosa si nasconde dietro le strategie padronali dell'utilizzo delle discariche e degli inceneritori. A marzo, a Roma per la manifestazione nazionale per l'acqua ed i beni comuni. A primavera per un appuntamento nazionale su informazione e comunicazione. Sabato sera in un forum serale si è discusso infatti di come collaborare per sostenere sinergicamente le campagne comuni e di come costruire uno spazio comune, un portale per dare visibilità al lavoro degli stessi strumenti di comunicazione.
Occasioni. Non si tratta di formalizzare una ricetta. Ma una occasione. Quella della due giorni: per le migliaia di persone e le centinaia di realtà che si sono conosciute meglio e hanno saldato, formato e cambiato le relazioni tra loro. Durante le assemblee, i tavoli di lavoro, sedendosi attorno ad un tavolo a mangiare. E quella, storica e politica di costruire “un nuovo comune” nella crisi del capitalismo. Con parole nuove, per un altro modello di società.
I contenuti
La questione ambientale ed ecologica sposta l'orizzonte un po' più in
là, sia in termini di teoria che di prassi. E' questa la sensazione che
accompagna i lavori del tavolo: “Democrazia e beni comuni: tra crisi
ecologica e riconversione produttiva per un nuovo modello di sviluppo.”
Si sposta un po' più in là l'orizzonte e la discussione si rivela, al
contempo, analisi innovativa e proposta di azione concreta. Due ambiti
brillantemente tenuti insieme nella sintesi conclusiva proposta dal
giurista Ugo Mattei che fa emergere alcuni punti:
1. che i beni
comuni non sono una categoria merceologica ma sono piuttosto delle
pratiche. Pratiche che emergono nelle lotte e sono tali in quanto
riconosciuti come tali in queste stesse lotte. E' in questo modo che
mobilitazioni apparentemente molto diverse e molto lontane tra loro
diventano una unica battaglia, che si appropria anche di linguaggio
comune, comprensibile e condiviso;
2. che la battaglia
ecologico-ambientale non può essere declinata in chiave di legalità ma
piuttosto in quella di “giustizia sostanziale”: “Non possiamo riempirci
la testa di categorie della legalità formale, ribadisce Mattei, perchè
la legalità formale è complice del saccheggio”;
3. che la questione
ambientale impone di fatto una trasformazione qualitativa del nostro
modello di sviluppo e quindi una conseguenze riduzione dei consumi. E
che questa trasformazione qualitativa deve essere accompagnata da una
ri-conversiome culturale dei modi dominanti di vedere le cose:
“Dobbiamo, sottolinea ancora Mattei, rifiutare con una pratica militante
attiva di essere ridotti a meri consumatori e trasformarci in soggetti
in pieno possesso della nostra soggettività politica”.
Emerge,
quindi, che la questione dei beni ha un orizzonte ampio: parla di
sostenibilità e quindi necessariamente guarda alle generazioni future e a
un futuro lontano.
Tratto da: Terra del 25.01.11