Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di leggere le dichiarazioni di Enrico Biondi - commissario governativo - che contesta i criteri adottati dall'Arpa e
dalla Regione Puglia sul danno sanitario prodotto dall'ILVA in cui si sostiene che le cause del tumore ai
polmoni dei tarantini sono da ricercare in altri fattori, a
cominciare dal ''fumo di tabacco e alcol, nonché nella
difficoltà nell'accesso a cure mediche e a programmi di
screening''. Dichiarazioni che fanno proprio il dossier firmato dai
consulenti dell'Ilva Paolo Boffetta, Carlo La Vecchia, Marcello
Lotti e Angelo Moretti, che contestano le conclusioni dell'Arpa,
della magistratura e degli esperti del ministero della Salute
autori dello studio sull'impatto delle emissioni
dello stabilimento.
Infatti riferendosi alla diffusione del tumore ai polmoni,
i consulenti aziendali, scrivono che le neoplasie non dipendono dall'inquinamento
prodotto dal siderurgico ma dagli stili di vita dei tarantini
perché ''é noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità
di sigarette era in passato più alta rispetto ad altre aree del
Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era
ridotto fino agli anni '70''. Qui di seguito postiamo l'intervista, raccolta da Dazebaonews.it ad Antonio Battaglia di Peacelink che è ed è stato uno dei 'tecnici' che ha portato l'ILVA sul banco degli accusati per disastro ambientale.
Abbiamo incontrato Antonia Battaglia esponente di Peacelink e del Fondo Antidiossina che da anni si batte contro lo stato ambientale che, prima l'Italsider e poi l'Ilva, hanno drammaticamente provocato su questo territorio. Giovedì scorso avete per la seconda volta relazionato in Commissione Europea le ultime notizie sulla gravità della situazione dell'Ilva ...
Sì esatto, va precisato che oltre alla recente relazione siamo da qualche mese costantemente in contatto sia con la Commissione Europea che con il Parlamento Europeo, ai quali comunichiamo tutti gli aggiornamenti sulle questioni legate all'Ilva e sulla gravità della situazione ambientale che registriamo quotidianamente nella città di Taranto. (LEGGI LA RELAZIONE)
In sostanza cosa emerge dalle ultime relazioni...
Dopo il sequestro dello scorso anno disposto dal gip Patrizia Todisco
e dopo il recente decreto 61, meglio conosciuto come “salva Ilva bis”
che dopo aver incassato il sì della Camera, la situazione non solo è
rimasta immutata, bensì è addirittura peggiorata. Quello che l'Aia,
l'Autorizzazione integrata ambientale, ha prodotto in questi mesi in
termini di prescrizioni non è mai stato rispettato proprio nei suoi
punti piu' importanti. Nessun sistema di monitoraggio previsto dall'AIA,
ad esempio, è ancora stato installato. E di questo ne tengono conto
anche le nostre relazioni in cui si esprime lo stesso parere del garante
e della magistratura.
Per quali motivi vi siete rivolti all'istituzione europea?
Quando ci siamo resi conto che questa
strada alternativa poteva rappresentare una speranza. La promessa di
cooperazione con il governo italiano e quindi con l'Aia, infatti,
andava nettamente contro le nostre aspettative. Insomma il cerchio si
stava chiudendo attorno alla città nel disinteresse generale delle
istituzioni, tant'è che la situazione sanitaria epidemiologica a Taranto
non è solo peggiorata, ma con il varo dell'Ilva bis, rischiamo di
perdere definitivamente anche il nostro unico interlocutore diretto,
ovvero l'Aia con il suo garante, che comunque rappresenta un organo di
controllo importante. Ma non solo. Anche il sequestro avvenuto il 24
maggio pari a 8,1 miliardi di euro sequestrati alla famiglia Riva su
disposizione del gip Todisco, rischia di essere dissequestrato con un
nulla di fatto.
Abbiamo già relazionato il 15 maggio e l'11 luglio
scorso direttamente con il gabinetto di Janez Potočnik, il Commissario
Europeo per l'ambiente e poi direttamente con Karl Falkenberg, Direttore
generale della Direzione Generale Commissione Europea Ambiente. A loro
trasmettiamo tutti i dati aggiornati in tempo reale, come l'aumento dei
tumori, l'incremento della malattie infantili pediatriche e non ultimo
il ritrovamento di tracce di diossina anche nell'acqua e non soltanto
nelle emissioni atmosferiche com'era già stato appurato.
Intanto però all'Ilva si continua a produrre...
Sì. L'ilva, nel frattempo, continua a
produrre a ritmi molto più serrati di prima e sappiamo con certezza che
qualsiasi controllo viene automaticamente eluso. Perfino le
94 prescrizioni di cui si parla nella relazione dell'Aia e che avrebbero
dovuto porre dei successivi divieti non sono mai state osservate come
quando la loro attuazione comportava un costo, un investimento, come
riporta l'ultimo rapporto del garante datato 2 luglio 2013.
La cosa
grave è che gli operai, non solo sono costretti a lavorare in un
ambiente altamente inquinato e lesivo per le loro vite, come attesta
l'ordinanza del Gip Todisco, ma vivono la loro condizione come un
costante ricatto in cui l'occupazione diventa l'unica fonte di
sostentamento da preservare a tutti i costi visto che molti sono padri
di famiglia monoreddito.
Cosa ne pensi delle recenti dichiarazioni di Enrico Bondi, che parla di morti a Taranto causate dal fumo e dall'alcol?
Sono parole offensive e oltraggiose per la città e per i suoi abitanti. Nel quartiere Tamburi bisogna tenere le finestre sempre chiuse perchè spesso respirare quell'aria provoca malesseri continui. Forse Bondi non sa neppure che proprio nel cimitero di Taranto il sindaco ha emesso un'ordinanza che obbliga gli addetti allo scavo e alla tumulazione dei defunti di indossare delle tute integrali, poichè il terreno è talmente impregnato di inquinanti che smuoverlo può produrre gravi effetti.
Mi sembra di capire che le speranze siano davvero poche, almeno in Italia. Esiste qualche soluzione fattiva?
Direi siamo senza speranze. Tuttavia
abbiamo degli esempi dall'estero dove stabilimenti industriali sono
stati messi in sicurezza dal punto di vista ambientale con investimenti
importanti. Insomma se la politica agisse di conseguenza anche in Italia
l'Ilva potrebbe innescare una procedura di produzione cancellando
l'impatto inquinante come accade in molti parti del mondo dove la
politica ambientale è al centro delle agenda politica.
In Italia, c'è
da aggiungere, che dell'ambiente interessa ben poco. E non interessa
neppure quando i numeri dei morti emergono con le loro cause. E al danno
ambientale, si aggiunge anche quello sanitario, sociale, e umano che
spesso vengono irrimediabilmente colpiti.
A Taranto su un raggio di
20 E PIU' chilometri da dove sorge lo stabilimento è una zona da
considerarsi contaminata. Ci sono tutte le condizioni per poter parlare
di un vero e proprio disastro ambientale. Insomma, la
città sta morendo. E tutto ciò avviene nel silenzio assordante delle
istituzioni. C'è solo da sperare, e questo è il nostro auspicio, che la
commissione europea possa continuare ad investigare e porti avanti una
procedura d'infrazione contro l'Italia.