Francia e nucleare un lavoro a rischio

22 mila interinali dei quali 4000 sono "nomadi" del servizio di manutenzione nucleare.

19 / 2 / 2012

Sono operai che lavorano nelle imprese prestatarie per EDF (società erogatrice dell'elettricità in Francia) e vivono nelle aree di campeggio in prossimità delle centrali  nucleari. Il loro lavoro consiste nella revisione regolare dei reattori. All'inizio degli anni 90, EDF ha scelto di esternalizzare l'80% delle operazioni di manutenzione delle installazioni nucleari. 

Gli operai "nomadi" si spostano in giro per la Francia e anche all'estero seguendo i periodi di ricarica del combustibile atomico nei reattori. Elettricisti, idraulici, saldatori, meccanici, gli interinali sono i più esposti alla contaminazione radioattiva, assorbono l'80% della 'dose' di radiazioni (dal 2006, 20 millisievert all'anno) ricevuta dall'insieme dei lavoratori del nucleare. Questa forte esposizione si spiega con l'invecchiamento progressivo delle centrali e lo smantellamento delle installazioni in fin di vita, i lavori di decontaminazione sono quelli a più alto rischio. 

Le condizioni di  lavoro degli operai del nucleare si sono ulteriormente degradate a causa dell'aumento della soglia di produttività: le centrali si fermavano per la manutenzione dalle otto alle dieci settimane fino agli anni 90, oggi tre-cinque settimane al massimo, la metà. Un delegato sindacale della CGT della centrale EPR di Flamanville dice che "da quando EDF è entrata in Borsa, la priorità la decidono gli azionisti. 

La logica è quella di abbassare i costi, a far lavorare meno persone di più e più in fretta, e a mettere le imprese del servizio di manutenzione in concorrenza fra loro (...) il personale è quindi pagato meno in una corsa contro il tempo, non sa dove sarà la settimana successiva e neanche se ci sarà del lavoro.". Precarietà, concorrenza, riduzione dei tempi di intervento regolano i meccanismi di sicurezza delle centrali. A ciò si aggiunge una supervisione del controlli EDF che risulta approssimativa, i gesti tecnici dovuti sono effettuati  da un personale sempre meno competente: possono essere messi in campo contemporaneamente 8 livelli di subappalto dei servizi, alla fine non si sa bene chi  interviene e per quale impresa. Il primo e più urgente degli interventi per la sicurezza è senz'altro quello di eliminare le prestazioni di servizio in appalto.

EDF, uno stato nello Stato

Tra il sindacato CGT, EDF e lo Stato c'è una vecchia storia che inizia al tempo della Liberazione quando il ministro comunista dell'industria del governo provvisorio di De Gaulle nazionalizza l'elettricità e il gas. Lo stato doveva poter contare sulla produzione industriale per ricostruire l'economia, vengono votate le leggi che nazionalizzano centinaia di imprese (1500 piccole e grandi) che producevano e distribuivano l'elettricità già prima della guerra. Nello stesso momento il ministro, ex-operaio elettricista, dota i lavoratori di uno statuto particolarmente avanzato in quegli anni: 200 premi diversi, 8 settimane di vacanza, la bolletta della luce e del gas a prezzo di fabbrica e regimi pensionistici speciali. Fino alla fine degli anni 80 EDF resta l'"imprese più bella del mondo" per chi la dirige e per chi ci lavora.

Nel corso del tempo i suoi dirigenti, aziendali e sindacali, costruiscono un fortino, una specie di super-ministero. Tra il 1950 e il 1960, ingegneri EDF costruiscono un migliaio di dighe, poi con il presidente Pompidou, seguono le prime 17 centrali nucleari. L'argomento è l'incremento futuro del consumo di elettricità e la sfida dell'approvvigionamento energetico che la prima crisi petrolifera preannuncia in quegli anni. Ma negli anni 90 le cose cambiano, i "grandi programmi" vengono abbandonati perché la casse dello stato si stanno svuotando, il principale rubinetto finanziario si chiude con Mitterand.

Nel 1998, sarà un super-prefetto, ex addetto al ministero della Difesa, a gestire la fine del monopolio che permetteva all'azienda pubblica di vivere al riparo della concorrenza.

Per l'insieme dei sindacato non c'è stato un prima e un dopo Fukushima, come del resto è avvenuto con Cernobyl nel 1986. Oltre al comunicato a sostegno dei lavoratori dell'arcipelago giapponese, non si è visto alcun esame critico sul peso dell'energia di origine atomica in Francia. Non se ne parla. Stessa reazione la CGT, fedele alla sua reputazione pro-nucleare. Nelle sedi locali delle città in cui ci sono le centrali, i (pochi) iscritti che hanno tentato di abbordare le ragioni dell'uscita dal nucleare hanno dovuto ritirare velocemente le loro mozioni all'ordine del giorno. Bisogna constatare che se è vero che il sindacato CGT persiste nella linea tradizionale della produzione di stato è anche vero che l'attitudine pro-nucleare convive con una certa dose di opportunismo. Infatti, la CGT, forte della sua supremazia sindacale (56% voti), controlla il comitato d'impresa EDF e questo comporta non pochi vantaggi. Difficile, infatti, immaginare di vederla segare il  ramo su cui è posata per rimettere in causa la fonte che fornisce il 75% dell'elettricità francese, si esprime così: "Il nucleare fornisce alla popolazione la migliore energia alla tariffa minore e la maggioranza dei francesi non è disposta ad accettare un aumento delle tariffe per incoraggiare una riduzione della parte di fornitura elettrica di origine nucleare."

La confederazione intersindacale, CGT-CFDT-FO vede infatti come fumo negli occhi SUD-Energie (4% dei voti), sindacato più giovane e più critico che non esita ad esprimere una diversa concezione del servizio pubblico perché "parlare dei pericoli del nucleare è compatibile con la difesa del lavoro", dice Yann Cochin, uno dei fondatori. Il tempo gioca a favore delle nuove generazioni di lavoratori che non amano la militarizzazione del loro mestiere e che stanno prendendo le distanze dai loro predecessori: 40% degli occupati nel settore nucleare andranno in pensione entro il 2015. Questo cambiamento riguarda sia i lavoratori permanenti che quelli intermittenti, i 22 mila prestatari con contratto a termine.

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