Frammenti - Spinoza

17 / 11 / 2009

Frammenti

A volte nella discussione politica, nei più interessanti lavori editoriali vengono citati autori, pensatori, teorie, storie politche di cui non sempre tutti possiedono la totale conoscenza. Frammenti vuole essere un piccolo contributo a rendere comprensibili alcuni delle parti delle varie teorie politiche, filosofiche che più servono al dibattito teorico collettivo per rendere più efficace e complessa la pratica poltica.

Il primo testo riguarda Spinoza e i tratti essenziali e a tutti noi utili del suo pensiero.

Su Spinoza

Per semplificare il più possibile questioni filosofiche e teoriche estremamente complesse ed introdurre in maniera necessariamente schematica la figura di Spinoza, possiamo utilizzare, come momento propedeutico , la distinzione classica fra “idealismo” e “ materialismo”. Questa suddivisionea, sua volta, può essere differenziata in “materialismo” ed “idealismo” antichi e “materialismo” ed “idealismo” moderni.

Sono, ovviamente, distinzioni che non rendono conto dell'intreccio, dei nessi, delle differenze, ma anche dei rapporti reciproci tra le varie scuole di pensiero.

Un grande filosofo dell'idealismo antico è, per esempio, Platone.

Un grande filosofo “materialista” dell'antichità Democrito, o forse, ancor più Epicuro.

Un grande “idealista” dell'inizio della modernità è Hegel.

Un grande materialista rivoluzionario è Marx.

Bisogna fare però molte attenzione: non sempre il materialismo è di per se rivoluzionario e critico, non sempre l'idealismo è indice di conservazione e reazione.

Vi è un materialismo meccanicistico e deterministico, tra cui annoveriamo il materialismo volgare di certo marxismo più o meno ortodosso, essenzialmente conservatore; ci sono spunti, prospettive fondamentali per la teoria rivoluzionaria in pensatori “idealistici” nel rapporto complesso tra pensiero ed essere, tra soggetto ed oggetto (che non può essere mero rispecchiamento), nel ruolo attivo e centrale della “soggettività” come creazione del processo storico. Non a caso il grande maestro di Marx fu Hegel.

Ebbene, ci piace collocare Spinoza, come già Macchiavelli e Marx, nel grande fondo filone del materialismo critico e rivoluzionario, che esalta il ruolo della “soggettività “ anziche relegarlo nel mero meccanicismo e determinismo.

Perchè Spinoza?

Facciamo un breve appunto sui grandi orizzonti teorici che si aprono nel XVII secolo: la filosofia cartesiana è sicuramente dominante.

Cosa sosteneva Cartesio?

“Penso, dunque sono “: l'essere è subordinato al pensiero, alla conoscenza. Viene stabilito una relazione dualistica, una separazione inconciliabile tra “res cogitans” e “res extensa”, tra soggetto ed oggetto, tra un fuori ed un dentro, tra spirito e materia.

La materia esterna è completamente estranea al soggetto pensante, è intesa in maniera assolutamente meccanicistica, come una serie di entità separate e che solo un principio trascendente riesce a collegare ed unificare.

Detto tra parentesi il pensiero cartesiano sta a fondamento della fisica di Newton, con tutte le conseguenze sul piano dello sviluppo della scienza e della tecnica.

La “natura” è un entità manipolabile all'infinito da una “soggettività”, trascendentale: facile intuire come questo tipo di concezione della scienza e della tecnica, coincidente con il capitalismo nascente, mostri pesantemente il segno della crisi (già intuito da un non marxista come Heidegger e da marxisti eretici della Scuola di Francoforte).

Il pensiero cartesiano porta dritto, dritto alla teologia, al Dio trascendente che regola dall'alto e dall'esterno il mondo dei fenomeni.

La questione della trascendenza è di importanza cruciale e si traduce, sul piano del pensiero politico nel Leviatiano di Hobbes, nelle concezioni dello Stato Assoluto, per alcuni versio ed in altre forme in Rousseau ed Hegel.

Alla base del pensiero sul “potere trascendente” vi è una concezione atomistica e meccanicistica della società: essa si configura come una serieirrelata di individui egoistici, la cui natura consiste nell'individualismo possessivo, nella “lotta di tutti contro tutti” (Hobbes).

Solo un “potere trascendente” (si chiami Dio, Stato, Partito, Volontà generale etc ...) è in grado, sopra tutti e sopra tutto, di garantire l'ordine e la pace sociale, condizioni indispensabili per lo sviluppo del capitale nascente.

Questa trascendenza è, insomma alienazione della sovranità da parte di ogni singolo e della moltitudine, un patto con il diavolo , una rinuncia della libertà in cambio della sicurezza.

“Sovrano è chi decide dello stato d'eccezione !”

Questa linea trascendentale la ritroveremo in Rousseau, dove la sovranità alienata si presenta sotto la maschera democratica della volontà generale: è un rovesciamento solo apparente della teoria hobbesiana, che non risolve il problema della trascendenza del potere, semmai dà di esso una versione più sottile e mistificatoria. Siccome la volontà generale rappresenta il bene comune e l'interesse collettivo, sottomettendosi ad essa si realizza la vera libertà!

La vuotezza astratta del concetto di volontà generale lo rende assolutamente indeterminato: chi, che cosa, ma anche in che modo si manifesta ed esprime questa volontà generale?

Un assemblea popolare, un tiranno, un dittatore plebiscitario? E' democrazia? E' dittatura? E' oligarchia? E' chiaro che Rousseau non elimina queste ambiguità e la base di partenza anche in colui che è considerato come uno dei massimi teorici della democrazia diretta, è sempre e comunque questa riduzione della molteplicità e complessità sociale ad “unum” , un entità trascendente che implica obbedienza e sottomissione ( volontaria secondo Rousseau, posizione malto simile ai centralisti democratici di ogni epoca).

Lo stesso vale per Hegel e la sua concezione dello stato etico, che si pone al di sopra e come superamento dei conflitti della società civile, degli istinti egoistici, selvaggi, degli “spiriti animali” che la attraversano.

Ebbene era necessaria questa lunga premessa per comprendere in quale maniera radicalmente alternativa si collochi il pensiero di Spinoza all'origine stessa della modernità.

La concezione filosofica di Spinoza è anticartesiana: non c'è distinzione dualistica tra “res cogitans” e “res extensa”, tra pensiero e materia, tra soggetto che conosce e natura.

Non si tratta di due sostanze separate e diverse, che solo un entità superiore, esterna, trascendente può mettere in collegamento.

Per Spinoza vi è un unica sostanza: “res cogitans” e “res extensa” sono solo due degli infiniti attributi ( nella fattispecie quelli che sono alla nostra portata conoscitiva) di cui è intessuta una unica sostanza universale.

Detto per inciso, questo pensiero apre un campo illimitato di potenzialità conoscitive di altri mondi, di “virtualità”, che assomiglia alla dimensioni più moderne della fisica moderna.

D'altra parte la sostanza di Spinoza si manifesta in una molteplicità infinita di modi, non vi è nulla di statico o di vuoto; al contrario la natura in Spinoza ha una potenza intrinseca, una creatività inesauribile, un intreccio di forme sempre nuove e modalità differenti di essere, senza dipendere da nessuna causa esterna e trascendente.

Qui si capisce la portata rivoluzionaria del pensiero di Spinoza, a fronte di tutti gli altri pensatori citati ed anche oltre la sua stessa epoca. Il pensiero spinoziano è totalmente immanente: questo “immanentismo assoluto” che non è neppure panteismo nel senso classico (caso mai è la materia stessa ad essere divina), bensì materialismo nel senso più pieno e creativo del termine, trova un suo punto di massima espressione nell'etica e nella politica.

In primo luogo la concezione della soggettività molteplice e relazionale nella moltitudine delle singolarità: ogni singolarità ha una sua autonomia, un suo essere proprio, un suo corpo, delle sue pulsioni, desideri, appetiti, affetti, ma può esistere solo in connessione con altre singolarità, nella moltitudine di singolarità cooperanti, nella condivisione di cio che è di tutti, per tutti, “comune a tutti”!

La “cupiditas” trova in questa potenza della moltitudine la sua massima espressione; il corpo collettivo, il sapere, l'immaginazione collettiva, arricchiscono ed accrescono anche la potenza del singolo, non più atomo egoistico chiuso in se stesso ma partecipe della stessa sostanza comune.

In secondo luogo questa potenza della moltitudine, la sua infinità potenzialità creativa, questa soggettività molteplice e relazionale, trae la sua espressione massima sul piano politico nel concetto di “democrazia assoluta”.

Anche qui, siamo sul piano dell'immanentismo più radicale: non vi è nulla al di fuori delle moltitudine, non vi è un trascendente che può ridurla ad unità e sottometterla.

La democrazia della moltitudini non è il governo di uno, il governo di pochi ma neppure il governo di molti.

Non è popolo, non è stato, non è nazione. E' il governo di tutti per tutti, in forma assolutamente autodeterminata ed autogestionaria.

I conflitti della e nella moltitudine trovano continuamente soluzioni in forma non separatea, alienata e trascendente, bensì in un potere costituente sempre aperto, modificabile, rinnovabile.

Immaginazione, desiderio, passione e creatività costituente sono l'essenza della democrazia assoluta: assoluta, appunto, perchè non può avere nulla al di fuori di essa, o esprimere un potere che trascende le moltitudini.

A cura di Danilo Del Bello