Come funziona il mercato delle energie rinnovabili in Italia? Chi sono gli attori della green economy nel nostro paese?

Fischia il vento, scalda il sole, ma è sempre lo stesso padrone

di Antonio Musella

10 / 12 / 2010


Quando si attraversa il confine tra la Campania e la Puglia, percorrendo l’autostrada Napoli – Bari, si ha l’impressione di vivere su un altro pianeta. Un pianeta dove sviluppo dell’uomo, tecnologia, rispetto dell’ambiente, della salute e della dignità umana, siano valori che possono riuscire a trovare un’armonia. I parchi eolici che si incontrano in quel limbo di terra che va da Andretta a Lacedonia, parchi non invasivi, immersi nella natura senza sfregiare lo spettacolo delle colline che ospitano gli aereogeneratori ci offre uno spaccato che ci porta ad immaginare che lo sviluppo della green economy possa rappresentare un’alternativa reale al modello di produzione capitalista, energivoro e distruttore, a portata di mano.
Scenari che stanno bene con le straordinarie melodie dei pianoforti di Giovanni Allevi o con la fisarmonica di Astor Piazzolla.
Scoprendo il mondo delle energie rinnovabili nel nostro paese ci accorgiamo invece di quel perdurare parassitario e putrido di un capitalismo legato alla rendita in grado di partorire solo speculazioni per poter garantirsi continuità.
Nel nostro paese nell’ultimo decennio lo sviluppo della produzione energetica da fonte rinnovabile ha cominciato ad essere una realtà economica di un certo peso. Un mercato che usufruisce anche di una legislazione assolutamente unica, capace, sola in Europa, di recepire le direttive europee sulla definizione delle fonti rinnovabili aggiungendoci la magica parolina “fonti assimilate”, ovvero la produzione di energia prodotta ad esempio dall’incenerimento dei rifiuti. Un avvelenamento dell’ambiente e della salute dei cittadini. Ma grazie alla nostra legislazione in materia, una fonte rinnovabile a tutti gli effetti.
Nessuna azienda italiana è nella top ten della produzione mondiale di energia eolica o solare, a testimonianza di come lo sviluppo del segmento economico legato alla produzione di energia da fonte rinnovabile nel nostro paese sia legata ad equilibri e giochi di interessi che qui nascono e si sviluppano.
Eolico e solare rappresentano i settori di maggiore sviluppo della produzione di energia da fonte rinnovabile. Secondo i dati del 2008 curati dall’ Aper, l’Italia è il terzo paese in Europa per produzione di energia eolica, ma nessuna azienda italiana risulta essere leader europea del settore . Diverse sono le aziende di altri paesi che sono giunte in Italia a mettere a frutto il know how sviluppato in casa propria. Come la Vestas, l’azienda danese tra le prime al mondo che produce i motori degli aereogeneratori eolici, che ha aperto due stabilimenti a Taranto oppure la spagnola Gamesa che ha installato il suo quartiere generale a Vigna Murata vicino Roma o come la tedesca Repower con sedi a Foggia e Mazzara del Vallo.
Lo screening delle maggiori aziende produttrici di energie rinnovabili nel nostro paese basta di per sé a darci uno spaccato molto chiaro su cosa significhi green economy in Italia. International Power, Ivpc, E.on, Energy Power, Sorgenia, Enel, Italgen per citarne alcuni.
Ma dobbiamo fermarci. Vedremo dopo il pedigree di questi marchi.
Prima dobbiamo rispondere a tutte le critiche piovute sulla produzione di energia rinnovabile in Italia dopo il cosiddetto “scandalo della P3”. Ovvero le magagne di Fulvio Carboni, Pasqualino Lombardi e Arcangelo Martino in combutta con Nicola Cosentino, Denis Verdini ed altri politici incriccati. In quel caso si trattava di energia eolica e di concessioni pronte per l’uso da avere dalla Regione Sardegna per permettere grandi speculazioni a gruppi vicini agli interessi del sodalizio affaristico con la regia del faccendiere Carboni.
Vedremo nel corso di questa inchiesta come è andata a finire quella storia, anche dopo l’arresto di Carboni, Lombardi e Martino.
Quello della P3 non può definirsi un caso isolato di speculazioni e truffa sulle energie rinnovabili. Nel paese con i maggiori incentivi statali elargiti per venti anni a tutti quelli che installano un impianto, il contributo noto come conto energia, e con uno dei migliori prezzi al mercato per l’acquisto di energia in eccesso prodotta da fonte rinnovabile, processo noto come scambio sul posto, sono in tanti gli speculatori. Si installano le pale eoliche, oppure i pannelli solari, si prendono gli incentivi e tutto finisce lì. Gli impianti non producono energia, non vengono allacciati alla rete elettrica, di conseguenza sono del tutto inutili e privi di utilità sociale. Anche Oreste Vigorito, presidente dell’Associazione Italiana per l’energia eolica e proprietario della più vecchia azienda italiana di energia eolica, la IVPC, è finito in una inchiesta simile. Lui ed il fratello Ciro sono stati messi sotto inchiesta dalla Procura della Repubblica di Avellino e sono tutt’ora sotto processo. Solo Oreste, visto che Ciro Vigorito è deceduto pochi mesi fa. Truffe, speculazioni, ma anche un ottimo modo per reinvestire capitali e proventi di attività criminali.
Gli affari sporchi sull’energia rinnovabile sono dunque una realtà. Ma questo è quello che ci può raccontare sono una prima analisi molto superficiale del mondo delle fonti rinnovabili nel nostro paese.

Indipendenza Vs rendita
La crisi globale cominciata con lo scoppio della bolla speculativa legata ai mutui sub prime negli Usa ha avuto nell’ultimo biennio conseguenze devastanti. La nostra quotidianità ci racconta come il peggio della crisi lo stiamo vivendo proprio in questa fase. I grandi potentati economici transnazionali, in combutta con gli stati nazione – dalla forma diversa da quella degli stati novecenteschi ma senza per questo vedere del tutto esaurita la propria funzione – riflettono su come continuare a mantenere i profitti che il capitalismo ha sedimentato intorno agli interessi dei grandi potentati. I mercati sono instabili, ed ogni bolla che scoppia, a catena in tutto il mondo, porta milioni di dollari/euro/yen in fumo. Qualcuno dovrà pur pagarla questa crisi…
Di certo il problema principale degli attori protagonisti del neoliberismo è quello di mantenere alti i profitti senza rimetterci nulla davanti alla crisi.
Bisogna ridurre i costi! I costi di una produzione industriale che muove le leve dell’economia reale su cui la crisi finanziaria ha colpito come una mannaia. Ridurre i costi significa ridurre il prezzo di due fattori principali della produzione. Il primo ovviamente è il costo della manodopera. Quello che avviene oggi in Europa e che legittimamente percepiamo come un nuovo assetto dello scontro tra capitale e lavoro, dove l’offensiva capitalista tende a riscrivere le regole del gioco smantellando diritti e distruggendo le dinamiche sindacali, non rappresenta un problema per le nuove potenze mondiali. I cicli di lotta del novecento hanno portato alla conquista dei diritti nel mondo del lavoro in Nord America e soprattutto in Europa, accompagnando i diritti sul lavoro con una struttura di welfare state solida. Oggi in Europa tutto questo è in dismissione. Ma in Cina, India o Brasile i diritti non sono mai stati un problema. Non esistono…e la riduzione del costo del lavoro risulta un problema declinato in maniera differente rispetto all’Europa. Il secondo fattore su cui bisogna ridurre i costi della produzione è quello energetico. La prospettiva di esaurimento delle fonti fossili a cominciare dal petrolio, i nuovi assetti ed equilibri globali nei mercati e nella stessa produzione energetica impongono all’occidente europeo e nord americano di ripensare la politica energetica.
Nasce così il tentativo di affermare la green economy come una delle vere innovazioni del primo decennio del ventunesimo secolo, una svolta che molti dei grandi potentati transnazionali contribuiscono a dipingere come una alternativa al capitalismo energivoro conosciuto fino ad ora.
Questo è vero solo in parte. Le fonti rinnovabili di energia, a cominciare dalle più diffuse e più pulite in assoluto come il solare e l’eolico, possono rappresentare un contributo decisivo alla costruzione di un modello di sviluppo alternativo. L’importante è rompere la compatibilità dell’utilizzo di energie da fonti rinnovabili all’interno dell’attuale modello di sviluppo. Ovvero distruggere la possibilità che ad essere green sia l’economy che abbiamo conosciuto fino ad ora, capace in questo modo di garantire continuità, ma su nuovi assetti, al neoliberismo.
L’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia rappresenta una pratica che detiene in potenza la possibilità di alternativa concreta all’attuale modello di sviluppo.
La possibilità che la dimensione del “mega” tipica del capitalismo energivoro, venga sostituita – ed è questa la rottura dirompente – dalla dimensione dell’indipendenza energetica declinata in una dimensione del comune. La tecnologia applicata alle fonti rinnovabili ci insegna che il carattere pregnante della produzione energetica pulita sia quello dell’indipendenza su piccola scala delle comunità, dei quartieri, delle aree metropolitane, dove ogni comunità possa produrre ed usufruire della propria energia. Dove la logica del mercato e dell’eccedenza, del surplus, vengano sostituite dalle dinamiche di autonomia e rispetto dell’ambiente. Chiunque abbia avuto modo di conoscere le potenzialità delle fonti rinnovabili sa bene che la green economy altro non è che lo stravolgimento del senso etico della produzione da fonte rinnovabile, reso necessario per costruire un adattamento alla logica del “mega”, ovvero alle logiche del mercato conosciuto fino ad ora. Una potenziale rivoluzione industriale del ventunesimo secolo che si trasforma in una gigantesca speculazione funzionale al mantenimento degli assetti di potere globale. Mega impianti, produzione di eccedenza da vendere sul mercato, disinteresse alle compatibilità ambientali, disinteresse all’incentivazione di produzione energetica su piccola scala fuori dalla logica della rendita. Già, perché l’intero mercato delle fonti rinnovabili si basa sulla rendita.
Quanto rende un mega impianto in venti anni? Una barca di euro/dollari/yen!
Incentivi, vendita dell’energia, tutto con investimenti contenuti e senza nessun tipo di redistribuzione della ricchezza prodotta, né in termini economici reali, né in termini energetici. Il capitalismo italiano, quello che usa petrolio e punta alle centrali nucleari solo come businnes plain di lungo periodo in grado di aprire un nuovo mercato della speculazione, sa bene di cosa parliamo. In un paese dove fischia il vento e scalda il sole, comanda sempre lo stesso padrone…e sempre nella stessa logica di compatibilità con l’attuale modello di sviluppo.
Un padrone che ha individuato nel settore delle fonti rinnovabili un grande eldorado speculativo, senza portare nessuna utilità sociale in termini economici ed energetici, tantomeno nello sviluppo di nuovi settori del mercato del lavoro, della formazione e della ricerca.
Anche in Italia alla scelta dell’indipendenza energetica si è abdicato nel nome della rendita energetica. Un processo questo che ci serve per demistificare il tema della produzione energetica da fonte rinnovabile come una realtà di alternativa nel paese.
Basta cominciare a vedere come i parassiti del capitalismo italiano, quelli che da 100 anni ed oltre continuano a tenere nelle mani il nostro paese, si siano buttati a capofitto nell’affare. Il tutto sempre molto all’italiana, ovvero con politici ed imprenditori che si dividono la tavola imbandita andando a braccetto.

I signori del sole e del vento.
Andiamo dunque a passare in rassegna i principali produttori di energia da fonte rinnovabile in Italia ed i loro amici in politica.
La campana IVPC è un caso assolutamente unico. Quando sole e vento rappresentavano tutto fuorché un brand energetico da spingere e su cui costruire un mercato, gli avellinesi Oreste e Ciro Vigorito, cominciarono a girare le campagne dell’Irpinia, del Sannio e della provincia di Foggia acquistando terreni dai contadini piazzandoci enormi pale eoliche. Nessuno capiva ai tempi cosa fossero, né che utilità avessero. Ma avvicinandosi al passaggio di secolo la IVPC, ampliandosi in tutto il Sud, arrivò ad essere la prima azienda per produzione di eolico in Italia. I fratelli Vigorito, le cui vicende giudiziarie abbiamo già narrato, cominciarono a vendere molti degli impianti installati. I primi veri pionieri dell’eolico, finiti poi nei guai, cominciarono a vendere all’iralndese Trienergy molti impianti. Ben presto le proprietà di Trienergy furono acquisite da un colosso: la International Power.
La Ip nasce in Gran Bretagna ed oggi rappresenta il primo produttore di energia eolica per potenza degli impianti installati in Italia con il 14.8% di energia eolica prodotta in Italia. Il colosso è stato poi acquistato dalla francese Gdf Suez recentemente , mettendo nelle mani dei francesi, quelli che già ci vendono l’energia elettrica tramite la Edf – la concorrente della Gdf Suez – l’azienda leader in Italia dell’eolico. Un’operazione da 5 miliardi di euro!
I nostrani però, quelli che come detto da 100 anni tengono le fila del paese non sono stati a guardare.
Nel 2007 ha mosso i primi passi nel mercato eolico la Italgen. L’azienda italiana detiene oggi parchi eolici in Bulgaria e in Egitto, con un accordo benedetto da Emma Bonino ministro del governo Prodi , ed ha in cantiere nuovi parchi in tutto il mondo. Ma non solo, l’azienda bergamasca possiede un parco a Troia (Foggia), uno in costruzione a Colleferro (Roma) e gestisce centrali a ciclo combinato in diverse zone d’Italia. Già, perché non esistono aziende che lavorano solo sulle fonti rinnovabili. Centrali a ciclo combinato, rigassificatori, inceneritori, le fonti “assimilate” come si dice in Italia, fanno parte delle attività di tutte le maggiori aziende della green economy all’italiana.
Italgen rappresenta uno dei maggiori esempi di continuità con gli assetti industriali del novecento. Proprietaria di Italgen è il gruppo Italcementi s.p.a di proprietà della storica famiglia Pesenti. Già inquisiti in tangentopoli negli anni ’90, con l’arresto di Giampiero Pesenti per mazzette a Dc, Psi e Pci, Carlo Pesenti, figlio di Giampiero e capo del gruppo, è stato recentemente inquisito dalla magistratura siciliana che accusa la Calcestruzzi s.p.a .- sequestrata dalla magistratura - controllata da Italcementi, di fare affari in simbiosi con la mafia, tanto da diventare leader italiano nella fornitura di cemento. Dal cemento, simbolo della speculazione palazzinara legata alla rendita, all’eolico. Italcementi controlla la Immobiliare s.p.a, l’immobiliare di famiglia, oltre ad avere quote in Mediobanca ed Rcs, che controlla il Corriere della Sera. I Pesenti sono una delle famiglie più importanti del capitalismo italiano, facente capo al patto di sindacato denominato Gemina ed Rcs Media Group e oggi sono anche nel cda di Unicredit. Una famiglia che ha combattuto e vinto contro Michele Sindona e Gianni Agnelli che volevano entrambi scalare la Immobiliare s.p.a.
Dai Pesenti ai De Benedetti.
Sorgenia è l’azienda italiana leader della produzione di energia fotovoltaica. Gli sterminati mega impianti di Sorgenia sorgono in diverse parti d’Italia, con grande concentrazione in Puglia e Sardegna. L’azienda italiana è il principale gestore energetico italiano privato, è attivo anche nel campo eolico, ha un approvvigionamento di gas naturale garantito da un accordo con la Libia di Gheddafi da 2 milioni di metri cubi l’anno. Inoltre gestisce centrali a gas, centrali elettriche, ed il rigassificatore di Gioia Tauro, il più grande d’Italia. Gas, rigassificatori, energia da fonte fossile fino a solare ed eolico. La Sorgenia ha partecipazioni in decine di aziende tra cui il 50% di Tirreno Power che gestisce diverse centrali a ciclo combinato in Italia. Come quella di Civitavecchia dove un recente incidente portò alla morte di alcuni operai e dove i danni alla salute ed all’ambiente sono denunciati da anni dai comitati civici che si battono per la sua chiusura. Ma anche a Napoli Tirreno Power cura la centrale a ciclo combinato di San Giovanni a Teduccio osteggiata anche questa dai comitati civici sorti dopo l’aumento delle malattie tumorali nel quartiere ad est di Napoli. Controllata dalla Cir dei De Benedetti la Sorgenia, così come Italgen ci forniscono un quadro fin troppo chiaro dei processi speculativi della green economy in Italia e della loro funzionalità al mantenimento degli attuali assetti di potere. Presidente di Sorgenia è Rodolfo De Benedetti figlio di Carlo De Benedetti. Una delle cose che raramente si ricordano di Carlo, l’amico imprenditore del Pd, è la sua appartenenza alla massoneria. È iscritto alla loggia Cavour del Grande Oriente d'Italia, regolarizzato nel grado di Maestro il 18 marzo 1975 con brevetto n. 21272 , come ricordò nel 1993 il gran maestro Gustavo Raffi.
In questo quadro ovviamente non può mancare Enel. La società elettrica ex nazionale è tra i leader nella produzione di tutte le energie da fonti rinnovabili in Italia. Attraverso la controllata Green Power, il marchio Enel gestisce i più grandi impianti di eolico e solare. Il parco eolico di Nicosia in Sicilia, da 47 Mw per una produzione annua di 102 Gwh e il mega impianto fotovoltaico in costruzione a Cerano in Puglia con una potenza da 71,64 Megawatt. Il più grande produttore di energia da fonte fossile è allo stesso tempo proprietario dei più grandi impianti di eolico e solare.
Altri attori li dobbiamo ancora mettere in scena, così come altri danni della green economy. Ma per raccontarli dobbiamo andare su due casi limite della green economy all’italiana: il caso Sardegna ed il caso Puglia.

Incriccati e rentiers. Speculatori in Sardegna e Puglia.
La Sardegna è una regione politicamente ballerina. Un po’ al centro destra ed un po’ al centro sinistra. Mentre l’altalena dei colori politici effettua i suoi saliscendi, il mercato delle fonti rinnovabili ha trovato una enorme espansione. Lo sa bene la Sorgenia dei De Benedetti che ha usufruito dei grandi favori dell’ex presidente della regione Soru, già proprietario di Tiscali e a loro molto vicino.
Poco prima delle elezioni che hanno visto la sconfitta di Soru a vantaggio di Ugo Cappellacci, la Regione Sardegna firmò un accordo di programma che prevedeva la concessione a Sorgenia e ad altre 15 piccole aziende per la realizzazione di parchi eolici per un totale di 80 aereogeneratori. Attraverso il sistema degli espropri delle terre, Sorgenia si è espansa in Sardegna. Espropri, oppure vendita di terreni agricoli a 14 euro al metro quadro con prezzo bloccato garantito dagli accordi firmati dalla Regione Sardegna. Mega impianti solari prendono il posto dei terreni agricoli. Alle vecchie attività produttive agricole non viene sostituito nulla. Solo distruzione. In termini occupazionali la realizzazione e la manutenzione di impianti di questo tipo impiega pochissimo personale e viene generalmente fatto da imprese che arrivano dal Nord Italia. I vantaggi per il territorio nella logica della costruzione dei mega impianti sono assolutamente nulli.
Ma torniamo a Soru e Sorgenia. Purtroppo per loro, le elezioni vanno male. Ne discutono al telefono anche gli incriccati della P3. Come rivela il Corriere della Sera Martino e Lombardi parlano degli impianti eolici da andare a costruire in Sardegna grazie alle nuove concessioni che il neo governatore amico Ugo Cappellacci sta per fornire. “ A De Benedetti gli volevano dare 200 Megwatt!” queste le parole di una delle tante intercettazioni dell’inchiesta sulla P3. Dalle concessioni date appare evidente come il gruppo legato alla Cir sia stato oggetto di attenzione rispetto all’operato dell’amministrazione Soru. Ma qui ci fermiamo un attimo per introdurre un nuovo attore. È la società tedesca E.on che in Italia è sul mercato dell’energia attraverso la gestione di forniture elettriche, di gas, ed ovviamente anche nel mercato delle rinnovabili, in particolar modo nel campo dell’eolico.
La E.on è una società tedesca che è in partnership in Italia con la Esor s.p.a.
Il nome del senatore Giuseppe Esposito del Pdl ai più dirà ben poco. Eppure Esposito, campano di Pagani in provincia di Salerno, non è uomo di seconda fila. È vice presidente del Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, ed è stato chiamato a gestire l’interregno tra la presidenza di Francesco Rutelli e quella di Massimo D’Alema. Esposito è stato soprattutto presidente della Esor portando l’azienda ad assumere una posizione di rilievo, con un capitale di 700mila euro controllato al 50% da Esposito, e sedi a Tokyo, New York, Los Angeles e Roma. Esposito ha lasciato la presidenza della holding partner di E.on mettendo al suo posto, a capo di Esor, Ranieri Mamalchi già nel cda di Poste Italiane e Acea, membro di Fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno e già capo della segreteria al ministero dell’agricoltura con Alemanno ministro. Esor dunque è nelle mani di Esposito che detiene, come rivela lavocedellevoci.it, un ottimo rapporto con Nicola Cosentino che sta in affari nel campo energetico con Dell’Aversana Petroli.
Cosentino…si quello incriccato con Lombardi, Carboni e Martino….
Il 4 agosto del 2010 il sito della Regione Sardegna comunica sulla sua home page che la giunta del presidente Ugo Cappellacci ha firmato un accordo per la realizzazione in territorio sardo di mega impianti fotovoltaici con la E.on.
Presenti il governatore Cappellacci e l’ad di E.on, Claus Shaefer. 100 ettari per un nuovo impianto, poi una centrale a carbone sul fiume Santo da 410 Mw, poi altri 4 ettari per un piccolo impianto progettato dall’Università di Sassari.
Qualcuno sorride…forse anche la Esor ed il suo azionista di maggioranza ovvero il vice presidente del comitato di controllo dei servizi segreti. Si realizzano gli affari paventati dalla cricca della P3.
In Sardegna possiamo notare la commistione tra politica e potentati economici negli investimenti sulle fonti rinnovabili, così come il meccanismo degli espropri delle terre che caratterizza la voracità di un sistema di produzione energetico che tutto è tranne che alternativo.
La Puglia ci consegna storture analoghe.
Sorgenia, Enel, Ip, Italgen, Ivpc, in Puglia ci sono tutti questi. I più grandi. Ovvero i piu’ grandi potentati economici che hanno trovato in Puglia ponti d’oro per la speculazione legata al processo di rendita garantito dalla costruzione dei mega impianti. L’esproprio delle terre è una realtà tra Lecce e Brindisi così come denunciato dal Forum Ambientalista del Salento nella lettera aperta inviata a Vandana Shiva dopo le recenti dichiarazioni dell’attivista indiana sulla green economy pugliese. Via le terre ai contadini per darle a Enel o a De Benedetti.
Ovviamente esistono anche le terre incolte, soprattutto nel foggiano, dove è senza dubbio meglio un impianto solare che il nulla assoluto.
Inoltre, nella Puglia di quello che dovrebbe essere il cambiamento verso l’alternativa, i padroni delle energie hanno campo libero anche sulle assimilate. E’ il caso di Modugno, in provincia di Foggia, un luogo in cui i comitati civici che si battono contro l’inceneritore della Ecoenergia del gruppo Marcegaglia e contro la centrale a Turbogas della Sorgenia del gruppo De Benedetti, si sono trovati prigionieri dei veleni e della militarizzazione del territorio messa in campo per l’apertura dei cantieri delle due centrali di morte. Troppo spesso assistiamo alla santificazione della green economy pugliese come esempio di alternativa. Mi chiedo cosa ci sia di alternativo nell’agevolare gli affari di Enel, De Benedetti e Marcegaglia. Cosa ci sia di alternativo nello sviluppo di un modo di produzione energetico che ricalca a piene mani la logica dell’attuale modello di sviluppo. La legge 31 del 2008 della Regione Puglia dice che non è necessaria la VIA, ovvero la valutazione di impatto ambientale fino ad 1 Megwatt di potenza. Un megwatt può già considerarsi un grande impianto visto che nessuna soluzione impiantistica domestica può avere quella dimensione. Invece di privilegiare il “mega”, la Regione Puglia avrebbe potuto esentare dalla DIA, ovvero la dichiarazione di inizio attività, che molto spesso viene ritardata dai comuni e da complicatissime procedure burocratiche, per tutti gli impianti di poche decine di kilowatt. Inoltre avrebbe potuto agevolare l’accesso al credito con le banche per le famiglie che vogliono sviluppare l’indipendenza energetica da fonte rinnovabile su base domestica, ovvero installare il fotovoltaico a casa propria. Il più grande ostacolo alla diffusione degli impianti domestici, oggi sotto i colpi della crisi, è proprio l’accesso al credito con le banche. Un impianto da 4 Kw, necessario per un’abitazione medio grande, si aggira tra i 20 ed i 25 mila euro. Una spesa importante per i ceti medi e bassi. Con questo tipo di agevolazioni su DIA ed accesso al credito la Regione Puglia avrebbe consentito la diffusione dell’energia rinnovabile tra i cittadini pugliesi, avrebbe consentito l’abbassamento reale dei costi al consumo ed una redistribuzione della ricchezza prodotta. Invece di agevolare i grandi potentati economici. La Corte costituzionale però ha bocciato la legge 31 del 2008 della Regione Puglia su tre punti . Il primo punto riguarda proprio l’assenza di VIA per impianti fino ad 1 megawatt. Il secondo punto è il divieto imposto dalla legge 31 di costruire impianti in alcune zone protette. Un aspetto questo della legge 31 senza dubbio degno di merito. Il terzo riguarda la concessione di compensazioni ambientali per i territori che ospitano un impianto. La competenza in materia secondo la Corte Costituzionale spetta al governo nazionale ed alle sue linee guida – che non ci sono – e non alle regioni.
Un altro aspetto delle storture pugliesi è che la regione del sud est sia diventata terreno di conquista principalmente per le aziende del Nord. Non solo grandi potentati, ma anche piccole aziende. La regione maggiore produttrice di energie rinnovabili in Italia non ha prodotto lo sviluppo di un indotto industriale sul territorio. Come già detto, la danese Vestas si è installata a Taranto, ma tra le piccole aziende che investono in Puglia sono ben poche quelle del territorio. Un’inchiesta del Corriere della Sera ci racconta delle gesta della Green Utility romana, della Phauta Energy di Pordenone, della friulana Vignuta Automazioni e di tante altre. E’ proprio Massimo Giacalone della Phauta Energy che dichiara: “Ci sentiamo un’avanguardia. Molti industriali veneti mi hanno già detto: vediamo che cosa succede. Se va bene verremo anche noi”. Una nuova colonizzazione per il Sud è già in atto.
Non si può puntare su un processo di produzione energetica legata alla rendita ed alla speculazione principalmente delle aziende del Nord e dei grandi potentati e parlare di opzione di alternativa per il riscatto del Sud.

In conclusione possiamo affermare l’urgenza di destrutturate l’idea che opinion makers e media main stream stanno costruendo rispetto alle gesta della green economy nel paese. Tutto ciò che ci viene dipinto come alternativo in realtà risulta profondamente compatibile con il sistema di speculazione e rendita attivo nel paese da oltre 100 anni. La questione energetica resta un nodo decisivo nella costruzione di modelli di sviluppo alternativi e senza dubbio le fonti rinnovabili – quelle vere e non quelle assimilate – ci offrono delle potenzialità importanti per immaginare modelli diversi. Resto però, come sempre, il punto decisivo del nodo della ridistribuzione della ricchezza così come quello dell’accesso ai mezzi di produzione energetica slegandoli dai processi di rendita e accumulazione propri di un capitalismo che qualcuno vorrebbe dipingerci buono e giusto. Il protagonismo dei comitati civici negli ultimi anni che si sono sviluppati intorno alle questioni legati alle energie ed al rispetto dell’ambiente ci raccontano questo tipo di verità. Al tempo stesso però, proprio quelle esperienze devono assumersi la priorità di indicare, a partire dalle potenzialità delle fonti rinnovabili, modelli alternativi concreti dove sole e vento restino, anche dopo la loro trasformazione in energia, un bene comune e non uno strumento di accumulazione di rendita.