Emergenza nel bellunese: tra badili, selfie e lo spopolamento della montagna

13 / 11 / 2018

Un commento della Casa dei Beni Comuni di Belluno su quanto accaduto nelle scorse settimane in Veneto e in particolare nel bellunese. Tratto da Bellunopiu.it.

Scriviamo queste righe con una enorme rabbia. La rabbia di chi, nei giorni scorsi, ha lavorato al fianco di tante persone e associazioni che si sono ritrovate a ripulire dal fango e dagli alberi una parte del Comune di Belluno, a “testa bassa” con badili e motoseghe in mano, mentre andava in scena il vergognoso spettacolo del Governo.

Quello che abbiamo fatto è semplicemente qualcosa di normale, niente di eroico, niente da rivendicare. Semplicemente N-O-R-M-A-L-E. Come altrettanto normale dovrebbe essere la presenza di esponenti del Governo in queste situazioni di emergenza. Non c’è da elogiare nessuno, perché Salvini e Toninelli non hanno fatto altro che adempiere a quello che dovrebbe essere considerato un D-O-V-E-R-E istituzionale.
Quello che non dovrebbe essere normale è il ritardo con cui sono giunti nel bellunese e soprattutto la becera spettacolarizzazione e strumentalizzazione politica che è stata messa in campo. In particolare da parte del Ministro Selfini che addobbato ad hoc con giaccone d’ordinanza non ha perso l’occasione di auto celebrarsi sui social network tra sorrisi, selfie e foto con i propri supporters. Perché si sa, oggi la politica è tifo e una foto con gli ultrà è “d’obbligo”.
Di fronte a disastri del genere, d’obbligo non dovrebbe essere, invece, il mantenere un comportamento sobrio e rispettoso nei confronti delle vittime e di chi ha subito danni?

Lo ammettiamo, non siamo ancora pronti al Governo del cambiamento…

Nel frattempo, però, c’è ancora chi sta spalando fango e vive la propria quotidianità con gravi difficoltà a causa dell’accesso deficitario ad acqua potabile e all’energia elettrica. In particolare nelle zone alte delle Provincia bellunese. Quelle stesse zone che erano in emergenza ancora prima dell’arrivo delle piogge e del vento dei giorni scorsi. “Un’emergenza” divenuta strutturale e che si chiama spopolamento. “Un’emergenza” che, purtroppo, dura da anni… e che sommata alle conseguenze dei danni provocati dal maltempo di questi giorni potrebbe determinare una situazione estremamente pesante per la montagna bellunese. Ed è questo il nodo più critico.

In questi giorni si farà la stima dei danni al patrimonio pubblico, privato e boschivo ma quello che sarà difficilmente prevedibile e calcolabile sarà il costo sociale per queste terre a causa di una possibile accelerazione del processo di spopolamento. Per questo non c’è tempo da perdere!
E quando il tempo è poco, le promesse valgono ancora meno. A determinare il peso effettivo di questo disastro, infatti, sarà la tempestività o il ritardo con cui arriveranno i soldi e soprattutto la loro quantità. E comunque non basterà “il ritorno alla normalità” perché passato il maltempo, rimarrà lo spopolamento e una montagna senza le persone è una montagna senza i propri custodi!

Per questo, c’è bisogno di scelte politiche rapide, strutturali e caratterizzate da una visione strategica complessiva e sul lungo periodo anche per l’utilizzo di quei fondi che sono stati promessi, evitando però i penosi teatrini campanilistici ai quali abbiamo assistito per i fondi Odi. Inoltre, c’è la necessità di attivare da subito aiuti economici significativi per chi deciderà di vivere e aprire attività economiche soprattutto nelle zone più alte del bellunese. Allo stesso tempo bloccare definitivamente quel lento ma costante processo di smantellamento dei servizi pubblici locali al quale abbiamo assistito in questi anni. Cioè il contrario di quello che si è fatto in questo ventennio. 

Zaia parla “di piano Marshall”, ma dov’era mentre la Provincia bellunese perdeva tra il 2000 e il 2015 circa 7500 giovani tra i 24 e i 29 anni su una popolazione complessiva di 200.000 abitanti?
Dov’era mentre chiudevano servizi alla persona e uffici postali?
Eravamo politicamente e mediaticamente poco interessanti allora?
D’altronde siamo il “vasto” 4% della popolazione veneta… e il nostro peso elettorale in Regione è evidentemente “significativo”… Servono, invece, maggiori poteri per questo territorio estremamente particolare e complesso e sono gli stessi cittadini che li hanno rivendicati con il referendum per l’autonomia della Provincia del 22 ottobre del 2017. Un referendum sostenuto anche dalle attuali forze di Governo, quindi crediamo non sia difficile dare risposte concrete (l’elettività per esempio…) anche a questo problema… giusto?!

Consapevoli, comunque, che sarà necessario ripartire da subito a dar battaglia visto la “lungimiranza” di gran parte della nostra classe politica provinciale.
Perché se qualcuno pensa che la panacea di tutti i mali possa essere rappresentata dai Mondiali di sci e dalle possibili Olimpiadi invernali allora siamo di fronte ad un grande abbaglio che si affievolirà nuovamente quando si spegneranno i riflettori, mentre i problemi si ripresenteranno tali e quali a prima, se non più gravi, perché il tempo avrà fatto il suo sporco lavoro.

E intanto, di fronte a centinaia e centinaia di chilometri di strade ordinarie, mulattiere, sentieri da rimettere in sesto, persone senza acqua potabile ed energia,  il Presidente della Provincia Padrin parla oggi dal Gazzettino di sbocco a nord e corridoio stradale… che dire?

Azzo… adesso qualcuno ci attaccherà con epiteti tipo… “ambientalisti da salotto”. Risparmiate la “bava alla bocca”, perché in questi dieci lunghi anni non vi abbiamo mai visto nelle battaglie contro lo spreco di denaro pubblico che alimenta la speculazione sui torrenti e fiumi di montagna attraverso l’iper-sfruttamento idroelettrico. Dove eravate giusto tre anni fa quando sotto la pioggia abbiamo protestato contro la realizzazione di uno dei tre bacini che la ditta Reggelbergbau voleva realizzare tra Ponte Nelle Alpi, Belluno e Limana? Vi nascondevate dietro alle parole dell’Assessore Regionale Bottacin che allora ci attaccò dicendo che quello che era successo era stata una vergogna? O dietro alle dichiarazioni dell’attuale parlamentare bellunese De Carlo che disse che avevamo usato metodi antidemocratici? O forse eravate concordi con il presidente di Confindustria Dolomiti, che disse che c’era stata violenza quando invece avevamo usato fischietti, fumogeni, racole e tanta determinazione?

Una determinazione che è servita a rallentare l’iter autorizzativo di quei progetti.

Cosa sarebbe successo in questi giorni, con la Piave in piena se i progetti fossero stati realizzati? A questa domanda ha risposto il Sindaco Vendramini di Ponte nelle Alpi sui giornali in questi giorni: “una catastrofe”!

“Cara” Confindustria Dolomiti siamo ancora la “metastasi” di questo territorio come ci hai definito?
Ma voi che importa? Tanto adesso ci sono centinaia e centinaia di cantieri da aprire e quelli con la “bava alla bocca” sono già pronti a cogliere le occasioni economiche che questa tragedia porterà con sé…
E’ la “shock economy” baby, ovvero quel modello di economia, lo stesso che ci ha regalato i cambiamenti climatici, nel quale è più remunerativo ricostruire che manutentare, che lavorare sulla prevenzione e sicurezza idrogeologica come ci ha ricordato Riccardo Bottazzo su Ecomagazine.
Ma che stupidi… i cambiamenti climatici non esistono, sono solo temi da “ambientalisti da salotto”, “dei comitati del NO” e quello che di eccezionale è avvenuto nei giorni scorsi e che a memoria d’uomo non si era mai visto nel nostro territorio… era semplice maltempo…

Casa dei Beni Comuni – Belluno